Sopra La Notizia

Rosa, 18 anni: “durante l’Adorazione ho sentito che Gesù era vivo”

La nostra intervista a Rosa Evangelista studentessa dell’ultimo anno di liceo e autrice. “Tutto è cambiato durante un’Adorazione: Gesù vivo nell’Eucaristia mi sosteneva, era come un muro dove potevo schiantarmi che non crollava e mi reggeva”.

ROSA EVANGELISTA

Ieri pomeriggio ho avuto il piacere di intervistare al telefono Rosa Evangelista, una ragazza giovanissima, autrice de I santi hanno un cuore selvaggio pubblicato da Berica editrice nella collana UomoVivo. Zibaldino spirituale di una 18enne, recita il sottotitolo. Prefazione di Emanuele Fant.

Questo libretto così luminoso, me lo sono letto durante una corsa in metro, il signore seduto accanto a me ogni tanto sbirciava il mio pc per capire cosa mi tenesse così compagnia. Fosse stato cartaceo glielo avrei regalato il libro di Rosa. Devo confessare che una delle prime cose che ho pensato dopo aver terminato di leggerlo è stato: lo terrò al caldo per quando saranno cresciute le mie bambine.

Rosa al telefono mi ha raccontato tante cose. Il tutto sempre con schiettezza e alternando un tono normale, vispo, scanzonato, ad uno esplosivo. Ha un modo di parlare che pare non voglia dirti nulla di importante e invece tira fuori il mondo tutto insieme. Come quegli aspiranti cantanti ai provini dei talent che li vedi lì troppo tranquilli, mezzi buffi, “scaciati” (dimessi NdR.) e poi quando parte la musica ti fermi ad ascoltarli e smetti di lavare i piatti.

Rosa Evangelista all’età di 16 anni ha studiato per otto mesi in America tramite una borsa di studio. Nello zibaldino dedica tre capitoletti a questa esperienza che ha segnato un prima e un dopo nella sua vita di adolescente e di credente. “Lì mi sono sentita come in un ritiro spirituale costante”.

Accostando la sua età alla stesura di un libro si può cadere nell’errore di credere di trovarsi di fronte una liceale noiosa. Tutt’altro. La simpatia è la sua cifra. La cosa che più ama dei santi è il loro essere sfrontati, dei veri spacconi, dei “coatti”. La “coattanza” del cristiano la chiama don Fabio Rosini. Rosa la definisce “muraticità”.

Kolbe, al suo assassino, disse anche: “Lei non ci ha capito niente della vita”, con quella disinvoltura e muraticità (neologismo) che io impazzisco, ho un debole. Che forza. C’è chi gioca una fiche per volta (io) e i santi che fanno gli all-in.

(pagina 108)

Rosa è un po’ coatta anche lei, quando le ho chiesto cosa sogna mi ha risposto: “Io voglio la libertà dei santi”. E poi li chiamano adolescenti confusi!

Ciao Rosa, ti va di presentarti?

Mi chiamo Rosa, ma in realtà nel registro della parrocchia mi chiamo anche Bakhita e Maria Teresa. Ai miei nomi di battesimo sono molto legata. Ho 18 anni che è un’età pazzesca, mi diverto tantissimo. Vado a scuola, mi piace leggere, stare un po’ in giro, uscire con gli amici, ballare. Mi piace il sole, andare in vacanza e in realtà mi sento un po’ spezzettata. Per questo mi piacciono i miei quattro nomi, perché tanti nomi tante cose. Nella mia famiglia gli onomastici sono come i compleanni, sono super sentiti. Quindi festeggio tutti gli onomastici: c’è la torta, c’è la festa. Porto le caramelle a scuola. Il giorno prima dico a tutti: “domani è il mio onomastico, ricordatevi!”. Sono di San Bartolomeo in Galdoin provincia di Benevento.

Ancora non so cosa voglio fare da grande, cambio scelta di università almeno una volta al giorno. Per mettermi a scrivere il libro ci è voluto il covid. Giuseppe Signorin (curatore della collana UomoVivo delle edizioni Berica NdR.) mi chiedeva: “hai scritto qualcosa?”. Io rispondevo: “sì sì, tranquillo, ho scritto delle cose, ho delle idee”. Ad un certo punto mi fa: “Rosa mi mandi le cose che hai scritto?”, erano tre righe. Il giorno dopo scopro di aver il covid. Era la Vigilia di Natale, e così ho scritto il libro, sotto “costrizione” divina.

La fede ti è stata trasmessa dalla tua famiglia?

Mia mamma si chiama Giovanna e fa la maestra, mio padre Carlo lavora da poco a Torino come geometra. Pensa che si sono conosciuti a un funerale. Sono molto legata alla mia famiglia, quella di origine ma anche ai miei parenti. Sono cresciuta con i miei cugini, con le mie zie, con i miei nonni. Ho due fratelli, Anna e Antonio, io sono la terza.

La mia famiglia è molto credente, ma io non sono mai stata obbligata a far niente, mi sono cresimata soltanto lo scorso anno, per dire. I miei sono cattolici normali, loro dicevano “noi andiamo in chiesa, se vuoi vieni”. Mi ricordo che l’estate andavamo in una comunità di frati e suore pazzesca, i miei sono sempre stati legati ad alcuni sacerdoti in particolare e quindi per osmosi abbiamo ereditato la fede. Come famiglia frequentiamo un convento di frati francescani, io faccio parte della Gi.Fra (Gioventù francescana). Mio padre è un diacono. Io per farti capire, non ho mai avuto amiche della parrocchia, a parte la messa la domenica, non sono mai stata una parrocchiana doc.

La mia è famiglia normale e disastrata come quella di tutti, però pure nei momenti un po’ più brutti o difficili c’è sempre stata la fede. Mi svegliavo e vedevo mia mamma che diceva le lodi con papà. E’ un’immagine che è sempre esistita nella mia vita. I miei genitori più che dirci le cose, vivevano la loro vita di fede e noi li guardavamo.

Mio fratello studia fisica a Roma e mia sorella Anna sta a Torino e vuole fare la musicista. Siamo molto legate, condividevamo la stessa stanza. L’ho scelta anche come madrina di cresima quando ho deciso di farla l’anno scorso. Non ho voluto prima perché sentivo di non credere ancora abbastanza. Siamo molto unite anche perché abbiamo condiviso tanto della nostra crescita nella fede. Lei leggeva libri cattolici e me li passava.

Con i miei fratelli abbiamo in comune la passione per la musica: Anna suona il corno francese, io il fagotto, mio fratello il sassofono. Il nostro padrino di Battesimo suona e ha fondato la banda del paese. (I miei genitori hanno scelto per tutti e tre la stessa madrina e lo stesso padrino). Lui ha voluto iniziarci alla musica, ci ha fatto questo regalo, ed io mi sono accodata ai miei fratelli.

Ci racconti della tua esperienza di studio in America?

In America c’è stata una svolta per me. Ho incontrato una realtà super bella che è stata quella della scuola che ho frequentato, dove sono finita diciamo per sbaglio. Io avrei dovuto frequentare una scuola pubblica, ma la parrocchia americana della famiglia che mi ospitava ha detto: dato che è cattolica le paghiamo noi la retta. E così tutti insieme, la parrocchia e la famiglia dove ero ospite hanno sostenuto le spese per farmi frequentare la scuola cattolica.

Quando ho fatto domanda per partire in viaggio studio mia sorella mi ha detto: “scrivi che sei cattolica che poi se capiti in una famiglia di musulmani come ci vai a messa, me lo spieghi?”. E così l’ho messo e avevo quasi paura, temevo mi prendesse una famiglia cattolica strana. E proprio per Provvidenza invece sono capitata in una realtà stupenda. Nella mia scuola c’erano due cappelle, si faceva Adorazione, i professori erano credenti, ogni mercoledì tutta la scuola andava a messa. Le persone erano veramente belle, i ragazzi erano bellissimi. Io avevo 16 anni e li vedevo alti, palestrati e che andavano in chiesa e non ci potevo credere. Mi sentivo in un ritiro spirituale costante.

A proposito di ritiro, nel libro ne racconti uno organizzato per i giovani in cui hai fatto esperienza dello Spirito Santo

Sì, un giorno la mia mamma ospitante mi fa: “guarda c’è un ritiro per i giovani della parrocchia, ti va di andare? Sono tre giorni fuori in sacco a pelo”. Io decido di andare anche se non conoscevo nessuno. C’era solo un prof della mia scuola che parlava, faceva tipo delle catechesi. Quel ritiro per me è stato meraviglioso, ho trovato delle amiche e tra poco una di loro viene a trovarmi in Italia. E’ stata un full immersion nella fede. Ero molto triste, molto giù, in crisi, abbattuta in quel periodo. Mi chiedevo che senso avesse la vita, ero piena di domande.

Quando siamo partiti per il ritiro vedevo queste ragazze belle, super brave, che mi volevano bene ed era in modo diverso da quello a cui ero abituata. Poi ci hanno portato a fare Adorazione, un’esperienza che avevo sfiorato da piccola ma che in America era molto sentita, si faceva spessissimo. E fare Adorazione lì, al ritiro, è stata un’esperienza unica. Ho pianto tantissimo, ho sentito davvero lo Spirito Santo, la presenza di Gesù vivo nell’Eucaristia che mi sosteneva. Era come un muro dove potevo schiantarmi che non crollava e mi reggeva. Mi sentivo tenuta anche fisicamente. Pensai: “Ce la posso fare. Non devo essere cattolica per questo o per quello, per essere gioiosa o altro, ma perché se Cristo è vivo nell’Eucaristia allora ne vale la pena”.

Questo è ciò che credo attualmente, io farei fare adorazione sempre e ovunque. Perché si vuole salvare la Chiesa facendo questo o quello ma la Chiesa potrebbe chiudere anche adesso se non ci fosse l’Eucaristia. Dell’animazione, delle canzoncine, del dare speranze, del fare i carini, non me ne frega niente sinceramente.

Se la questione è essere allegra, posso ubriacarmi, drogarmi. In quel ritiro io ho fatto esperienza dello Spirito Santo, me lo sentivo nel corpo. Ricordo che potevi chiedere alle persone di pregare su di te. Io l’ho chiesto al mio prof e non so spiegare come mi sono sentita. Mi ha messo le mani sulle spalle e ha recitato una lunga preghiera per me, invocando lo Spirito Santo. Io veramente ho sentito una forza, una potenza incredibile. L’Eucarestia, Dio vivo, era un sostengo così forte sul quale potevo infrangermi senza rompermi. Mi sentivo presa, tipo: “stai sicura che ti tengo”. Ho vissuto un rapporto personale con Gesù. E lì è cambiato tutto.

Il corso di “Vocazione cristiana” che nello zibaldino chiami “corso per imparare a fidanzarsi” ti ha aperto gli occhi. Perché?

Il corso per imparare a vivere il fidanzamento mi ha donato tanto. Ancora mando mail alla mia prof per dirle che è tutto vero quello che mi ha detto. Lei era possentissima, una donnona che urlava e ci scuoteva con le sue domande, con le sue affermazioni. Era un corso all’interno della didattica, abbiamo fatto un semestre teologia sociale e un semestre teologia del corpo. E’ stato fortissimo. In America il fidanzamento tra ragazzi cattolici è preso molto sul serio, con una grande consapevolezza. Al corso per fidanzati la prof ci ripeteva continuamente che Dio non è stupido ma che noi uomini siamo stupidi, non capiamo come ci ha fatti.

Ci diceva che il piacere non è amore, che i tuoi figli non possono scegliere il padre ma tu puoi scegliere il padre dei tuoi figli. Parlava del matrimonio che deve essere aperto alla vita, fedele, libero, fecondo. Spiegava i vari tipi e livelli di intimità, ripeteva sempre che è più facile spogliarsi che dire un’Ave Maria insieme. Davi i compiti a casa a chi era fidanzato, tipo: “stasera pregate insieme, vedrete che è più imbarazzante di spogliarsi”. Era tutto impostato sul dire che il desiderio è una cosa buona, positiva, creata da Dio, ma ci spiegavano il valore della castità. Mi sono davvero convinta. Sono una persona, una ragazza di 18 anni, sono umana. Però mi è piaciuto!

Il mio gruppo di amiche non crede, è lontano da queste idee, ed io quando sono tornata quasi mi sentivo fica pensando: “ma voi che ne sapete di cos’è l’amore vero!”. Se tu non hai una relazione con Cristo non ha neanche senso credere nel valore della castità, sforzarsi per questa cosa. Il corso è stato bello perché ci ha spiegato le differenze biologiche di maschi e femmine. Non era un corso fatto a mo’ di condanna, per nulla moralistico, loro ci parlavano con una bellezza negli occhi, erano contenti di dircelo. Era diverso, era rilanciare le cose, spingerle in alto. Ci faceva sorgere il dubbio che fosse una cosa buona per noi.

Ricordo che un giorno la prof divise la lavagna a metà scrivendo pro e contro di andare a letto insieme da fidanzati. Noi dovevamo dire le cose, vennero elencati tanti contro, l’irresponsabilità nel caso di una gravidanza, ecc… ma mancavano i pro. La prof disse manca un pro e un ragazzo esclamò: “è bellissimooo!”. La prof rispose: è vero, hai ragione! E ci spiegò che proprio perché è una cosa straordinaria che ha bisogno di essere custodita. Se questa cosa la capiamo noi donne è tutta un’altra cosa, ho capito che siamo noi donne che rilanciamo le relazioni in generale. Sono le donne che hanno il potere in mano di cambiare il modo di relazionarsi agli altri nei rapporti. Lo dice Fulton Sheen: “il livello della società è il livello di virtù delle donne”. La prof ci ha parlato anche dell’aborto, un argomento a cui mi sono interessata moltissimo.

A proposito di aborto, ad un certo punto racconti come ti sei ritrovata senza sapere neppure cosa fosse alla Marcia per la vita di Washington

Io volevo andare in vacanza, ero in America e non volevo perdere occasione di visitare già luoghi possibili. Quando ho trovato il volantino per andare a Washington D.C. ho visto che per poter partire c’erano delle “condizioni”: vedereUnplanned, recitare il rosario per i bambini non nati e andare ad una manifestazione nella città in cui vivevo. Mi hanno appioppato un cartellone con scritto: “scegli l’adozione non l’aborto”. E ricordo che stavo lì con altri ragazzini, in mezzo alla strada, con le macchine che ci suonavano. Mi è piaciuto molto. Lì i giovani sono convinti e impegnati, e la difesa della vita non è vista come una cosa cattolica. La base per essere contro l’aborto è scientifica. Una cosa che la prof ci diceva sempre, alla fine di ogni lezione, e che mi è rimasta in mente: “adesso che sapete la verità ne siete responsabili”.

Cosa ha rappresentato per te il viaggio in America?

E’ stato uno spartiacque il mio viaggio in America con la crisi che ho vissuto. Lì mi sono chiesta: ma io ci credo in Dio o no? perché quando stai vivendo un momento di tristezza, ti poni domande importanti. Dentro di me si era creato uno spazio per lasciare le domande aperte, sbatterci, avere pazienza di lasciarmi interrogare. In America mi andavo a confessare spesso, all’ora della mensa c’era fisso il confessore lì, (nel mio paese devo chiedere di confessarmi, devo cercarlo il sacerdote). Nella mia scuola nel Kansas no, c’era sempre. Sono entrata la prima volta e poi ho preso l’abitudine, ricevevo assiduamente i sacramenti, partecipavo all’Adorazione.

Cosa sogni?

Sono in um momento dolce della mia vita, mi sento super affamata perché sta per finire la scuola, ho la maturità, non ho fatto piani per quest’estate e quindi adesso sogno di girovagare un po’, di lasciarmi un po’ sorprendere . Sono una pianificatrice, calcolo le cose, però riguardando la mia vita le cose più belle sono quelle che io manco ci avevo scommesso. Come l’America. Sogno tantissimo di sentirmi più libera, sento che voglio essere più libera nel cuore di quello che sono oggi. Essere libera davanti a tutta l’esistenza. Voglio lasciarmi interrogare dalle domande, non avere la fretta della risposta, essere umile, aspettare. C’è una fretta in generale nel dire: “sì ci credo, no non ci credo”.

Invece restare sull’uscio è un gran cosa, attendere, avere pazienza. Io vorrei avere le ali, essere libera. Alla fine ci hanno venduto l’adolescenza come il periodo più frivolo della vita e invece la mia non è stata così. Ci sono tantissime paure, ansie, interrogativi forti, non ha nulla di frivolo. Ha un suo peso. Una sua serietà profonda. Non siamo liberi per niente, mai. Faccio una cosa e mi ci sento incastrata. Ho la famiglia, tutti mi amano, ma l’amore gratuito di sconosciuti mi ha sorpreso in America. Ci tenevamo a me.

Io voglio essere libera, anche nelle relazioni, con gli altri, con le amiche. Quante volte ci si sente davvero liberi di esprimersi? di amare come vorresti? Mi piacciono i santi perché sono liberi. Liberi di dire: “io qui non ci sto”. I santi sono privi di interessi. Quante volte noi ci facciamo i conti, pensiamo, architettiamo. Sento un malloppone, una matassa nel mio cuore, intricatissima, un peso.

San Massimiliano Maria Kolbe dice al suo assassino: “tu non ci hai capito niente della vita”. Mi esalta! Lui cantava nel campo di concentramento. Io che sono un adolescente normale noto che se qualcuno mi guarda male sto tutto il giorno lì ad arrovellarmi. E invece voglio essere libera dal giudizio. I santi mi piacciono per la loro serietà, la radicalità. Ti dicono che visto che sei giovane puoi prendere con leggerezza le cose e invece poi ti senti una bandiera sbattuta. Ci soffri. Io voglio la libertà dei santi. Questo desidero per la mia vita. Vorrei dire: “non me ne frega niente di tutte le logiche, dei retropensieri, di calcolare i gesti di affetto. Non voglio vivere così. Desidero voler bene nella libertà”. E alla fine solo la Chiesa ti dà le chiavi per questa libertà. Devo ancora capirlo bene ma ho questa intuizione.

 

Fonte: Silvia LUCCHETTI | Aleteia.org

Newsletter

Ogni giorno riceverai i nuovi articoli del nostro sito comodamente sulla tua posta elettronica.

Contatti

Sopra la Notizia

Tele Liguria Sud

Piazzale Giovanni XXIII
19121 La Spezia
info@sopralanotizia.it

Powered by


EL Informatica & Multimedia