Il Manifesto di Ventotene è uno dei tanti idoli non criticabili.
Quello che è accaduto alla Camera dei deputati e poi anche al Senato in seguito alla lettura da parte del Presidente del Consiglio di alcuni passi del Manifesto di Ventotene, e dalla presa di distanza del modello europeo auspicato nello stesso Manifesto, è indicativo dell’odio che rimane nel cuore di tante persone appartenenti alla sinistra italiana.
Perché una reazione così scomposta, isterica e carica di violenza verbale? Giorgia Meloni ha letto dei passi inquietanti contenuti nel Manifesto, giacobini, antidemocratici e pieni di disprezzo nei confronti del popolo. Invece di dare una spiegazione del perché di queste parole, la sinistra è insorta con una violenza verbale che ha fatto ricordare gli Anni 70. L’idolo era stato attaccato e l’idolo non può essere messo in discussione perché se venisse meno crollerebbe tutta l’impalcatura ideologica di cui fa parte.
Eppure il Manifesto di Spinelli, Rossi e Colorni è stato scritto in un contesto molto ideologizzato, con i protagonisti al confino a Ventotene perché antifascisti, ci sarebbero tante giustificazioni per stemperare certi giudizi inaccettabili contenuti nel testo. E invece no. La sinistra ha avuto un rigurgito ideologico pur di non rinnegare l’idolo. È come se fosse ritornata in un attimo a prima del 1989, all’epoca delle ideologie, all’antifascismo violento e militante degli “anni di piombo”, quando chi non era di sinistra non aveva agibilità politica e rischiava la vita.
Avremo modo di tornare con calma sui contenuti del Manifesto di Ventotene e passato l’impatto emotivo sarà il caso di chiedere a chi lo considera un idolo intoccabile di prendere le distanze dai suoi contenuti antidemocratici. Del resto, Spinelli ha bazzicato nella sua vita politica sia il PCI che il Partito d’Azione, entrambi sebbene in modo diverso sostenitori di quelle rivoluzioni ideologiche che devono essere imposte alle masse ignoranti, naturalmente per il loro bene.
Oggi dobbiamo però constatare quanto odio rimanga ancora nella sinistra in generale, un odio ideologico che non accetta il confronto, che è pronto alla violenza, speriamo solo verbale, per affermarsi. Simili comportamenti pregiudicano le relazioni umane che, superata l’epoca delle ideologie, avrebbero dovuto tornare a essere normali, non violente, rispettose delle opinioni altrui, soprattutto in Parlamento, sotto gli occhi dell’Italia intera. Evidentemente non è ancora così.
Una postilla finale. Il comportamento del quotidiano Avvenire in questa circostanza è stato letteralmente immorale e vergognoso. Il 20 marzo, un tale Vittorio Pelligra ha accusato Meloni di malafede dimenticando che il “giudizio temerario” non è stato derubricato fra i peccati possibili.
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