«Il corpo è mio e lo gestisco io». Lo slogan è vecchio di quarant’anni ma non passa mai di moda, il Sacro Graal del femminismo è l’autodeterminazione, la libertà di poter decidere esattamente cosa fare di te stessa, delle tue relazioni, della tua famiglia. Eppure.
Eppure anche la libertà ha un limite, si chiama manistream, perché tutte devono essere libere, a condizione che scelgano di vivere come il neofemminismo impone. E’ un po’ questo il succo dell’articolo apparso qualche giorno fa su Elle dal titolo «Chi sono e cosa dicono le nuove donne influencer antifemministe e conservatrici – Si stanno moltiplicando gli spazi digitali per un pubblico femminile le cui creator condividono posizioni di estrema destra come la subordinazione delle femmine ai maschi». A firmarlo Carlotta Sisti, che carica su di sé le preoccupazioni delle vestali del politicamene corretto di fronte ad un fenomeno stranamente crescente: la totale di un numero sempre maggiore di donne proprio verso le istanze del femminismo.
L’inquietudine della Sisti deriva dai social : «Basta scrollare su Instagram, aprire un TikTok o mettere play su un podcast con copertina rosa pastello per imbattersi in contenuti che parlano di “femminilità autentica”, “valori tradizionali” e “ritorno all’ordine naturale”» in effetti sono proprio contenuti allarmanti, non c’è che dire. Infondo la giornalista lo sa e quindi rincara la dose, naturalmente fuori dalle virgolette e quindi scrivendo di suo pugno contenuti che propongono una visione della «donna subordinata», che propone «l’elogio del patriarcato “funzionale”» condita da «con una strizzata d’occhio all’estrema destra». Ci mancavano solo gli hacker russi poi le aveva dette tutte.
A rinforzo della sua tesi la Sisti cita una serie di profili presentandoli come fantasmi che risorgono da un passato oscurantista, maschilista e soffocante quando invece sono donne ree soltanto di aver liberamente scelto, spesso dopo una laurea, specializzazione e master, di dedicarsi alla famiglia, alla casa, ai figli, dedicando i loro anni migliori e i loro talenti a quello che più amano. Anatema! Elle infatti se la prende anche con le Trad wifes, mogli tradizionali, un fenomeno che la Sisti descrive così: «diventato popolare negli ultimi anni per descrivere donne che abbracciano e promuovono uno stile di vita basato sulla sottomissione domestica, la maternità, la cucina casalinga e l’estetica anni ‘50. Alcune delle figure più note del movimento tradwife si collegano direttamente (o indirettamente) a circuiti della nuova destra anglosassone: contatti con attivisti suprematisti bianchi, frasi riprese da ideologi anti-femministi». Non sia mai!
«Un’estetica curata che rende digeribili posizioni estreme, camuffandole da self-care. E tutto questo funziona perché tocca corde reali – scrive ancora Carlotta Sisti – il burnout delle donne, la frustrazione verso un femminismo che talvolta appare elitario, la solitudine, il desiderio di appartenenza. Ma funziona anche perché gioca sulla narrazione del “risveglio”: tu non sei infelice perché la società è ingiusta, sei infelice perché hai dimenticato “il tuo vero posto” ». Ed è quello che il neo femminismo e le sue vestali non sopportano, che la donna abbracci la sua vocazione.
A suon di divorzio, contraccezione, aborto, procreazione assistita la donna che doveva diventare più libera è diventata più sola, doveva “emanciparsi dalla famiglia” ed è finita per tradire la sua identità femminile, da un lato contrapponendosi all’uomo in un’eterna e sterile lotta tra i sessi, dall’altro cercando di scimmiottare il maschio. A farne le spese è la vocazione alla generazione, biologica e non solo. Ma siccome l’inganno ha il tempo contato sempre più donne aprono gli occhi e prendono atto della realtà del femminismo, dei danni che ha fatto e sai che c’è? Stanche di farne le spese decidono di vivere diversamente, prendendosi pure la libertà di dirlo sui social e, spoiler, non è un fenomeno solo americano, esistono anche in Italia, occhio!
Fonte: Raffaella Frullone | Tempi.it