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Ucraina. Guerra giorno 404: attentati e avanzate, ma i veri numeri dicono molto di più

Giallo sull’uccisione del blogger ultranazionalista a San Pietroburgo. Bakhmut rimane contesa. In un mese di feroci combattimenti, Mosca ha conquistato 70 kmq, con un costo enorme in soldati e mezzi.

La guerra in Ucraina è arrivata al giorno 404, con gli echi dell’attentato di domenica 2 aprile a San Pietroburgo e la battaglia per Bakhmut, che ancora non sembra aggiudicata, malgrado i proclami di vittoria russa che arrivano dalla città del Donetsk. A contestualizzare i singoli episodi arriva, tuttavia, un dato significativo sui combattimenti di marzo. In un intero mese, le forze di Mosca hanno aumentato l’area di territorio controllata nel Paese aggredito di circa 70 chilometri quadrati, con un aumento dello 0,01% dalla fine di febbraio. Poco più di un’inezia al prezzo di migliaia di soldati uccisi e di centinaia di missili e droni sparati sulle città e le infrastrutture. Se quindi il segretario generale della Nato afferma adesso che il conflitto sarà ancora molto lungo, i numeri sul campo sembrano dargli purtroppo ragione. In totale, è attualmente sotto controllo degli invasori il 16,68% della nazione sotto attacco.

Assume pertanto valore soprattutto politico la controversia sull’omicidio del blogger russo Maxim Fomim, alias Vladlen Tatarsky, propagandista della guerra benché di origine ucraina. La Russia ha accusato Kiev di aver organizzato l’attentato in un caffè di San Pietroburgo e ha arrestato una donna russa, Darya Trepova, che, in un video della polizia, ammette di aver piazzato la bomba che ha anche ferito oltre 30 persone. L’Ucraina ha negato responsabilità e ha indicato la matrice nel “terrorismo interno”. La 26enne avrebbe confessato, ma alcuni media locali hanno riportato notizie non confermate secondo le quali la giovane avrebbe detto agli investigatori di essere stata incastrata e di non sapere di avere con sé una bomba.

L’uccisione di Tatarsky è la seconda in territorio russo di una figura strettamente legata al conflitto in Ucraina, dopo l’autobomba che provocò la morte di Darya Dugina, figlia dell’ideologo nazionalista Alexandr Dugin, avvenuta l’estate scorsa fuori Mosca. Anche in quella circostanza Mosca aveva indicato agenti ucraini come esecutori e Kiev negò il proprio coinvolgimento. Con oltre 500.000 follower su Telegram, Tatarsky – che in passato ha combattuto in Ucraina – mescolava messaggi ultranazionalisti con critiche al modo in cui Mosca sta portando avanti l’”operazione militare speciale”. L’anno scorso parlò della necessità di “uccidere tutti” e “derubare tutti” affinché la Russia potesse ottenere la vittoria.

Secondo il Comitato nazionale antiterrorismo russo, i servizi segreti ucraini hanno compiuto l’attacco con l’aiuto dei sostenitori dell’oppositore del Cremlino Alexei Navalny (attualmente in carcere), al quale Trepova sarebbe vicina. Ma i collaboratori del dissidente hanno respinto l’accusa, affermando che è più probabile che dietro l’omicidio ci siano i servizi segreti russi. Amici e familiari della donna messa in custodia affermano che, pur essendo un’attivista contro la guerra, le sue opinioni non sono radicali e non sarebbe capace di uccidere. Il marito Dmitry Rylov, membro del piccolo Partito Libertario, ha dichiarato che potrebbe essere stata ingannata. Anche un amico di Trepova, Dmitry Kasintsev, sarebbe stato arrestato nelle ultime ore.

Tuttavia, l’assassinio di Fomin in un locale di proprietà di Yevgeny Prigozhin, capo del gruppo Wagner, potrebbe rivelare ulteriori fratture all’interno del Cremlino e della sua cerchia ristretta. Analisti americani definiscono “strana” la dichiarazione di Prigozhin secondo il quale responsabile del delitto sarebbe un gruppo di radicali russi. Si potrebbe trattare, si dice, di “un tentativo di intimidire altri blogger militari affiliati a Wagner”. Non solo: “È possibile che i funzionari russi intendano usare l’assassinio di Fomin per imporre un’autocensura della società civile russa che mette in discussione nei bar i progressi della guerra”. In questa prospettiva, le ripetute critiche ai generali e ai vertici politici, da parte dell’ala più radicale e bellicista, per gli scarsi risultati ottenuti al fronte potrebbe avere innescato un’operazione da addebitare al “nemico” o all’opposizione democratica a Putin (leggi: Navalny).

Nelle stesse ore, Prigozhin è stato protagonista anche per quanto concerne i combattimenti. Il capo della Wagner ha annunciato infatti di aver issato una bandiera russa sul municipio di Bakhmut. Tuttavia, ha ammesso che le forze ucraine sono ancora concentrate nei distretti occidentali. Lo Stato Maggiore ucraino ha subito ribadito che il suo esercito tiene ancora la città: “I difensori stanno coraggiosamente respingendo numerosi attacchi”. E il capo di gabinetto del presidente Zelensky, Andriy Yermak, ha esortato la popolazione a “mantenere la calma davanti alle falsità di coloro che inventano una ‘vittoria’ inesistente”.

I comandanti russi sperano ancora che la conquista di Bakhmut possa essere un trampolino per una ulteriore avanzata, mentre le forze ucraine sono attese al lancio di una nuova offensiva nelle prossime settimane. Piani per un attacco in grande stile alla Crimea occupata da Mosca sono trapelati nelle ultime ore, ma sembra difficile che possano essere una vera anticipazione della strategia in preparazione a Kiev. Armi e mezzi dalla Nato stanno affluendo, in questi giorni anche i Mig 29 dalla Polonia. Resta però da capire come evolverà il conflitto nelle prossime settimane.

Se nessuno dei due contendenti si dimostrasse capace di dare una spallata, potrebbero aprirsi spazi per la diplomazia che a breve vedrà l’incontro a Pechino tra Xi Jingpin, Macron e von der Layen, con l’America alla finestra ma con Biden interessato a non avere una situazione incancrenita all’infiammarsi della situazione politica negli Stati Uniti, per il processo a Trump e l’avvicinarsi delle elezioni.

Fonte: Andrea LAVAZZA | Avvenire.it

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