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SCENARIO GAZA/ Così i palestinesi allontanano la soluzione dei due Stati

Dall’OLP in poi i palestinesi hanno scelto la lotta armata contro Israele, un’opzione mai abbandonata e che non favorisce la realizzazione di due Stati

L’idea di annientare Israele con la lotta armata nasce con la creazione di Fatah (1959), fondata da Yasser Arafat, e dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (1964), istituita dalla Lega Araba sotto la guida di Ahmad Shukeiri, primo presidente dell’OLP.

Gli Accordi di Oslo (1993), negoziati da Yasser Arafat (leader dell’OLP) e Mahmoud Abbas (coordinatore dei negoziati), furono il primo tentativo di svolta diplomatica nella questione arabo-israeliana. Fallirono per l’ambiguità di Arafat, che considerando i negoziati un’operazione di facciata, non abbandonò mai la lotta armata.

I falliti negoziati portarono anche all’assassinio del premier israeliano Yitzhak Rabin (1995) che si era impegnato a fondo nella riuscita delle trattative, e alla Seconda Intifada (2000-2005), orchestrata da Arafat.

Mahmoud Abbas, alias Abu Mazen (nato nel 1935, presidente dell’ANP dal 2005 e dell’OLP dal 2004), è stato il primo leader palestinese che propose l’abbandono della lotta armata, durante la Seconda Intifada, cercando di avviare una strategia diplomatica e legale contro Israele.

Tuttavia, non riuscì a persuadere i membri di Fatah, sotto il suo comando dal 2009, né gruppi come Hamas, guidato da Yahya Sinwar comandante della piazza di Gaza fino alla morte nel 2024 e Mohammed Deif, capo delle Brigate Izz al-Din al-Qassam, ucciso nel 2024. Molti membri delle forze di sicurezza dell’ANP sotto Abbas hanno continuato le attività terroristiche, disobbedendo ai suoi ordini.

La centralità della lotta armata, alla ricerca dell’annientamento di Israele, predicata da Arafat è stata sostenuta dall’Iran e dai suoi alleati libanesi di Hezbollah, guidato da Hassan Nasrallah fino alla morte nel 2024. Questo ha bloccato il dibattito su un futuro Stato palestinese. Anche il seminario organizzato da Yahya Sinwar a Gaza, prima dell’attacco del 7 ottobre 2023, servì solo a definire l’espulsione e la coercizione degli ebrei israeliani a guerra finita.

La guerra di Gaza, avviata con l’eccidio del 7 ottobre da parte di Hamas, pianificato da Sinwar e Deif, è stata criticata per la sua mancanza di coordinamento con alleati come Hezbollah, il decaduto regime siriano di Bashar al-Assad, e la Repubblica Islamica dell’Iran, ed avrebbe portato alla “Seconda Nakba” (catastrofe), a ricordo della “Prima Nakba”, ovvero lo sfollamento di circa 700mila arabi dai loro territori dopo la guerra arabo-israeliana del 1948 che seguì la fondazione di Israele.

La guerra ha decimato Hamas: Sinwar e Deif sono stati uccisi, 20mila combattenti delle Brigate Izz al-Din al-Qassam eliminati, e l’arsenale distrutto. Abbas ha proposto di disarmare definitivamente Hamas, immagazzinando le sue armi sotto la supervisione dell’ANP, mentre Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto chiedono il disarmo totale del gruppo prima di finanziare la ricostruzione di Gaza.

In Cisgiordania, le milizie di Hamas e Jihad Islamica (guidata da figure come Ziyad al-Nakhalah) sono state smantellate dall’IDF (forze di difesa israeliane). In Libano, il presidente Joseph Aoun ha arrestato agenti di Hamas e della Jama’a al-Islamiya (alleato di Hamas, guidato da Sheikh Taqush), mentre in Siria il nuovo leader Mohammed al-Sharaa ha fermato le attività militari palestinesi, arrestando o licenziando comandanti anziani all’interno della milizia Hayat Tahrir al-Sham.

La lotta armata è ancora sostenuta da circa metà dell’opinione pubblica palestinese, secondo i sondaggi, ma il consenso è in declino per la pressione di Abbas, dei governi arabi del blocco sunnita e delle operazioni dell’IDF. Intellettuali palestinesi chiedono di lasciare le armi criticando Sinwar e Deif per la loro strategia di dipendenza da alleati non palestinesi, come l’Iran. Una strategia che contraddice il principio di indipendenza decisionale palestinese seguita da Arafat.

La possibilità di una nuova rotta geopolitica per i palestinesi si avvicina ma è ostacolata da divisioni interne, alimentate da forze esterne. Quelle stesse forze che impedirono l’attuazione della soluzione dei “due Stati” prevista dalla risoluzione ONU n. 181 del 1947. È difficile analizzare i fatti in un quadrante cosi poco trasparente, ma una maggiore presa di coscienza palestinese e la pressione internazionale potrebbero spingere Gaza verso il disarmo.

Fonte: Giorgio Laici |  IlSussidiario.net

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