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Vivere da uomini, cioè da orchi, hobbit e cavalieri

Cos’hanno da dire gli abitanti della Terra di Mezzo agli iperconnessi del XXI secolo? Che c’azzeccano hobbit ed elfi silvani con l’educazione? Un incontro a Monza sulla grandezza del fantasy di Tolkien, Lewis e De Mari

Una chance all’umano per ritrovare se stesso, buttarsi a capofitto, saper portare la pena: cos’altro è il fantasy se non il dischiudersi dello sconfinato regno del bene e del male, dove tutto ciò che vale la pena vivere, salvare, deve essere messo alla prova, dove tutto è all’altezza del bisogno ardente e spalancato di intercettare grazie a strani personaggi e abilità il senso della vita?

Il Collegio della Guastalla e il Centro Culturale Talamoni organizzano giovedì 18 ottobre, alle ore 21, presso il Teatro del Collegio di Monza, l’incontro dal titolo “Realismo fantastico. La vita buona nella Terra di Mezzo”, perché la differenza tra scrittura ideologica e scrittura dell’esperienza – tra una certa letteratura molto progressivamente aggiornata e la letteratura fantastica – sta tutta qui: la seconda non vuol dimostrare nulla, bensì esporci a tutto, conduce al viaggio, oltre il soffitto della retorica del tanto blasonato impegno civile per afferrare un altro orizzonte, abitato da creature e guerre millenarie, che ha qualcosa di decisivo da raccontare a dieci come a cinquant’anni, oggi come un secolo fa.

DALLA CONTEA ALLA VITA IPERCONNESSA

Cosa possono dirci oggi scrittori come J.R.R. Tolkien e C.S. Lewis? Perché camminare per i sentieri selvaggi della Terra di Mezzo dovrebbe aiutare gli uomini del XXI secolo ad affrontare le loro vite urbane e iperconnesse? In che modo seguire hobbit ed elfi silvani nelle loro avventure può supportare gli adulti nel quotidiano impegno educativo e i ragazzi nel duro lavoro di crescere?
Se lo sono chiesti Silvia Vassena, del consiglio scientifico del Talamoni, Marco Respinti, giornalista ed esperto tolkeniano, e Silvana De Mari, autrice di romanzi fantasy tradotti in tutto il mondo: toccherà a loro proseguire il cammino degli appuntamenti culturali promossi dal Guastalla in collaborazione con Fondazione Cariplo e animare una nuova tappa dei Percorsi Narrati #AdAltaVoce inaugurati nei mesi scorsi con la mostra di Mimmo Paladino su Pinocchio, la Maratona di Lettura per le vie del quartiere di San Fruttuoso e la Tavola Rotonda sull’opera di Carlo Collodi.

MOLTE FIABE, MOLTA INTELLIGENZA

«La letteratura fantasy è l’ultima letteratura che osa ancora parlare dei grandi valori: la lealtà, il coraggio e la cavalleria», dichiarava Silvana De Mari in un’intervista. «Albert Einstein sosteneva che se vogliamo bambini intelligenti, dobbiamo raccontare loro delle fiabe, se vogliamo bambini molto intelligenti, dobbiamo raccontare loro molte fiabe». Secondo il medico chirurgo – che da quando le è venuto il dubbio che i mali dell’anima siano devastanti quanto quelli del corpo si occupa di psicoterapia, e che con L’ultimo Elfo (ed. Salani, Premio Andersen 2004) è stata consacrata star internazionale della letteratura fantasy – «le fiabe migliorano la nostra capacità di vivere nel mondo, soprattutto perché contengono degli avvertimenti, delle intuizioni universali sul funzionamento delle menti umane, che sono state confermate dalla psicologia e dalle neuroscienze solo secoli dopo che erano state scritte. Attraverso le fiabe noi riusciamo a capire il nostro tempo». Ecco perché le storie di hobbit, draghi, nani, streghe, leoni, cavalieri, storie dove i progetti dei potenti vengono confusi dagli inermi capaci di alterare la bilancia del mondo, non invecchiano e non invecchieranno mai.

LE PAROLE DELLA “VITA BUONA”

Oggi De Mari è tra gli autori italiani più venduti al mondo: suoi L’ultima stella a destra della luna, La bestia e la bella, L’ultimo Orco, Il drago come realtà, Il gatto dagli occhi d’oro e Il cavaliere, la strega, la morte e il diavolo (tutti editi da Salani), la saga di Hania (Hania. Il cavaliere di Luce, Hania. La strega muta e il prequel, Hania. Il regno delle tigri bianche, editi da Giunti) e Arduin il Rinnegato, secondo prequel della saga de L’ultimo elfo, e Io mi chiamo Joseph, quest’autunno nelle librerie di tutta Italia (Ares edizioni). E bastano i titoli per raccontare quel medioevo fantastico in cui ritrovare le stesse parole della “vita buona” di Tolkien e di Lewis. Parole come libertà, destino, bene e male, libero arbitrio, diversità, ironia e tristezza che nel realismo fantastico dei tre autori diventano “luoghi di riflessione”, specchi in cui gli uomini vedono “riflessa” la propria vita e possono finalmente affrontarla. Indagare i meccanismi di questi specchi incantati, scoprirne i segreti e interpretarne i simboli per cogliere tra le righe qualcosa di nuovo e decisivo per chiunque desideri esporsi a qualcosa di grande: ecco cosa accadrà il 18 ottobre.

Fonte: Tempi.it

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