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RIFORMA CATASTO/ “Una nuova patrimoniale che aumenta le tasse sulla casa”

Secondo Confedilizia, la riforma del catasto che vuole il governo ha “un’impostazione di tipo patrimoniale”. Serve un approccio meno punitivo.

Sulla riforma del catasto il Governo rischia un passaggio delicatissimo. Dopo l’aut aut posto dalla sottosegretaria al Mef, Maria Cecilia Guerra, il centrodestra ha provato a presentare un testo di mediazione che la commissione Finanze della Camera ha però bocciato per un solo voto: decisivo il deputato Giuseppe Colucci di Noi con L’Italia, il partito di Maurizio Lupi, che ha votato insieme a sinistra e M5s.

Un nulla di fatto che riporta le lancette all’indietro: si tornerà quindi a votare la proposta “originale” presentata dalla Lega, che prevede la soppressione dell’articolo 6 della delega fiscale che riguarda appunto il catasto. Perché il governo si è spinto fino a questo punto? Che cosa si rischia con la riforma del catasto? Non era possibile trovare altre strade meno divisive? Ne abbiamo parlato con Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia.

I partiti di centrodestra, contrari alla riforma del catasto, hanno lavorato a un emendamento in base al quale le informazioni rilevate con la nuova mappatura degli immobili non avrebbero dovuto essere utilizzate per incrementare il gettito fiscale, fatta salva l’emersione di base imponibile per effetto delle attività di accertamento ed emersione, o per il computo del valore dell’Isee. Poteva essere un buon compromesso?

La proposta era contenuta in un documento firmato dai capigruppo di Lega, Forza Italia e Coraggio Italia e si fosse trattato di questo sarebbe stato senz’altro un buon compromesso, il segnale di un senso di responsabilità che arrivava da partiti che da mesi chiedono l’eliminazione totale di quell’articolo.

Si era anche parlato di una possibile intesa sul fatto che la nuova mappatura degli immobili non avrebbe dovuto portare alcun aumento di tasse per i cittadini da qui al 2026 e comunque, fra quattro, si sarebbe reso necessario passare attraverso un voto del Parlamento. Poteva essere una soluzione accettabile?

Questo non sarebbe stato un buon compromesso, perché è più o meno quello che è già previsto adesso. Non cambia nulla, perché nessuno poi può prendere impegni per il futuro. Nel disegno di legge presentato e che il governo continua a difendere c’è un’impostazione di tipo patrimoniale del nuovo catasto che noi rifiutiamo totalmente. È pericolosa.

Perché?

Perché può dar vita a un’attività di classamento dell’Agenzia delle Entrate che sarebbe poi difficile bloccare.

Il governo è andato al muro contro muro sulla riforma del catasto, nonostante si fosse già deciso nel giugno 2021 di non indicarlo fra i temi da includere nella riforma fiscale. Che cosa può aver spinto l’esecutivo a questo aut aut?

Nelle intenzioni del governo c’è quello che si è lasciato scappare per iscritto in un documento allegato al disegno di legge di riforma, ossia il fatto che con questa norma intende porre le basi per aumentare la tassazione sugli immobili. L’articolo 6 è coerente con la richiesta dell’Europa di spostare la tassazione dal lavoro agli immobili. Quindi, a mio avviso, il governo insiste perché vuole predisporre le condizioni per arrivare a quell’obiettivo. E visto che non ci si arriva in un giorno, ci si prepara per tempo.

Quindi è l’Europa che ce lo chiede altrimenti non arrivano i fondi del Recovery plan?

Questo è ciò che si dice, ma non è così. Se si legge con attenzione il documento europeo sulle condizioni per il Pnrr, si può evincere che non viene citata fra le condizioni la riforma fiscale, né tanto meno la riforma del catasto. È il Governo che nel suo documento interno ha, fra le altre cose collaterali, inserito anche la riforma fiscale e del catasto.

Ribadite quindi la vostra netta contrarietà a questa riforma del catasto, perché rappresenta una patrimoniale più o meno mascherata?

L’articolo 6 predispone all’aumento della patrimoniale che già esiste e che si chiama Imu.

Ma in una logica di riforma fiscale complessiva, non ha senso che vi rientri anche la tassazione sulla casa?

Potrebbe, certo, se ci fosse però un approccio diverso, tentando di cambiare la fiscalità sugli immobili con una riduzione del carico patrimoniale, Imu in testa, e con l’introduzione di una cedolare secca sugli affitti commerciali, che chiediamo da anni. L’obiettivo deve essere quello di migliorare in molti aspetti la normativa. Con l’attuale impostazione prevale un approccio punitivo e finalizzato ad incrementare un carico che è già pesantissimo.

La mappatura catastale va quindi lasciata così com’è o va aggiornata? E se sì, voi cosa proponete?

In realtà, degli aggiornamenti ci sono: sulle singole unità immobiliari, per esempio quando vengono svolti dei lavori, specie i più rilevanti; per zone, come hanno fatto alcune città come Roma, Milano, Napoli; per discrasie individuate a campione dai Comuni. Queste attività devono continuare, devono essere messe in atto da tutti i comuni. Non servono le grandi riforme per aggiornare il catasto. Ma il vero problema è un altro.

Quale?

Bisogna ragionare sulla riduzione delle aliquote dell’Imu e sui moltiplicatori, che nel 2012 il governo Monti ha aumentato di botto, facendo crescere in maniera rilevantissima la tassazione dell’Imu, che è passata dai 9 miliardi fino agli attuali 22 miliardi, ma si è arrivati anche a 24 miliardi. Sono interventi che si rimandano sempre più in là, invece devono essere per lo meno contestuali.

Fonte: Marco Biscell nt. Giorgio Spaziani Testa | IlSussidiario.net

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