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Dio abita in Toscana: viaggio nel cuore dell’identità occidentale

Dio abita in Toscana è un libro che mette voglia di infilare qualcosa in uno zaino e partire, ha fatto questo effetto persino a me che odio viaggiare, perché i luoghi non mi interessano; io infatti viaggio per incontrare le persone e, quando lo faccio, raramente saprei localizzare su una carta esattamente dove mi trovi (sopra o sotto il Po è il massimo della precisione a cui posso aspirare). Sarà perché gli itinerari che Antonio Socci propone con questo Viaggio nel cuore cristiano dell’identità occidentale non sono certo percorsi turistici ma sono in realtà indizi, tracce da seguire, piste tracciate per un favorire un incontro, e l’incontro è proprio l’unica ragione – per me – per cui valga la pena di spostarsi da casa.

 

Non si tratta certo di consigli per turisti. Quello che traccia questo libro è un viaggio nei luoghi della Toscana che conservano l’impronta dell’incontro che Dio ha avuto nei secoli con i suoi figli più dotati o più santi, cioè quelli che attraverso l’arte o la grandezza (o forse piccolezza) spirituale hanno attinto alle vette più alte dell’umanità. E bisogna ammettere che si tratta di una regione ricca in modo straordinario di queste impronte: una concentrazione, credo, unica al mondo, se si considerano non solo le opere che in Toscana sono nate e rimaste, ma anche quelle che i toscani hanno prodotto e disseminato nel mondo (tipo la Cappella Sistina, che non significa solo Michelangelo, ma anche altri grandi fiorentini e toscani, come Botticelli, Ghirlandaio, Cosimo Rosselli, Piero di Cosimo, Luca Signorelli e altri che in Toscana si sono formati come il Perugino e Pinturicchio; ma c’è un numero incalcolabile di opere di toscani in tutto il mondo). Per non parlare dei santi come Caterina o Filippo, solo per citare i primi che mi vengono in mente.

La buona notizia però è che non dobbiamo essere invidiosi se non siamo toscani, e non siamo nati nei secoli in cui si sono prodotti quei capolavori eterni: Dio quell’incontro lo vuole fare anche con noi, ed è questo il senso del libro. Dio non smette di cercare ciascuno dei suoi figli con amore tenero e tenace, e le opere che ancora si offrono ai nostri occhi postmoderni parlano anche a noi, e non fanno che dirci questo. Ti sta cercando, e guarda di quali meraviglie è capace un uomo che lo lasci entrare nella sua vita. Chissà che può fare con te…

Un piccolo inciso: una delle cose più insensate della scuola italiana per me è che l’ora di religione sia facoltativa. Non è possibile decodificare la maggior parte del nostro patrimonio artistico se non si hanno almeno i rudimenti di quella fede che per secoli è stata una presenza concreta e vera, una evidenza incontestabile nella vita di interi popoli. Non si può capire Dante, Boccaccio, non si può alzare lo sguardo e capire cosa dice un campanile, come è costruita una città, non si può capire di cosa parlano le nostre città se non si conosce la fede cattolica. È semplicemente un dato di realtà, un fatto storico. Come può uno studente completamente digiuno di cristianesimo – soprattutto ora che la cultura dominante gli è sempre più estranea – capire il senso, che so, del Duomo di Orvieto (e scusate il campanilismo se scelgo un esempio umbro), se non sa che coloro che lo hanno costruito hanno creduto che Dio si è fatto uomo e ha dato la sua carne da mangiare ai suoi figli? Non potrà capire, lo studente digiuno, che quella struttura maestosa, sproporzionata rispetto alla piazza in cui sorge, non è un’esagerazione, perché è nata per dare una casa minimamente adeguata al corporale bagnato del sangue di Cristo, un miracolo avvenuto in risposta ai dubbi di un sacerdote sul fatto che davvero in quel momento tra le sue mani ci fosse il corpo di Dio. O, per restare in Toscana, come si può capire Siena e i simboli di cui è piena se non si sa che è consacrata alla protezione di Maria, mentre Firenze è affidata direttamente a Cristo? Come si può, poi, comprendere l’importanza del corpo per coloro che credono nell’avvenimento storico di un Dio che si è fatto carne, e di cui ogni opera grida la meraviglia?

Tutto, tutto parla di Dio in Toscana, e il libro propone una serie di itinerari possibili per andare sulle tracce di questo Padre innamorato pazzo dei suoi figli: la via del mare, la via delle colline e quella dei monti. E poi due capitoli speciali dedicati a Siena e Firenze.

Non è più tempo di disperarci perché viviamo in un mondo scristianizzato, tanto da essere a volte poco diversi (parlo almeno per me) dalle mandrie di turisti incolonnati che pascolano alzando a mala pena lo sguardo, fotografando tutti sempre le stesse cose, senza capire niente e senza uscire mai dal percorso previsto, mandrie che sembrano avere trasformato molte delle nostre città più in parchi tematici che in luoghi da vivere. Non serve disperarci, dicevo. Serve imparare un nuovo sguardo. Benedire Dio che, oltre ad averci fatti come un prodigio, ci ha messi in questo tempo e in questi luoghi che sono esattamente quelli giusti per noi, per incontrarlo. Imparare un nuovo sguardo e quindi anche conoscere, leggere, studiare, cercare, imparare a vederlo e ad ascoltarlo e a riconoscerlo nella bellezza che tanti di noi hanno sotto gli occhi tutti i giorni e che forse non lasciano parlare.

Certo, a parte chi come me nel campo delle arti figurative può vantare, modestamente, un’ignoranza senza lacune (copyright Flaiano), anche tra chi ne sa qualcosa credo che pochissimi abbiano come Socci la cultura, la sensibilità spirituale e la capacità di destreggiarsi e di leggere tra le trame di tanta ricchezza, di mettere in fila le cose, di non lasciarsi sopraffare dall’ansia di sapere e vedere e scoprire tutto in una sorta di lussuria dello sguardo, mantenendo invece in mano il timone della navigazione. Per questo Dio abita in Toscana può diventare una sorta di guida per un pellegrinaggio, per degli esercizi spirituali itineranti, e forse anche un modello per un modo diverso di conoscere i luoghi.

Infine, aspetto che qualche cuore generoso scriva per me anche Dio abita in Umbria, lo aspetto proprio. Sull’arte non saprei da dove cominciare, ma quanto ai santi partirei da Francesco, Chiara, Benedetto, Scolastica, Rita, Angela e la mia nuova preferita, Margherita di città di Castello, tanto per cominciare: qualcosa da dire ce l’abbiamo anche noi umbri, a occhio e croce…

Fonte: CostanazaMiriano.com

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