Un Convegno al Senato per ricordare che la nuova evangelizzazione è l’alternativa al suicidio dell’Occidente
Il modernismo è quella «sintesi di tutte le eresie», come la definì san Pio X, penetrata nella Chiesa all’inizio del ‘900 e che rimane ancora oggi, quanto meno come atteggiamento mentale. Essa consiste essenzialmente nel ritenere la fede incapace di generare una cultura in grado di trasformare il mondo, rendendolo più umano e cristiano. Poco importa in questa sede distinguere i modernisti “anticostantiniani”, quelli che per principio ritengono che la Chiesa non dovrebbe cercare di dare vita a una civiltà e quindi deprecano la svolta costantiniana del IV secolo, dai modernisti per rassegnazione, cioè coloro che pensano ormai impossibile risalire la china e rimediare alla deriva laicista del mondo moderno, per cui bisognerebbe rassegnarsi ad “accompagnare il mondo” senza avere la pretesa di cambiarlo. Il fatto è che entrambi hanno perso la speranza, non quella della salvezza personale spero, ma quella che si possa costruire un mondo migliore perché più conforme al progetto di Dio sull’uomo.
Va da sé che questa mentalità è ostile alla fede, che deve diventare cultura per essere autentica,come diceva san Giovanni Paolo II, rifiuta la dottrina sociale della Chiesa perché divisiva e, in sostanza, è contraria a una nuova evangelizzazione degli antichi Paesi cristiani perché potrebbe riaprire incomprensioni e antiche ferite.
Fatte salve le opportune precisazioni, per cui non bisogna confondere cristianità e cristianesimo, fede e cultura, che rimangono realtà diverse ma non contrapposte, la cosa più pericolosa mi pare consistere nel fatto che questa mentalità “modernista” è oggi presente largamente nel mondo cattolico senza che ce ne sia consapevolezza, come se la minoranza di fedeli rimasta nei Paesi occidentali, invece di assumere un atteggiamento missionario come invita a fare il Magistero, si accontenti di sopravvivere in un mondo sempre più indifferente, senza difendersi,ma soprattutto senza nemmeno tentare una ripresa missionaria.
Questa mentalità è evidentemente ostile o comunque indifferente a una nuova evangelizzazione nei termini in cui è stata definita e proposta dall’epoca del pontificato di Pio XII fino a quello attuale di Francesco. La nuova o seconda evangelizzazione, infatti, parte dalla speranza che il secolarismo penetrato nel senso comune degli abitanti dei Paesi di antica tradizione cristiana non sia irreversibile. “Nuova”non significa “nuovo Vangelo”, ma nuova nelle modalità di comunicazione, come diceva san Giovanni XXIII l’11 ottobre 1962 inaugurando il Concilio Vaticano II, e nuova nell’entusiasmo,come ebbe a dire san Giovanni Paolo II quando coniò esplicitamente l’espressione nuova evangelizzazione. «Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa» ha detto Papa Francesco in Evangeliigaudium (n. 27), «perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione».
Quello su cui bisogna insistere e lavorare è dunque il tema della speranza. Se il nostro mondo occidentale si sta suicidando, comprese le comunità cristiane che ancora sopravvivono timide, irrilevanti e senza speranza, allora la prima convinzione da annunciare è che Cristo continua a operare per salvare i singoli e il mondo, i primi dall’inferno e il secondo dalla barbarie dell’antidecalogo, per usare un’altra espressione di san Giovanni XXIII in un radiomessaggio del 1960.
Proprio per questo nei giorni scorsi si è svolto un bel convegno presso la Biblioteca del Senato sul tema del suicidio dell’Occidente, con tanti preziosi interventi autorevoli da parte di pastori, intellettuali e uomini di governo. Lo scopo era di accendere una piccola fiamma per portare luce e speranza, per dire che si può costruire un mondo migliore. Certo, non basta desiderare una cosa perché si realizzi. Bisogna organizzare, incoraggiare, studiare e approfondire una dottrina della fede ormai conosciuta poco e male, pensare a una dottrina dell’azione seria e credibile. Soprattutto bisogna evitare recriminazioni e rancori, che scoraggiano e dividono il già demotivato popolo cristiano, bisogna invitare a combattere la buona battaglia riponendo la speranza in Chi ci ha assicurato la Salvezza, non una vittoria terrena, ci ha garantito la gioia del cuore, non il successo temporale.
La Speranza non si compra al supermercato. Essa è un dono di Dio, che però dobbiamo chiedere soprattutto nella preghiera, mentre amiamo rimanere davanti al Volto di Dio, come facevano il santo curato d’Ars o san Giovanni Paolo II ogni mattina, per tanto tempo. E’ lì che si raccolgono le forze per andare avanti, per continuare a combattere contro il male, che c’è ma anzitutto si annida nel nostro cuore, dove va sconfitto primariamente.
Sarà diffondendo fiducia nell’opera di Dio, studiando e mostrando la bellezza della dottrina cristiana, pregando per le nostre mancanze e perquelle dei pastori, piuttosto che alimentando divisioni e inimicizie, che la nuova evangelizzazione penetrerà fra i cristiani e porterà alla nascita di un mondo migliore.
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