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L’utero in affitto. Una nuova forma di sfruttamento del corpo femminile

Giorgia Meloni ha giustamente definito l’utero in affitto una nuova forma di sfruttamento del corpo femminile. E dunque apriti cielo! Ma davvero siamo diventati così ciechi e ottusi che ciò che dice la presidente del Consiglio, solo perché lo dice lei, è da considerarsi inammissibile, quasi delittuoso? Davvero non siamo più capaci di ragionare con libertà e logica, senza condizionamenti ideologici? E non viene in mente ai molti che sostengono queste teorie e si affrettano seduta stante a mettere sotto accusa Meloni solo perché lei non le condivide, non viene in mente che la gente l’ha votata forse anche perché sa che le femmine sono diverse dai maschi, sa che nessuna donna ricca ha mai offerto né tanto meno venduto il suo utero per “aiutare” una coppia sterile, ed è convinta che è meglio avere una mamma e un papà piuttosto che un solo genitore o due dello stesso sesso?

L’intervista è stata rilasciata, del resto, in occasione dell’8 marzo, festa della donna. Forse sostenere che sono battaglie femministe le ideologie gender e l’incoraggiamento al cambiamento di sesso nei giovanissimi non trova conferma nella realtà. Se si prendono in esame le statistiche sui cambiamenti di sesso avvenute fra i giovani negli ultimi anni nei Paesi dove a questo passaggio è assicurata l’assistenza statale, infatti un dato balza subito all’attenzione: sono molto superiori i passaggi da femmina a maschio che il contrario. Una evidente sconfitta del femminismo, bisogna ammettere.

Anche io, ormai tantissimi anni fa, da ragazzina avrei voluto essere un maschio: più libertà, più soldi in tasca, sicurezza di continuare gli studi anche se rimandati o bocciati, cosa che a me veniva invece negata. Dobbiamo ammetterlo: è ancora così dopo decenni di militanza femminista, dopo tante manifestazioni che esibivano cartelli con la scritta orgogliosa “donna è bello”. È cosi ancora adesso che le ragazze godono di tutta la libertà che vogliono, che nessuno osa più limitare loro gli studi o la paghetta, almeno fra le famiglie italiane.

Ma evidentemente ci sono ancora molte battaglie da combattere che tuttavia sono scomparse dai radar dei partiti, anche da quelli di sinistra che si fanno un punto d’onore nell’autoproclamarsi femministi: battaglie ad esempio, per l’estensione dell’apertura di asili nido e le scuole nei mesi estivi – quando le mamme lavorano – o per cancellare le differenze di salario fra donne e uomini nel privato, a parità di competenze e mansioni. E sono quelle più evidenti: se il servizio sanitario a una donna incinta di quattro mesi offre di fare l’ecografia otto mesi dopo, se una donna sola e povera che si ritrova incinta non può che abortire per mancanza di aiuto, se non si fa nulla per arginare una pornografia indirizzata ai maschi in cui le donne sono rappresentate sottomesse e perfino malmenate, si può ben capire come una ragazza sogni ancora di essere un maschio.

Forse però, prima di pensare a darle una cura ormonale – che ne danneggerà la salute – o addirittura di sottoporla a una operazione per cancellare i seni, bisognerebbe indurre quella ragazza a riflettere su quale è il destino che le sta davanti. Certo un maschio non lo sarà mai perché, nonostante ogni ideologia che rinnega l’esistenza di una differenza biologica, questa è iscritta nei corpi e non si può né negare né ricostruire: per dirla con chiarezza, pene e utero non si possono trapiantare. Certo, potranno mescolarsi ai maschi nella vita di ogni giorno, quindi goderne i privilegi e magari vedere confermata la potenza maschile dalla quotidiana visione di uomini – cioè di coppie di maschi omosessuali – che possono aspirare ad avere un figlio con i gameti di uno di loro affittando l’utero di una donna povera, che poi sparirà dalla loro vita.

Molte femministe se ne sono accorte, molte donne di sinistra – specie fuori del nostro paese – combattono perché questa nuova forma di sfruttamento del corpo femminile anziché ammessa venga invece sanzionata dalla legge. Se ne sono accorte ma a loro rischio e pericolo, dal momento che corrono il rischio dell’accusa infamante di omofobia. È per l’appunto ciò che sta accadendo a Giorgia Meloni.

Fonte: Lucetta SCARAFIA | LaStampa.it

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