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Aborto, la governatrice di Madrid che non si piega a Sánchez

Isabel Diaz Ayuso rifiuta di creare il registro dei medici obiettori di coscienza sull’aborto. Sfida il Governo, disobbedisce alla legge, si attira le ire del suo stesso partito. Ma difende la libertà di coscienza e denuncia: «L’aborto è un fallimento come società»

«Non sarà segnalato nessun medico per praticare o no l’aborto, non nella Comunidad de Madrid. Vi sembra poco?». La governatrice del Partido Popular Isabel Díaz Ayuso non conosce mezze misure. Dice quello che pensa, e lo dice chiaro. Niente calcoli, niente linguaggio politicamente corretto. La governatrice madrilena ha sfidato apertamente il premier Pedro Sánchez, il governo di sinistra e persino il suo stesso partito. La miccia è scoccata in Assemblea, dopo una domanda della portavoce di Más Madrid, Manuela Bergerot, che chiedeva alla presidente di illustrare i provvedimenti per garantire l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza. Ayuso ha risposto a modo suo: colpo su colpo, tono fermo, sguardo diritto. «Ogni qualvolta la sinistra ha dei problemi – ha detto – torna sul tema dell’aborto. È il suo coniglio nel cappello. Non ci sarà una lista di obiettori di coscienza. Mai e poi mai».

Una sfida aperta, perché la legge approvata nel 2023 obbliga le regioni a creare un registro dei medici che praticano o rifiutano di praticare aborti. L’obiettivo, secondo il Governo, sarebbe quello di riorganizzare gli ospedali pubblici e garantire il servizio. Il realtà si tratta di vere e proprie liste di proscrizione. Ayuso ha il merito di dire le cose come stanno: sarebbe un modo per schedare e stigmatizzare i professionisti che difendono la propria coscienza. E così ha deciso di dire no. Non solo: ha ricordato che in Spagna, ogni anno, 106 mila donne abortiscono. «Da quando siete al governo, un milione», ha tuonato. Poi la frase che ha fatto il giro dei social: «Mi pare un fallimento come società. È nelle nostre mani evitarlo». Una provocazione? Forse. Ma dietro c’è un messaggio di fondo: la difesa della vita e della libertà personale. Nel suo discorso, Ayuso ha tirato in ballo la Costituzione, i diritti umani e perfino il Corano, replicando alle accuse di chi la considera retrograda. «Nel vostro libro… chiedete a Hamás o al mondo musulmano cosa pensano dell’aborto, dell’omosessualità e della transessualità», ha detto alla sinistra, che si nutre – ha aggiunto – «di guerra civile, di narcostati e di aborto».

Una tempesta politica, inevitabile. Pedro Sánchez ha risposto promettendo che il suo esecutivo userà “tutti gli strumenti giuridici” per far rispettare la legge e “garantire la dignità delle donne”. «Torniamo ai viaggi clandestini a Londra», ha scritto in un tweet velenoso, «al classismo e al puntare il dito. Non lo permetteremo». Nemmeno il Partito Popolare ha appoggiato la sua leader madrilena. Il compagno di partito Alberto Nunez Feijóo, più moderato, si è affrettato a prendere le distanze: «Garantiremo l’aborto conforme alle leggi», ha dichiarato. Ma la base del PP, quella cattolica e conservatrice, si stringe intorno a lei. Va detto che Isabel Diaz Ayuso non è un’anti-abortista militante. In un’intervista a un giornale italiano aveva dichiarato: «Non mi piace l’aborto. Ho sempre difeso le politiche a favore della vita però penso che l’aborto debba essere legale, sicuro, poco frequente. È la donna che decide, anche quando portare avanti la gravidanza». Aggiungendo di aver stanziato per la sua comunità madrilena «quattro miliardi di euro per incoraggiare le donne a fare i figli prima. Tra le misure: 500 euro mensili fino ai due anni del bambino. Difendere il diritto ad avere una famiglia non è un’idea arcaica».

La governatrice madrilena,pur non essendo del tutto contraria all’aborto, è l’immagine di una Spagna diversa, che non accetta di omologarsi al pensiero dominante, che non crede che la libertà passi necessariamente dal diritto di interrompere una vita. Sotto il governo Sánchez, il numero degli aborti invece è cresciuto in modo esponenziale ed è considerato alla stregua di una pratica anticoncezionale. Un milione di interruzioni in pochi anni: un record europeo. In un Paese che invecchia e si spopola, suona come un paradosso tragico. Mentre la natalità crolla, lo Stato incentiva la soppressione di chi non è ancora nato.

Fonte: Lorenzo Rossi | FamigliaCristiana.it

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