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Dove il domani ricomincia. La via è «occuparsi con» i giovani

L’Italia sta erodendo il proprio futuro dalle basi, a causa degli squilibri demografici prodotti dalla persistente bassa natalità. Ma la bassa propensione ad avere figli è essa stessa il sintomo dell’offuscamento del nostro sguardo positivo verso il futuro. Da un lato, con sempre meno giovani, il Paese perde energia, slancio, vitalità, capacità di produrre benessere, rallenta la crescita e vede aumentare i costi previdenziali e sanitari di una popolazione sempre più anziana. Dall’altro i giovani stessi, pur partendo da desideri e obiettivi di vita simili ai coetanei europei, anziché essere ancor più incoraggiati a realizzarli si trovano a tenerli in sospeso e, via via con l’età, progressivamente a rinunciarvi. I dati dello “Studio Nazionale Fertilità” del Ministero della Salute mostrano che quasi l’80 per cento dei giovani italiani immagina un proprio futuro con figli e che le intenzioni riproduttive vengano poi riviste al ribasso in età adulta.

Questo “schiacciamento in difesa” da parte delle nuove generazioni ha alla base due fattori principali. Il primo è la difficoltà a credere fino in fondo ai propri desideri, trasformandoli in solidi progetti di vita e impegnandosi a realizzarli in pieno nonostante le difficoltà. Per gran parte della storia dell’umanità i figli sono stati il frutto naturale della vita, non erano una scelta. Ora, invece, diventare genitori è soprattutto una decisione che richiede consapevolezza e responsabilità, ma anche fiducia.

Quello che manca oggi nel nostro Paese, più che in passato e più che in altri Paesi, è favorire le condizioni perché tale scelta possa compiersi con successo. Qui sta il secondo fattore. In un mondo complesso e in rapido cambiamento aumenta l’incertezza rispetto al proprio futuro. Tale incertezza tende a trasformarsi in insicurezza che paralizza le scelte se manca una educazione solida (non solo sulla “salute riproduttiva”) che aiuti a dar senso al proprio agire, e in carenza di politiche pubbliche in grado di sostenere, oggettivamente e simbolicamente, la capacità di essere, fare e generare valore delle nuove generazioni.

Nel processo di transizione alla vita adulta tutte le tappe, dall’uscita dalla casa dei genitori alla formazione di una unione di coppia, passando per il lavoro, sono diventate reversibili, tranne la punta più avanzata di tale percorso che è l’arrivo di un figlio. Come mostrano i dati del “Rapporto giovani” dell’Istituto Toniolo le nuove generazioni desiderano far crescere i figli in un contesto di sicurezza, con la possibilità di fornire a essi adeguate cure e benessere. Ma se le aspirazioni sono cresciute, le prospettive sono diminuite. Le statistiche dell’Istat evidenziano come negli ultimi anni ad aumentare sia stata soprattutto la povertà delle famiglie con figli e persona di riferimento under 35. La situazione di precarietà e insicurezza porta allora, come suggerisce anche lo Studio ministeriale, a posticipare tutte le tappe dell’entrata nella vita adulta e a rendere i giovani ipercauti rispetto, appunto, a scelte irreversibili come quella di diventare genitori.

La possibilità effettiva di realizzare tale scelta va quindi considerato come l’indicatore principale della capacità di una comunità di mettere le nuove generazioni nelle condizioni di andar oltre le difficoltà del presente e assumere oggi decisioni che impegnano positivamente verso il domani. I dati che abbiamo a disposizione mostrano come su questo cruciale terreno l’Italia stia perdendo la sua più importante battaglia per costruire un futuro più solido. Ripartire dai desideri delle nuove generazioni è ancora possibile, ma solo se la politica passa dal “preoccuparsi dei” giovani a “occuparsi con” i giovani di come dare un destino diverso a questo Paese.

Fonte: Alessandro ROSINA | Avvenire.it

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