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Le mani del Qatar sulle università americane

Così l’emirato che sostiene Hamas esercita il suo soft power nelle accademie sempre più a sinistra degli Stati Uniti grazie a miliardi di donazioni e progetti di scambio. E ora i grandi donatori ebrei interrompono i loro finanziamenti

Chi si stupisce per le manifestazioni pro Palestina e Hamas – dai toni anche violenti – viste nelle ultime settimane in molti campus degli Stati Uniti non ha probabilmente fatto attenzione alla deriva della sinistra liberal americana degli ultimi anni. Il pensiero prima politicamente corretto, poi woke e infine intollerante, sta plasmando nuove classi dirigenti con il vizio della cancellazione di tutto ciò che si ritiene offensivo e dunque sbagliato: dopo le statue dei colonizzatori, il maschio bianco etero cis e le emissioni di CO2, il pensiero progressista che si fa largo nelle università Usa ha preso di mira Israele e, quindi, gli ebrei.

I grandi donatori ebrei interrompono le donazioni

Dopo l’attacco terroristico del 7 ottobre anche prestigiose università come Harvard e Penn non hanno avuto il coraggio di condannare Hamas e anzi si sono ritrovate a dare spazio a dichiarazioni ufficiali di gruppi studenteschi che attaccavano Israele per avere provocato i terroristi palestinesi. Non solo, scrive il Wall Street Journal che molti ex allievi ebrei di Harvard hanno denunciato il clima di antisemitismo sostenendo che le autorità universitarie «hanno fatto un pessimo lavoro nel proteggere gli studenti ebrei mentre le tensioni nei campus aumentavano».

Per molti finanziatori delle università americane il 7 ottobre è stata una botta di lucidità dopo la sbronza woke di questi anni: dice ancora il Wsj che per alcuni «è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso dopo anni di crescente disincanto nei confronti delle scuole per quello che vedono come uno spostamento politico a sinistra. Molti grandi donatori hanno annunciato l’intenzione di smettere di donare o hanno detto che stanno riconsiderando le donazioni future». Una decisione che potrebbe pesare non poco sulle casse di molte istituzioni scolastiche che vivono grazie ai grandi donatori. Il doppio standard seguito dopo l’attacco di Hamas e dopo – ad esempio – la morte di George Floyd, ha svelato l’ipocrisia di tanti dirigenti, professori e studenti.

I miliardi del Qatar nelle università americane

Ma se da una parte molti facoltosi donatori potrebbero non contribuire più alle entrate delle grandi università degli Stati Uniti, c’è un altro grande donatore che sta facendo sentire sempre di più il proprio peso. Si tratta del Qatar, il piccolo ma ricco stato arabo che sostiene Hamas e negli ultimo 25 anni ha «pompato miliardi in America per acquisire influenza e favori».

A scriverlo è Eli Lake in un’inchiesta su The Free Press che documenta «la guerra del Qatar per le giovani menti americane». I maggiori beneficiari della generosità del Qatar, scrive la testata online diretta da Bari Weiss, «sono state le principali università e think tank. I numeri sono sconcertanti. Secondo uno studio del 2022 della National Association of Scholars, il Qatar oggi è il più grande donatore straniero alle università americane. Lo studio ha rilevato che tra il 2001 e il 2021, il petrostato ha donato l’enorme cifra di 4,7 miliardi di dollari ai college statunitensi. I maggiori beneficiari sono alcuni degli istituti di istruzione superiore più prestigiosi d’America. Queste scuole hanno collaborato con il regime per costruire campus nella “città dell’istruzione” di Doha, un distretto speciale della capitale che ospita college satellite delle università americane».

Il Qatar appoggia Hamas e investe nei campus Usa

Negli ultimi decenni i soldi del Qatar, uno stato che appoggia ufficialmente un gruppo terroristico, hanno contribuito a fondare scuole di belle arti e di ingegneria, di medicina, di scienze politiche e di giornalismo.

«Ci si potrebbe aspettare che le istituzioni accademiche che hanno beneficiato dei soldi di questa autocrazia riconsiderino la loro partnership dopo che il ministro degli Esteri del Qatar ha affermato che “solo Israele è responsabile” del pogrom perpetrato dai terroristi di Hamas. O dopo che il primo ministro del Qatar venerdì ha rifiutato di chiudere l’ufficio che Hamas mantiene nella sua capitale. Ma queste università non hanno dato indicazioni che metteranno fine alla loro proficua partnership con il Qatar». Partnership che, almeno a parole, erano nate a suo tempo con le migliori intenzioni, l’idea cioè di portare il soft power americano in Medio Oriente e liberalizzare un Paese governato da un’autocrazia.

Così il Qatar mira a demonizzare Israele

Peccato che sia successo esattamente l’opposto, e mentre nei campus di Doha si viveva e si vive in un clima di libertà accademica limitata, il mondo universitario americano è diventato il cavallo di Troia del soft power del Qatar. Scrive ancora Lake: «Uno dei motivi per cui il Qatar è stato in grado di investire così tanto nelle istituzioni americane è perché la politica estera statunitense ha abbracciato il paese da quando è iniziata la guerra al terrorismo dopo l’11 settembre. […] Il Qatar è un importante interlocutore tra America e Iran. Dopo il caotico ritiro del presidente Biden dall’Afghanistan, il Qatar ha accettato di accogliere più rifugiati afghani di qualsiasi altro alleato arabo. Oggi il Qatar detiene i 6 miliardi di dollari di proventi petroliferi iraniani che l’America ha sbloccato a settembre e ricongelato dopo il pogrom di Hamas del 7 ottobre».

Ma tutto questo si paga: «Uno degli obiettivi del soft power del Qatar è promuovere l’ideologia dei Fratelli Musulmani […]. L’Istituto per lo studio dell’antisemitismo e della politica globale ha affermato che una conseguenza del sostegno del Qatar ai Fratelli Musulmani nelle loro operazioni di soft power all’estero è stata quella di rendere Israele tossico nel discorso politico e intellettuale occidentale. Il loro soft power mira a demonizzare Israele e a promuovere un discorso antioccidentale e antidemocratico per indebolire l’Occidente. L’antisemitismo è il carburante per accendere quel fuoco».

E tra chi finanzia i campus c’è anche la Cina

Le manifestazioni dei giorni scorsi nei campus degli Stati Uniti dimostrano che questo lavoro paga. Conclude l’inchiesta di The Free Press: «La sfida posta dagli avversari stranieri che finanziano le nostre università non si limita al Qatar. Lunedì, il presidente della House Select Committee on China Mike Gallagher (R-WI) ha avvertito i leader dei migliori college americani che il partito comunista cinese sta esercitando “un’influenza coercitiva” sui campus di tutto il paese».

«Secondo Fox News»,  continua Eli Lake, «Gallagher ha avvertito dozzine di rettori universitari di tenere gli occhi aperti riguardo alla minaccia cinese. “La domanda, per come la vedo io, è: come possiamo rispondere in modo da preservare la nostra società libera e aperta – compreso il nostro sistema di istruzione superiore con tutti i suoi punti di forza naturali – pur mantenendo la nostra integrità morale, intellettuale e finanziaria?”, ha detto Gallagher. Ma la sua domanda non si applica soltanto alla Cina. Andrebbe fatta anche alle università che hanno collaborato con un Paese che protegge i leader di Hamas e stringe accordi con l’Iran».

Fonte: Piero Vietti | Tempi.it

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