Se ne sono andate insieme. Alice ed Ellen Kessler, le celebri cantanti e ballerine della tv degli anni Cinquanta e Sessanta, sono state trovate entrambe morte ieri nella loro abitazione di Grünwald, vicino a Monaco di Baviera. Avevano 89 anni e, già nel pomeriggio di ieri – quando è stata data la notizia della loro morte -, si è subito parlato di suicidio assistito. Del resto, che quello d’una morte insieme potesse essere un piano condiviso dalle due sorelle era da loro stesse stato fatto capire, e più volte. Per esempio in un’intervista al settimanale Chi risalente al 2012, avevano detto: «Se una di noi si ridurrà allo stato vegetativo, l’altra l’aiuterà a uscire di scena»
«Io e Ellen vogliamo che le nostre ceneri vengano mescolate con quelle di nostra madre e possano essere conservate tutte e tre insieme» aveva poi dichiarato anni fa Alice Kessler a Bild, la stessa testata tedesca che ieri ha per prima parlato di morte assistita, pratica che in Germania è consentita a determinate condizioni. E che però, quando avviene in forma “doppia” come in questo caso (e come in altri già verificatisi in altre parti del mondo, con congiunti o parenti le cui vite sono state eliminate insieme), torna utile per capire come il vero tema dell’eutanasia non sia la sofferenza, ma la paura della sofferenza e, in definitiva, della stessa morte.
Nel caso delle gemelle Kessler può certamente aver pesato anche il fatto che Alice ed Ellen abbiano sempre vissuto insieme, senza quindi mai sposarsi pur avendo avuto entrambe diversi amori celebri e raccontati dai rotocalchi (Ellen per esempio, con l’attore Umberto Orsini e Burt Lancaster, Alice con l’attore Enrico Maria Salerno).«Ho tanta compassione per loro, capisco la tragedia e immagino queste due donne, anziane, che hanno voluto morire insieme, perché avevano vissuto sempre insieme», è stato il commento di Iva Zanicchi ad Adnkronos, «ma dall’altro lato sono sincera, mi sconvolge. Questo fatto mi addolora, è lontano dalla mia mentalità».
«La vita è per me così sacra e così preziosa che bisogna avere, diciamolo pure, il coraggio di viverla fino all’ultimo istante perché è un dono prezioso», ha altresì aggiunto la Zanicchi; le cui parole non possiamo che sottoscrivere, ribadendo come la kessleriana “doppia eutanasia”, pur sconvolgente, non è in sé un fenomeno affatto nuovo. E, come si diceva poc’anzi, appare drammaticamente indicativo – peraltro nello stesso periodo in cui anche il nostro Parlamento discute del cosiddetto fine vita, come raccontato sulle pagine della nostra rivista (qui per abbonarsi) – del baratro cui può condurre una legislazione eutanasica.
I grandi media, infatti, non perdono occasione – sposando appieno la causa radicale, con tanti saluti all’imparzialità di chi dovrebbe fare informazione – per raccontarci l’eutanasia e il suicidio assistito come soluzioni estreme per chi vive ormai tra atroci sofferenze. Una tesi già molto discutibile, se si pensa alle enormi possibilità che possono offrire oggi le cure palliative, ma che si scioglie definitivamente come neve al sole dinnanzi a casi di “doppia” eutanasia che rivelano come sia la sofferenza psicologica, e in definitiva l’umana disperazione e la paura di restar soli, a spingere a cercare una morte assistita. Anche se tanti si guarderanno bene dallo scriverlo per non far inceppare la propaganda eutanasica, è questo ciò che racconta la morte di Alice ed Ellen Kessler.
Fonte: Giuliano Guzzo | IlTimone.org