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Adolescenti. Smartphone, sfida ai genitori «Vietateli ai minori di 14 anni»

I bambini non hanno gli strumenti cognitivi per gestire le tecnologie. E la mancanza di esperienza nella realtà che ne deriva blocca la loro crescita

Lʼultima provocazione dello psicoterapeuta dellʼetà evolutiva Alberto Pellai è quella di bandire il cellulare da casa fino alla terza media. «Ecco perché» Non è adatto ai loro bisogni; riduce la probabilità di successo scolastico; interferisce con lo sviluppo della mente in età evolutiva; impatta sulla salute; crea ansia e dipendenza; genera diseducazione sessuale e interferisce con il sonno; influisce sulle reazioni emotive e sulle relazioni con gli altri. A elencarle, le ragioni per cui bisognerebbe non dare (o togliere) lo smartphone agli adolescenti, non basterebbe un’enciclopedia. E a questo assomiglia un po’ l’ultimo viaggio dello psicoterapeuta del- l’età evolutiva Alberto Pellai, insieme alla moglie e psicopedagogista Barbara Tamborini, nella quotidianità delle famiglie scombussolate dalla tecnologia. Che porta provocatoriamente il titolo di Vietato ai minori di 14 anni (DeAgostini), non tanto per nostalgia del tempo andato – quando davanti alla scritta si cambiava canale, senza se e senza ma – quanto per dimostrare che dire “no” è una sfida ancora possibile da vincere per i genitori per il bene dei propri figli.

Da dove si parte?
Dalla realtà intanto. Oggi ci confrontiamo con la presenza universale e totalizzante dello smartphone, un fenomeno che riguarda noi adulti in primis e poi i minori a partire da un’età sempre più bassa: basta pensare che sono regolarmente online circa 1,2 milioni di bambini di età compresa tra i 3 e gli 8 anni. Il mercato, d’altronde, è potentissimo: i piccoli ci sono finiti dentro, rappresentano un target ad altissimo profitto, col risultato culturale drammatico che i soggetti in età evolutiva sono ormai visti come soggetti che producono profitto e non più come soggetti in formazione. La prima domanda da farci è: cosa determina in loro l’uso così massiccio dello smartphone già a quest’età? E la risposta, da cui deriva la necessità di porre il divieto “forte” che proponiamo fino alla terza media, si basa su indicazioni scientificamente fondate: soltanto danni.

Perché?
Perché al di sotto dei 14 anni il cervello umano non è organizzato, ma tsunamico: l’adolescenza è cambiamento, crescita, rischio, ricerca, esplorazione. A mano a mano che si sperimentano situazioni nella realtà, il cervello impara a organizzarle e acquista le relative competenze cognitive. E questo processo, che solo nella realtà può svilupparsi, richiede gradualità, come la costruzione di una casa a piani. Lo smartphone, col suo tutto e subito a portata di dito, dai bambini e dagli adolescenti non può essere gestito semplicemente perché non hanno ancora gli strumenti per farlo. Eppure permettiamo che lo smartphone entri nella vita dei nostri figli e la fagociti. I bambini ne escono azzerati dal punto di vista sociale ed emotivo, più immaturi, incapaci di affrontare la realtà, sempre più arrabbiati.

Ce l’hanno tutti, le ripeterebbe uno dei tanti genitori convinti della scelta, e comunque con la tecnologia prima o poi dovranno avere a che fare…
Questo è uno degli argomenti più diffusi tra mamme e papà, sì. Nel libro ne riportiamo molti analoghi: «Poverino, rimarrebbe isolato completamente», «Abbiamo comunque dato delle regole e lui lo usa in modo responsabile», «Al ristorante o quando siamo a casa dei nonni non possiamo farne a meno, si annoierebbe». Ma è davvero così? La sensazione è che spesso i genitori rinuncino a mettere in campo alternative pratiche alla scelta di dare lo smartphone. Nel caso del ristorante o della casa dei nonni, banalmente, mettere in campo discussioni o attività che possano coinvolgere anche i figli adolescenti. Nel caso di una festicciola tra amici, dove spesso i genitori ci raccontano che i ragazzi finiscono tutti incollati davanti agli schermi, stabilire come regola iniziale che lo smartphone non entra: resta in un cesto, all’ingresso, si riprende alla fine.

E qui serve anche che i genitori degli amici siano sulla stessa linea.
Esattamente, serve una linea comune. A cui spesso rinunciamo anche noi adulti per paura di restare isolati: serve invece parlare con gli altri genitori, della classe o del quartiere, confrontarsi su questo tema. Più noi adulti abbiamo le idee chiare e le condividiamo all’interno della comunità in cui viviamo, più i nostri figli potranno usufruire di un ambiente di crescita in cui limiti e confini saranno facili da rispettare.

E chi lo smartphone l’ha già dato? Come si torna indietro?
La nostra suggestione è rivolta principalmente ai genitori delle scuole primarie, cioè a chi la scelta di dare lo smartphone ancora non l’ha presa. È una scelta decisiva, ne va della vita e della serenità dei nostri figli, dobbiamo soppesarla bene e aspettare. Per chi l’ha già presa, urge rimettersi in discussione.

Fonte: Viviana DALOSIO | Avvenire.it

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