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14 febbraio. Valentino, il Santo senza Volto. Ecco perché (e come) lo si celebra

Valentino di Terni è il Santo senza Volto: il più festeggiato e al tempo stesso il più misterioso. La doppia tomba, quella romana e quella ternana, dà origine a un duplice culto

Uno, nessuno e centomila. Valentino di Terni è il Santo senza Volto: il più festeggiato e al tempo stesso il più misterioso.
Venerato sia dai cattolici che dagli ortodossi e dagli anglicani come martire, taumaturgo e in qualche caso protettore degli animali, degli agrumeti e degli epilettici, come laicissimo patrono degli innamorati ha ispirato poesie, canzoni, cartoline e milioni di lettere d’amore. E poi tanti cioccolatini, fiori e cene a lume di candela.
Eppure di lui si sa poco o nulla: poco tra i devoti che lo celebrano come patrono, nulla tra chi si limita a celebrarne la festa.
Di fatto l’unica certezza che abbiamo su san Valentino sta nel nome e nella data che lo ricorda. Tutto della sua vita – l’elezione a vescovo a soli 27 anni, la morte a 98, fino all’abitudine di regalare rose ai fidanzati – viene tramandato da leggende successive al 1600 e nate negli ambienti più disparati.
Ciò che sappiamo di sicuro è infatti solo che si chiamava Valentino e che è morto decapitato il 14 febbraio, mentre l’anno – a seconda delle tradizioni – oscilla tra il 269 e il 347.
Il suo profilo rimane sfuggente, nonostante la vastissima iconografia. E se i suoi tratti sono stati perduti nel primissimo dipinto che lo ritrae, nella chiesa di Santa Maria Antiqua a Roma, oggi senza volto lo raffigurano artisti come Felice Fatati, Mark Kostabi, Gabriella Compagnone e Valentino Maltese nelle opere in mostra fino al 12 marzo al Cenacolo San Marco di Terni, dove si possono ammirare anche dipinti realizzati da un programma di intelligenza artificiale e una ricostruzione digitale dell’affresco romano realizzata da Ilaria Carocci per il libro San Valentino. Il profilo e l’immagine.
La testimonianza più antica su san Valentino è contenuta nel Martirologio geronimiano scritto nel V secolo, che riporta la memoria del 14 febbraio presso la comunità cristiana di Terni.
Sulla sua tomba già nel IV secolo era stata costruita una chiesa, distrutta e ricostruita quattro volte e poi abbandonata fino a quando, nel 1605, il vescovo Giovanni Antonio Onorati non promuove un’avventurosa campagna di scavi per riportare alla luce le ossa
. Nel frattempo, un secolo dopo la primissima citazione di Valentino del Martirologio, nella Passione di Maris, Marta, Audiface e Abacuc viene raccontata la storia di un prete di Roma che guarisce dalla cecità la figlia del principe Asterio e battezza lei, il padre e tutti i membri della famiglia, trovando la morte il 14 febbraio sulla via Flaminia, durante l’impero di Claudio II, e cioè tra il 268 e il 270.
Il martire viene sepolto in quella che diventerà poi la Catacomba di San Valentino, al secondo miglio della Flaminia, sulla quale verranno edificati anche una chiesa e un monastero. La ossa del santo, tuttavia, verranno traslate nel IX secolo nella basilica di Santa Prassede.
Il testo più importante riguardo alla vita di san Valentino arriva invece intorno al 725 ed è la Passio Sancti Valentini, che racconta la storia dell’oratore Cratone, il cui figlio soffre di una gravissima malattia alle ossa; un amico gli consiglia di rivolgersi a Valentino, cittadino e vescovo di Terni, che guarisce il ragazzo e converte al cristianesimo Cratone e tutti i suoi allievi, tra i quali figura anche il figlio del prefetto Furio Placido, che fa decapitare il vescovo il 14 febbraio al 68° miglio della via Flaminia. Il corpo viene recuperato da tre discepoli e sepolto in un cimitero fuori le mura di Terni, dove sorgerà poco dopo la basilica a lui intitolata. Dal racconto, tuttavia, è assente sia la data del martirio, sia qualunque riferimento che possa aiutare a collocarla.
La doppia tomba — quella romana e quella ternana — dà origine a un duplice culto e a un dibattito sulla reale identità del santo. Gli storici hanno formulato ipotesi diverse per risolvere l’enigma: tra le molte quella più comunemente accettata ritiene che si tratti dello stesso personaggio il cui culto si è sviluppato in modo diverso nelle due città alle quali il santo era legato. Più recentemente Edoardo D’Angelo, analizzando il testo della Passio e comparandolo con documenti storici, ha ipotizzato uno spostamento della data di morte del vescovo di Terni di almeno un secolo. Valentino non sarebbe stato dunque giustiziato nel corso di una persecuzione, ma ucciso in un agguato in un’epoca in cui il cristianesimo era già stato legalizzato ma non era ancora religione di Stato.


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e a un dibattito sulla reale identità del santo


Ricostruire con certezza l’identità del santo, quindi, è quasi impossibile, tanto più che a creare maggior confusione c’è l’ampia diffusione del nome Valentino tra la tarda antichità e l’alto medioevo. Basti pensare che Valentino è anche il nome di un eretico contro cui Tertulliano scrive un libro, di altri cinque martiri tutti morti nel 305 — di cui due a Ravenna! — di un altro martire, di un vescovo di Genova, di un altro vescovo in Germania e di un altro ancora il cui teschio è custodito nella basilica di Santa Maria in Cosmedin a Roma. Ci sono poi almeno altri cinque santi e un papa con questo nome.
Tra i due litiganti, comunque, quello che non gode di sicuro è il terzo, e cioè il san Valentino di Genova: il vero convitato di pietra alla festa degli innamorati.
Il luogo comune riconduce le origini del Valentine’s Day ai Lupercali romani, rituali animaleschi e promiscui dedicati alla fertilità che si celebravano tra il 13 e il 15 febbraio e che papa Gelasio avrebbe cristianizzato nel 496 istituendo la festa di San Valentino. La verità, però, è che Gelasio ha effettivamente abolito definitivamente i Lupercali, giudicati profondamente immorali, ma non li ha affatto sostituiti con una solennità cristiana.
L’origine più probabile della festa degli innamorati ha invece radici più letterarie che religiose: il primo ad associare il santo all’amore romantico è infatti Geoffrey Chaucer, vissuto tra il 1343 e il 1400, che cita in tre sue opere la festa di San Valentino come il giorno in cui gli uccelli si accoppiano. Accoppiamento che avviene però in primavera e non certo in pieno inverno: il san Valentino a cui il padre della letteratura inglese fa riferimento è infatti il vescovo di Genova, la cui memoria viene celebrata il 2 maggio.
Passano solo pochi decenni, però, e già nel 1391 John Clanwowe anticipa la festa degli innamorati al 14 febbraio. La confusione delle date nasce dal fatto che il san Valentino di Terni è molto più importante e venerato di quello di Genova e proprio grazie alla sua celebrità riesce a strappare al collega ligure il titolo che lo renderà ben più famoso, ma assai sfuggente.
Non a caso, nel corso del medioevo decine di città in tutto il mondo hanno iniziato a rivendicare le reliquie di San Valentino: tra queste Sasso Corvaro in provincia di Urbino, Sadali in Sardegna, Vico del Gargano in Puglia, Abriola in provincia di Potenza, Dublino in Irlanda, e ancora Mosca in Russia e Roquemaure in Francia. Il culto di Valentino è poi particolarmente presente in Polonia, dove troviamo una suggestiva ballata medievale e reliquie in molte città tra cui Lublino, Cracovia e Czestochowa. In Germania e Austria il culto di san Valentino è particolarmente diffuso, ma anche in questo caso siamo in presenza di un equivoco: la figura del martire ternano si è confusa infatti con quella di un vescovo fiammingo, patrono di Passavia, celebrato il 7 gennaio.
Particolarmente interessante è il caso di Bussolengo, in provincia di Verona, di cui è patrono. Qui si trova una chiesa edificata nel Medioevo con ben tre cicli di affreschi sulla vita di Valentino, oltre che statue e numerosi dipinti. Sono proprio gli affreschi di Bussolengo a testimoniare il fatto che nel Medioevo san Valentino è già conosciuto e venerato in tutta Europa, ma non ha ancora nessun legame con gli innamorati: i cicli presenti nella chiesa, infatti, ne raccontano la passione e il martirio senza alcun riferimento a matrimoni celebrati dal vescovo. Riferimenti di cui avremo tracce, invece, a partire dal XVII secolo e in ambiente anglosassone. Parte quindi dall’Inghilterra la fama di san Valentino come patrono degli innamorati, tanto che William Shakespeare cita la festa dell’amore nel 1595 in Sogno di una notte di mezza estate e nel 1602 nell’Amleto.
Quanto alle leggende, si formano negli ambienti e nelle epoche più disparate: quella secondo cui avrebbe donato una rosa a una coppia di fidanzati che litigavano viene creata nel Seicento e immortalata nel 1993 anche nella vetrata della basilica ternana mentre la tragica vicenda dell’amore tra il soldato pagano Sabino e la cristiana Serapia nasce nel Novecento, dopo il ritrovamento di due scheletri abbracciati nella necropoli delle acciaierie di Terni.
Nata dunque in Inghilterra, la festa degli innamorati si diffonde in modo particolare in America (dove la parola “valentino” diventa sinonimo di biglietto di amore o di innamorato) ma anche in Giappone, dove viene imposta a partire dal 1958 da un’azienda di cioccolato, spogliata del romanticismo ma regolamentata in modo dettagliato come rituale tra gli adolescenti.
E se a Bussolengo, a partire dal 2016, il Comune ha impostato sulla “Rosa di San Valentino” un vero e proprio progetto di marketing territoriale, con una serie di prodotti commerciali a tema e “Panchine degli innamorati” in città e in parchi, la città di Terni, oltre a celebrare la “Festa della promessa” (che vede protagonisti i fidanzati che si sposeranno entro l’anno) ha cercato di elevare Valentino a custode dell’amore nell’accezione più ampia, quindi anche della solidarietà e della pace, istituendo un premio a suo nome assegnato, tra gli altri, a Madre Teresa di Calcutta, Michail Gorbaciov, David Grossman e Ibrahim Faltas.

Una forzatura? Non si direbbe, considerato che già nel 1415 il libro La ricomposizione della città di Norwich narrava la pacificazione delle discordie interne alla città per intercessione di san Valentino.
D’altra parte anche il ruolo di custode dei matrimonio è tutt’altro che fuori luogo se si considera che tra le poche certezze che abbiamo sulla vita di Valentino è che fosse sposato (come, a quei tempi, tutti i preti e i vescovi) e che ha donato la sua vita per la fede e per gli altri. Perdendo letteralmente la testa per amore.

Fonte: Arnaldo CASALI |  Avvenire.it

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