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La Croce e una Cristianità

Siamo capaci di custodire e alimentare il sogno «di una società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio», come diceva san Giovanni Paolo II, pur consapevoli che non «siamo nella cristianità, non più», come ha detto Papa Francesco?

Nella cappella dove Alleanza Cattolica organizza a Milano l’ora di adorazione c’è un grande crocifisso sull’altare, veramente imponente, sotto il quale viene esposto il SS. Sacramento.

Ogni volta che lo guardo mi chiedo come da una sconfitta umana così totale sia potuto nascere un mondo nel quale sono disseminate milioni di chiese, dentro ognuna delle quali c’è la presenza reale di quel Cristo sconfitto: e basta abbassare lo sguardo dal grande Crocifisso per vedere l’Ostia consacrata e incontrare in essa il trionfo di Cristo, la Sua vittoria sulla morte e sul peccato e la presenza reale con la quale accompagna la Chiesa nella storia.

Perché mi è venuta in mente questa considerazione? Perché è dalla Croce che è nata la civiltà cristiana, frutto di quell’evangelizzazione che oggi rende presente realmente il Cristo vittorioso nelle tante chiese del mondo.

Oggi in Italia, e in genere in Occidente, la Chiesa vive più che in altre epoche l’esperienza della Croce, anche se non lo sa, o meglio non lo vuole ammettere. La Croce non è soltanto la persecuzione, subita ovunque nel mondo non vi sia il diritto alla libertà religiosa, come in tutti i Paesi fondamentalisti non solo islamici ma anche ortodossi o induisti, oppure dove è rimasto al potere un partito comunista, come in Cina. La Chiesa vive l’esperienza della Croce anche in tutti quei Paesi occidentali dove la cultura dominante o la Cancel culture tendono a rendere insignificante il cristianesimo, relegandolo nella sfera del privato, spesso senza che gli stessi cattolici se ne rendano conto.

E’ una Croce pesante da portare per chi, invece, se ne accorge: alla lotta alla mentalità mondana si affianca la consapevolezza di come il potere culturale, prima ancora di quello politico, ricorra ai cattolici soltanto quando ci sono da affrontare delle sofferenze dovute alla guerra o alla povertà, ma si guardi bene dal concedere loro spazio quando sono in gioco i fondamentali del bene comune, come i famosi “principi non negoziabili”. Nella storia italiana i cattolici hanno cominciato a essere subalterni quando hanno smesso di credere nella possibilità di ricostruire una civiltà cristiana, una cristianità, parola che ancora oggi suscita il rifiuto anche all’interno del mondo cattolico, prima ancora che all’esterno.

Ho detto credere nella possibilità, perché mi rendo conto di come oggi i cattolici siano diventati talmente minoritari da non potere intravvedere la possibilità concreta, a breve termine, di nessuna cristianità. Ma il problema sta nel cuore, prima che nei numeri o nei tempi: se si desidera con tutto il cuore una cosa, si potrà non ottenerla, ma scordarla mai. Oggi molti cattolici hanno smesso di desiderare una civiltà che aiuti gli uomini a salvarsi e a santificarsi, a vivere meglio la loro vita temporale, a essere aiutati e non ostacolati dalle leggi, dal costume, dalle istituzioni. Avvenne così nella storia italiana con il cattolicesimo liberale, con il clerico-fascismo, con i cristiani per il socialismo, oggi con i cattolici che sono stati favorevoli alle unioni civili, che non si oppongono alla legge in discussione sul suicidio assistito. Per questi cattolici la cristianità è un ideale perduto, irraggiungibile, come scriveva Pietro Scoppola nel suo saggio La nuova cristianità perduta, e quindi bisogna rassegnarsi a vivere in un mondo lontano e ostile ai principi cristiani, senza alcuna intenzione di cambiarlo.

E ritorno al Crocifisso. Cristo è una Persona, come il Padre e lo Spirito Santo. La sua umanità è stata sconfitta perché non ha accettato compromessi col potere, che lo voleva fare re di questo mondo, quando Lui predicava la conversione e non la ricerca del potere, ricordando che il Suo Regno si sarebbe realizzato nell’eternità. Avrebbe potuto contrattare. Ha preferito testimoniare fino alla morte. Ma con quella morte ha vinto per sempre, ed eccolo presente nelle chiese di tutto il mondo.

Il Suo sacrificio ha cambiato anche la storia, ricordando che ci sono dei principi che non dipendono da nessun potere perché sono intrinseci alla dignità di ogni uomo. Dal sacrificio del Figlio di Dio, nel corso dei secoli, è nato un mondo cristiano, non certamente perfetto, ma in grado di aiutare gli uomini a distinguere il bene dal male, il vero dal falso. Quel mondo cristiano può essere ricostruito, perché la Croce rimane feconda. Naturalmente se qualcuno continua a credere.

Credere è importante, ma è solo il punto di partenza. Poi bisogna entrare in relazione con quel Crocifisso, che appunto è una Persona. Spesso un errore che viene commesso da molti cristiani, i più sensibili al richiamo della cristianità, è quello di pensare che la ricostruzione passi attraverso la conquista del potere politico. E’ il progetto di chi ha pensato di conquistare lo Stato, prima quello fascista poi quello democratico, semplicemente occupandolo con una classe dirigente composta da cattolici. Non è andata bene, in nessun caso, perché il regime fascista è andato per la sua strada, culminando nella tragedia delle leggi razziali e dell’ingresso in guerra, mentre i governi democristiani non hanno saputo o voluto opporsi al processo di scristianizzazione della società, avvenuto nonostante il potere democristiano e spesso con la sua complicità.

L’ideale della rinascita della cristianità perduta è stato per molti decenni il “sogno” del movimento cattolico in Italia, fedele all’insegnamento dei Papi, in primis Leone XIII con il suo progetto di ricostruzione a tutti i livelli. Poi, nel Novecento, l’incombere degli eventi negativi, dalla diffusione del modernismo alla Prima guerra mondiale, dal conflitto fra le diverse ideologie fino alle ambiguità del sistema democristiano e al pericolo “rosso”, hanno spostato sempre più ai margini il “sogno” di una cristianità. Non solo, ma un pensiero avverso, anche interno alla Chiesa, ha cominciato a criticarlo in nome del rifiuto della scelta “costantiniana” della Chiesa in Occidente. E così, mentre avanzava velocemente il processo di scristianizzazione delle persone, non solo delle istituzioni, di cristianità si è smesso di parlare, se non male.

Dobbiamo essere uomini che amano la realtà e vogliono “ritornare al reale”, come scriveva Gustave Thibon (1903-2001), piuttosto che vagheggiare sogni irrealizzabili al momento, che ci porterebbero fuori dalla realtà quotidiana. Dobbiamo mantenere viva la memoria di una società cristiana che non c’è più, ma è esistita ed esiste nei monumenti, nelle testimonianze dei santi, nelle opere d’arte. Oggi abbiamo a disposizione un libro, frutto di interventi di singoli cultori della materia, che ci può aiutare a mantenere viva questa memoria, a ricordare quella civiltà che non c’è più, ma che potrà rinascere, diversa da quella esistita, ma fondata sugli stessi presupposti: Storia della cristianità occidentale, premessa di Alberto Torresani, D’Ettoris, Crotone 2022.

La rinascita di una società comincia da chi ci crede, dal basso, dalle relazioni fra gli uomini e fra le famiglie che costruiscono ambienti e poi, soltanto dopo, si affacciano alla sfera politica con l’ambizione di governare la società. E la relazione fondamentale da cui può sorgere il resto è quella con il Crocifisso, il Signore dei cuori e delle nazioni.

Fonte: Marco INVERNIZZI | AlleanzaCattolica.org

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