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La Francia alle prese con il Grande Ribaltamento demografico

Il mensile Causeur racconta un paese in cui i giovani figli di non europei sono sempre di più. Siamo pronti ad affrontarne le conseguenze culturali ed economiche?

La Francia di domani assomiglierà a una vasta sala aeroportuale, ma con meno duty free e più violenza». Non ha mai usato perifrasi per dire quello che pensa, la direttrice di Causeur Élisabeth Lévy, intellettuale ebrea ultralaica nata e cresciuta a Marsiglia da padre e madre di origini algerine, ex figlia prediletta della gauche e poi ripudiata per le sue posizioni considerate troppo reazionarie e identitarie. Non lo fa nemmeno presentando l’ultimo numero della sua rivista, un must read per gli insubordinati al pensiero unico francesi.

Il dibattito sull’immigrazione

Souriez, vous êtes grand-remplacés!, Sorridete, siete i grandi sostituiti!, urla la copertina di settembre sopra a una foto di simpatici neonati di tutte le razze. «Se non vi piace la definizione Grande Sostituzione – scrive l’editoriale di presentazione dello speciale – chiamatelo Grande Ribaltamento”», fatto sta che i dati raccontano una rivoluzione demografica in atto da tempo in Francia che, dice Levy con toni allarmati, «una parte del mondo politico e dei media cerca di nascondere in modo da impedire qualunque dibattito sull’immigrazione».

Causeur prende i dati dell’Osservatorio sull’immigrazione e la demografia, che raccontano questo cambiamento attraverso le mappe dell’agenzia governativa France Strategie: in gran parte dei centri e agglomerati urbani francesi la popolazione tra gli zero e i diciotto anni nata da genitori non europei sta «esplodendo». Philippe D’Irbarne, direttore di ricerca al Centre national de la recherche scientifique (Cnrs) dice a Causeur che intere fasce del territorio francese sono state consegnate a popolazioni immigrate che non hanno nulla a che fare con la Repubblica e le sue leggi e che, demograficamente, sono più forti.

Le conseguenze economiche

Non è solo questione di identità, valori comuni o radici più o meno cristiane, il mensile diretto da Lévy spiega come una delle conseguenze più evidenti sia l’impoverimento economico della società: sempre più giovani laureati con idee liberali lasciano il paese, conferma un alto funzionario di stato a Causeur, e sempre più famiglie «sottoqualificate e con costumi retrogradi» arrivano in Francia.

E mentre i numeri smentiscono la troppo facile equazione secondo cui gli immigrati salvano le pensioni dei francesi (gli immigrati di oggi saranno i pensionati di domani, dopotutto), la storia recente della multiculturale Inghilterra racconta che il rapido cambiamento demografico e culturale genera ansia nella popolazione senza che per questo si debba parlare di xenofobia (con le conseguenze polemiche che conosciamo tutti).

Non è la solita fissazione sovranista

Il grido d’allarme di Causeur non è nuovo, è ormai probabilmente tardivo e sarà accolto dai più con un’alzata di spalle nei confronti di quella che è considerata la solita fissazione sovranista. Eppure i numeri sono quelli, e sono destinati ad aumentare con conseguenze rivoluzionarie sulla società francese. Come spiega il sociologo canadese Mathieu Bock-Côté, «la nazionalità francese è ormai ridotta a un semplice “diritto” senza alcun legame con alcuna identità storica, mentre i territori perduti della Repubblica si sono trasformati in enclave straniere».

Enclave a cui spesso è permesso ciò che solitamente si condanna: è ancora Élisabeth Lévy a denunciare il paradosso di chi fa appelli per «l’accoglienza incondizionata delle donne afghane in Francia. C’è una contraddizione tra la maggior parte di queste neofemministe che gridano a gran voce contro il machismo islamista dei talebani, eppure mostrano indulgenza quando il machismo islamista si manifesta nella Francia che solitamente accusano di essere terra patriarcale e razzista per eccellenza».

Il tema sollevato dalla storia di copertina di Causeur è uno dei cavalli di battaglia di Eric Zemmour, polemista e conduttore televisivo francese candidato per l’estrema destra alle elezioni per l’Eliseo del 2022. È lui che agita lo spauracchio della Grande Sostituzione. Intervistato da France Inter ieri, il ministro dell’Interno Gérald Darmanin ha detto che «siamo prima di tutto una Repubblica laica e dovremmo rifiutarci di contare le persone secondo la loro religione o razza». Giusto, ha chiosato Causeur sul proprio sito, ma i freddi numeri parlano chiaro. E la domanda, preso atto che quello che sta succedendo è forse inarrestabile, resta: che fare?

Fonte: Piero Vietti | Tempi.it

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