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Quale maternità tutelare?

La battaglia dei ‘due stendardi’ nell’ambito del diritto di famiglia

La scuola politica controrivoluzionaria, tributaria della spiritualità ignaziana, suggerisce una lettura della storia in chiave antagonistica, molto lontana dall’irenismo imperante ma assai utile a cogliere gli aspetti dei rinnovati contrasti geopolitici che connotano i rapporti fra gli Stati, da ultimo finanche in termini bellici.

Dopo la pretesa ‘fine della storia’ e la fallita unificazione del mondo globalizzato in base al pensiero unico del liberalismo radicale relativista di fine ‘900, si è ritornati allo scontro fra civiltà ed alla necessità di una filosofia della storia che dia conto della invero connaturata tendenza umana al contrasto fraterno, …almeno a far data da Caino ed Abele!

Anzi in termini di teologia della storia, il cui fondamento è il bellum in coelo fra le schiere di Lucifero, l’angelo ribelle, e le milizie angeliche dell’arcangelo Michele, soccorre al riguardo la meditazione degli Esercizi spirituali di sant’Ignazio nota come dei ‘due stendardi’, in cui l’esercitando viene invitato a riflettere sulla contrapposizione fra due accampamenti militari prima della battaglia, quello guidato da Nostro Signore Gesù Cristo e quello appunto di Satana.

Superata, infatti, la ritrosia ad utilizzare tale ascetica, apparentemente lontana dalla sensibilità religiosa dei nostri giorni ma, in verità, suffragata dalla affermazione evangelica di Mt 10,34 («non pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a metter pace, ma spada»), ancora più utile, nello sforzo di analisi della realtà contemporanea, ne è lo strumento suo proprio: la composizione di luogo, cioè l’invito ad ‘entrare’ al centro dell’oggetto della meditazione ignaziana.

A volte questo sforzo è facilitato da quel che accade nella realtà e si sperimenta personalmente.

Le cronache hanno descritto, lo scorso 12 maggio, da un lato, gli Stati Generali sulla natalità, dal’altro, la manifestazione al Carignano di Torino, salutata da Vladimir Luxuria come ‘festa della natalità’, dei trecento sindaci firmatari del ‘patto arcobaleno’ a tutela dei figli delle coppie omogenitoriali e del ‘matrimonio egualitario’, contro il divieto ministeriale di trascrizione dei certificati di nascita dei bambini nati da maternità surrogata.

In effetti, aldilà del comune richiamo alla natalità ed al valore positivo dei figli, i due eventi hanno proposto, da una parte, il Santo Padre e la Presidente del Consiglio, entrambi di bianco vestiti, che hanno posto il contrasto alla denatalità come priorità assoluta; dall’altra, il Presidente emerito della Corte Costituzionale, Gustavo Zagrebelsky, intervistato dalla vicedirettrice de La Stampa, media partner ufficiale, Annalisa Cuzzocrea, invitare alla disobbedienza civile, «“mezzo giuridico previsto ed ammesso dalla Costituzione” (?!?): “vuol dire per i sindaci continuare a registrare i figli di queste coppie. Una persona registra, poi arriva l’intimazione delle autorità di governo che impongono la cancellazione dal registro di stato civile. Si impugna questo provvedimento e si va alla Corte Costituzionale … Si viola consapevolmente la legge, e poi nel processo si solleva la questione e si va alla Corte”» !!

Da un lato, la premier Giorgia Meloni, per la quale «la maternità non è in vendita, i figli non sono prodotti da banco. Vogliamo che non sia più scandaloso dire che siamo tutti nati da un uomo e da una donna, che non sia un tabù dire che la natalità non è in vendita, che l’utero non si affitta e i figli non sono prodotti da banco, che puoi scegliere e poi magari restituire».

Dall’altro, a Torino la giornalista, Donatella Stasio, fino a qualche mese fa responsabile della comunicazione della Consulta, la quale, invocando la Costituzione vivente ed il diritto europeo della Corte di Strasburgo, denuncia «il perfetto esempio di slealtà istituzionale e di analfabetismo costituzionale» del governo, che «sbaglia  nel pensare che il nostro sistema di valori costituzionali non contempli un “diritto d’amore” come quello riconosciuto da una storica sentenza della Corte suprema federale indiana, che nel 2018 dichiarò incompatbile con la Costituzione la criminalizzazione dei rapporti omosessuali (…) La stessa prospettiva si trova nella nostra Costituzione, che, pur senza menzionare il “diritto d’amore”, riconosce il diritto fondamentale a sviluppare la propria personalità nell’ambito di relazioni affettive al riparo da ingerenze indebite dello Stato, senza che la legge possa indicare un unico modello di relazione al quale attenersi.  Allo stesso modo, riconosce la genitorialità “sociale” quando vi siano legami affettivi stabili con chi ha svolto, concretamente e a prescindere da vincoli biologici, la funzione di genitore, prendendosi cura del bambino. Per la Costituzione, quindi, la famiglia non è più soltanto quella “naturale” di 70 anni fa fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna, ma è una comunità di affetti e di cura …. Il Governo ne prenda atto» (La Stampa, 13.5.2023).

Se questo è il quadro dialettico, sia consentito sommessamente ricordare:

  • che la Costituzione, all’art. 29, ancora recita che «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», istituto giuridico tuttora fondato sull’unione riconosciuta fra un uomo ed una donna;
  • che la Corte Costituzionale, con la sentenza n° 230/2020, ha affermato che «l’art. 30 Cost. non pone una nozione di famiglia inscindibilmente correlata alla presenza di figli; la libertà e volontarietà dell’atto che consente di diventare genitori non implica che possa esplicarsi senza limiti, poiché deve essere bilanciata con altri interessi costituzionalmente protetti, particolarmente quando si discuta della scelta di ricorrere a tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA), le quali, alterando le dinamiche naturalistiche del processo di generazione degli individui, aprono scenari affatto innovativi rispetto ai paradigmi della genitorialità e della famiglia storicamente radicati nella cultura sociale, attorno ai quali è evidentemente costruita la disciplina degli artt. 29, 30 e 31 Cost., suscitando inevitabilmente, con ciò, delicati interrogativi di ordine etico»;
  • che la Corte di Cassazione, in adesione a tale indirizzo della giurisprudenza costituzionale, ha affermato, con la propria sentenza a sezioni unite del 30.12.2022 n° 38162, che la GPA – Gestazione Per Altri, meglio nota come pratica dell’utero in affitto, «quali che siano le modalità della condotta e gli scopi perseguiti offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane per cui ciò esclude l’automatica trascrizione del provvedimento giudiziario straniero e, a fortiori, dell’originario atto di nascita nel quale sia indicato quale genitore del bambino il genitore d’intenzione, oltre al padre biologico», così riconoscendo il carattere di norma di ordine pubblico internazionale all’articolo 12, comma 6, della legge 19 febbraio 2004, n. 40, che considera fattispecie di reato ogni forma di maternità surrogata, con sanzione rivolta a tutti i soggetti coinvolti, compresi i genitori intenzionali;
  • che la Corte europea di Strasburgo ha riconosciuto la giurisdizione esclusiva dei singoli Stati membri e la legittimazione dei singoli Parlamenti nazionali a legiferare in materia di filiazione e genitorialità, unicamente pretendendo che consentano al minore, figlio di coppia omogenitoriale, il rilascio di un attestato anagrafico «al fine di consentirgli di circolare e soggiornare liberamente nell’Unione con i suoi genitori».

In realtà, ai sindaci partecipanti alla manifestazione di Torino appare chiara la impraticabilità di perseguire il disegno, tutto ideologico, di scardinare la nozione tradizionale della famiglia, surrettiziamente attraverso la pretesa di registrare i certificati di nascita di figlio di cittadino italiano che abbia visto riconoscersi la genitorialità in uno Stato estero dove la maternità surrogata non è prevista come reato -come fa la legge italiana-, a mezzo del ricorso alla giurisprudenza creatrice delle Corti, come normalmente è invece avvenuto negli ultimi decenni per i cd. ‘nuovi diritti’.

Essi, infatti, rispondono negativamente all’invito alla ‘disobbedienza civile’ e, piuttosto, invocano, come fa anche il direttore de La Stampa, Massimo Giannini, l’intervento no partisan del Parlamento, «una battaglia che non rientra sotto nessuna bandiera di partito», perché «non c’è niente da tollerare, di fronte alla normalità dell’amore in tutte le sue forme e le sue espressioni».

Ebbene, se, del tutto condivisibilmente, la materia è di competenza del legislatore e questi si esprime attraverso i rappresentanti del popolo liberamente eletto, è omofobica – come sostiene Lepore, il sindaco di Bologna – la maggioranza degli italiani che, per il tramite del governo espressione della stessa, continua a ritenere che la tutela della dignità della donna non possa confliggere con la tutela dei figli delle coppie omogenitoriali?

E, soprattutto, in che cosa consiste la maggiore tutela di questi ultimi, ai quali vengono ordinariamente garantiti tutti i diritti propri del loro essere figli, tra cui anche il possibile ricorso alla stepchild adoption, indicata dalla Corte di Cassazione come strumento per il riconoscimento del legame del figlio omogenitoriale con il genitore non biologico?

Pensare di combattere la denatalità favorendo la maternità per le coppie composte da un uomo e da una donna, piuttosto che a mezzo dei figli nati all’estero da pratiche ritenute turpi per il senso comune dell’ordine pubblico nazionale, significa che «le donne sono considerate strumenti per la fertilità del Paese e per la battaglia demografica» (sempre Lepore, che invita a continuare «a combattere questa battaglia contro il destino oscuro e oscurantista verso il quale ci vuole spingere il governo di Giorgia Meloni»)?

Quale maternità tutelare? Come proteggere i bambini dai desideri egoistici degli adulti? Quale battaglia combattere?

Fonte: Renato Veneruso | AlleanzaCattolica.org

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