Il nostro secolo se lascerà una traccia di dolore e di tanti eventi difficili da comprendere e da decifrare dal punto di vista del sentire umano, sarà ricordato anche per “fatti” che si sarebbero detti, fino a qualche decennio fa, almeno utopici se non irrealmente sognanti.

“La Bibbia dell’Amicizia” è proprio un “fatto”, perché in ebraico davar significa fatto e parola. L’Altissimo si rivelò al popolo prescelto Israele che accettò l’invito e si lasciò caratterizzare dalla Torah, quindi come diverso, distinto dagli altri popoli. Toccò poi ad un ebreo, Jehoshua ben Joseph, rivelarsi come il Messia, Gesù, il Figlio dell’Altissimo, per i cristiani la Torah incarnata.

Le tragiche vicende che si susseguirono inflissero a Israele sventure inenarrabili e quella comunità che, investita dallo Spirito Santo, si riconobbe Chiesa, venne creando un fossato divisorio. Proprio poggiando sulla Torah.

Ora, se il fossato non è ancora colmato, offre le sue sponde per un incontro pensato che si china sulla Torah, in ascolto e in riflessione a più mani: ebrei e cristiani, nella voce di 35 esegeti commentano i passi scelti tra i più significativi della Torah/Pentateuco.

Due curatori, Marco Cassuto Morselli e Giulio Michelini, hanno saputo creare l’alveo in cui sono confluite le diverse tendenze interpretative, così diventa realtà poter leggere la Bibbia insieme.

È stata evitata una trappola molto infida: giungere ad una lettura unificata in cui si ritrovino stemperate le difficoltà e così vengano annullate.

Ammoniscono i curatori: “L’armonia non consiste nell’essere d’accordo su tutto, ma nell’accettare di essere in disaccordo, non essere messi in crisi dalla diversità di vedute e di visioni”.

In apertura due firme d’eccezione: Papa Francesco e il rabbino Abraham Skorka.

“Esiste una ricca complementarietà che ci permette di leggere insieme i testi della Bibbia Ebraica aiutandoci vicendevolmente a sviscerare le ricchezze della Parola di Dio.- afferma il vescovo di Roma- Obiettivo comune sarà quello di essere testimoni dell’amore del Padre in tutto il mondo. Per l’ebreo come per il cristiano non v’è dubbio che l’amore verso Dio e verso il prossimo riassume tutti i comandamenti.

Ebrei e cristiani devono dunque sentirsi fratelli e sorelle, uniti dallo stesso Dio e da un ricco patrimonio spirituale comune, sul quale fondarsi e continuare a costruire il futuro”.

Il rabbino coglie il segno ancora vivo del passato per slanciarsi in un presente fruttuoso: “Deve essere stato un dialogo fortemente empatico quello che ha spianato la strada per raggiungere questo tempo, nel quale si stampa una Bibbia dell’amicizia.Un dialogo che ha permesso a ognuna delle parti di condividere un riflesso di se stesso nell’altro. Le incomprensioni generalmente emergono a causa delle barriere che gli uni erigono per non vedere la condizione umana dell’altro”.

Alla Presentazione dei curatori, seguono quattro Introduzioni generali rispettivamente firmate da Ambrogio Spreafico, André Chouraqui, Amos Luzzatto, Piero Stefani, Anna Foa.

Si passa poi alle Introduzioni ai Cinque libri: Jack Bemporad e Federico Giuntoli su Bereshit/Genesi; Amedeo Spagnoletto e Jean-Louis Ska su Shemot/Esodo; Joseph Levi/Simone Paganini su Wayyiqra/Levitico; David Meyer/Francesco Cocco su Bamidbar/Numeri; Alexander Rofé/Grazia Papola su Devarim/Deutronomio.

Si sgranano poi i commenti delle pericopi prescelte.

Si introducono così delle nuove posture, già assunte dagli studiosi e da chi è sensibile e attento al dialogo ebraico-cristiano, che devono però affondarsi nel terreno di ogni credente: “Le due letture, ebraica e cristiana, sono irriducibili, e tuttavia, per la Chiesa cattolica ambedue possibili”.

Bisogna essere capaci di accogliere con spirito sgombro da pregiudizi la novità che viene proposta ed allora la riflessione comune sulla Bibbia “potrà avere un impatto non solo sugli aspetti del dialogo ebraico-cristiano, ma anche sulle nostre rispettive comunità, arricchendo la nostra reciproca comprensione”.