Sopra La Notizia

Come ci siamo persi l’euro-mediterraneo

La globalizzazione del Mediterraneo, frutto dell’illusione europea di vivere in un mondo post-storico, ha portato e porterà ancora disgrazie

Leggi il titolo Naufragio Mediterraneo, e subito pensi alle sconvolgenti scene delle imbarcazioni di fortuna cariche di migranti clandestini che si inabissano nel mare trascinando con sé centinaia di vite. In Naufragio Mediterraneo di Michela Mercuri e Paolo Quercia (Paesi edizioni, pp. 172, euro 16) c’è anche questo, ma soprattutto molto altro: ci sono le cause politiche di quei naufragi e di altre disgrazie in corso nella regione, riassunte nell’espressione «processo di destrutturazione dello spazio euro-mediterraneo». C’è un quadro aggiornato della crisi libica e un approfondimento sulle ambizioni turche nel Mediterraneo. Ma soprattutto c’è la mappa intellettuale che permette di capire come siamo arrivati alla situazione attuale, dove hanno sbagliato e continuano a sbagliare Europa e Italia e quali rischi corriamo se – la metafora calza perfettamente – non cambiamo rotta.

Naufragio Mediterraneo non è solo la tragedia dei migranti che muoiono in mare: è il disastro degli stati falliti del Nordafrica e del Medio Oriente, è il Sahel alla mercé di terroristi e criminalità organizzata che collaborano e si sostituiscono agli Stati della regione, è la totale assenza sia di una politica europea che di una politica italiana per il Mediterraneo, è l’ingresso nell’area di potenze extraregionali come Turchia, Russia, Iran e Cina che scalzano dalle loro posizioni Francia, Italia e Stati Uniti.

La tempesta perfetta

Com’è andato in frantumi quel delicatissimo sistema geopolitico che era il Mediterraneo? Per un concorso di fattori.

«La globalizzazione, assieme ad alcune avventurose forme di esportazione della democrazia poco rispettose delle peculiarità sociali e culturali della regione arabo-islamica, ha aggravato le debolezze strutturali di molti Stati post-coloniali, creando un vulnus geopolitico che non si è ancora rimarginato. (…) la destrutturazione del Mediterraneo risale ad azioni e processi compiuti e irreversibili, buona parte dei quali ha avuto origine nel periodo 2001-2003, con la guerra dell’Iraq che ha segnato l’apertura dei tanti vasi di Pandora che componevano il mosaico geopolitico del Medio Oriente e dunque del Mediterraneo. Da lì iniziano una serie di atti e omissioni geopolitiche, di cui le primavere arabe sono state solo l’ultima e più pericolosa delle illusioni. (…) Le tante asimmetrie regionali sono state compromesse dall’avventurismo prima e dal disimpegno poi degli Stati Uniti; così come dal rattrappimento baltico-continentale dell’Unione Europea e dal suo appiattimento sulle dinamiche della globalizzazione commerciale; ma anche dal mancato incontro dell’Islam con la modernità e dal fallimento delle élite post-coloniali che hanno ereditato e preso il controllo di Stati che hanno portato a un veloce “inefficientamento” e a una inesorabile involuzione».

Dunque: globalizzazione, guerra al terrorismo, mancata modernizzazione dell’islam, neopatrimonialismo delle élites postcoloniali e germanizzazione dell’Unione Europea hanno prodotto la tempesta perfetta che ha portato alla crisi delle statualità dei paesi della regione e alla disarticolazione del Mediterraneo dalla sfera d’influenza occidentale e anche da quella più ristretta europea.

Il “globo-mediterraneo”

Gli europei, in particolare, non capiscono che lo spazio euro-mediterraneo non è una mera entità geografica, ma il prodotto della storia europea e della sua proiezione geopolitica, e che se pensano di trattarlo solo in termini di soft power, accesso a una globalizzazione virtuosa e politica dei diritti umani in un’ottica post-storica, non faranno che allargare il vuoto che si è creato, e consegnarlo alle potenze extraregionali che hanno l’obiettivo di riempirlo.

«Uno dei concetti che più ci sta sfuggendo di mano è proprio quello di euro-mediterraneo, ossia di una regione baricentrica tra Europa, Africa e Medio Oriente in cui l’Europa ha storicamente giocato un ruolo guida, di motore dello sviluppo politico, di sicurezza, economico e culturale. Pur producendo una costante retorica fatta di ponti, di dialogo, di cooperazione, in realtà l’Europa sta perdendo la sfida del regionalismo euro-mediterraneo, lasciandosi andare in un silenzioso declino geopolitico che porterà alla fine di questo spazio, così come lo conoscevamo, e all’emergere di un “globo-mediterraneo” dove la sovranità degli Stati rivieraschi sarà frammentata tra piccoli attori locali proxi di grandi player globali».

Mediterraneo spazio estraneo all’Europa

La globalizzazione del Mediterraneo, frutto dell’illusione europea di vivere in un mondo post-storico, ha portato e porterà ancora disgrazie.

«Questa drammatica assenza di una coscienza storica e mediterranea-europea, strettamente collegata con la perdita della visione strategica da parte delle élite decisionali del mondo occidentale, è uno dei più grandi problemi del Mediterraneo di oggi, soprattutto in presenza dell’affacciarsi sempre più assertivo sulle sue sponde di popoli con un profondo senso della storia, come sono quello russo, quello cinese, quello turco e quello persiano. (…) Nel perseguire una visione del Mediterraneo come mare globale capace di mettere l’Europa al centro dei processi di mondializzazione, è stato abbandonato enormemente l’approccio geopolitico regionale. È stato perduto il ricordo che il Mediterraneo non è uno spazio esterno all’Europa, ma una creazione dell’Europa stessa, una proiezione geopolitica dell’Europa al di fuori dei suoi confini geografici, una proiezione oltremare ad abbracciare le coste di altri continenti e collegarle all’Europa continentale attraverso un approccio regionale. Se viene meno il concetto di questa idea di Europa, viene meno il concetto di Mediterraneo, che diviene un mare estraneo, una vulnerabilità da cui originano e si dirigono verso l’Europa problemi di ogni natura, verso i quali ci si può solamente chiudere».

Italia piccola potenza

All’errore di impostazione dell’Europa si aggiungono quelli dell’Italia.

«Sul piano geopolitico, la nostra posizione baricentrica avrebbe dovuto spingere l’Italia a giocare un ruolo più attivo di fronte alle crisi dello spazio mediterraneo, in particolare a mano a mano che s’indebolivano i due cerchi multilaterali tradizionali di principale riferimento della sua politica estera, quello europeo e quello atlantico. Era il momento di ridare forza al terzo cerchio della politica estera, quello veramente nazionale, che avrebbe dovuto rappresentare la profondità strategica del nostro Paese. Purtroppo abbiamo preferito essere una piccola potenza in un sistema globale che una media potenza in un sistema regionale. Troppo costoso portare il fardello della sovranità. (…) L’Italia non ha mostrato l’ambizione sufficiente a rappresentare l’Europa nello spazio del Mediterraneo centro-orientale, così come la Germania la rappresenta in quello centro-occidentale e la Francia nel Maghreb e nell’Africa Occidentale e Sub-sahariana».

Il “vuoto Italia”

Il disimpegno italiano da una regione chiave per i suoi interessi nazionali si comprende anche dal fatto che distribuiti su un totale di nove sedi, dal Marocco alla Turchia, abbiamo attualmente in servizio meno di 50 diplomatici, che svolgono anche le funzioni consolari. Cosa dovremmo invece fare? Dobbiamo superare il “vuoto d’Italia” nel Mediterraneo con iniziative autonome che poi ci faremo riconoscere in ambito Ue:

«L’Italia deve avere più coraggio di affrontare le situazioni di criticità nel Mediterraneo con visione e strumenti propri. Non con l’obiettivo di fare una politica estera autonoma e non coordinata con i nostri alleati, che in primo luogo sarebbe velleitaria oltre che pericolosa. Ma piuttosto perché questo è l’unico modo per portare i nostri alleati ad avere una politica mediterranea. Quello che l’Europa può fare è europeizzare, e dunque rafforzare, le politiche estere e di sicurezza nazionali, che devono dunque esistere autonome, poter già contare su adeguati strumenti e risorse nazionali e non confliggere con altre politiche europee o dei Paesi membri. Solo riscoprendo una politica estera italiana mediterranea realista e pragmatica, che rifiuti tanto il velleitarismo nazionalista quanto quello europeista, e che sia basata su strumenti e interessi nazionali, l’Italia può sperare di tornare al centro del Mediterraneo».

Un Mediterraneo franco-russo-turco

Se non facciamo questo, il naufragio dell’euro-mediterraneo è garantito e il nostro declino geopolitico pure:

«La partita rischia di ridursi a un gioco a tre tra Francia, Russia e Turchia, con altri attori comprimari. Questa tripartizione sarebbe la fine del Mediterraneo come l’abbiamo conosciuto, ma anche la fine della politica estera italiana e della nostra specialità geopolitica di Paese europeo nel Mediterraneo. Un Mediterraneo diviso franco-russo-turco non vedrebbe solo la fine della nostra presenza in questo mare come attore politico ma sarebbe anche la definitiva marginalizzazione del nostro Paese in Europa e nella Nato, dove contiamo in funzione del nostro residuo ruolo di potenza mediterranea. Abbiamo oggi molta difficoltà a farlo perché per due decenni abbiamo giocato a depotenziare lo Stato, la difesa e la politica estera, aggrappandoci alle zattere che ritenevamo salde dell’Europa e della globalizzazione. Politiche che possono essere comprese, ma che non sostituiscono una postura strategica nel Mediterraneo, che sarebbe dovuta restare un autonomo vettore della politica estera nazionale».

Fonte: Rodolfo CASADEI | Tempi.it

Newsletter

Ogni giorno riceverai i nuovi articoli del nostro sito comodamente sulla tua posta elettronica.

Contatti

Sopra la Notizia

Tele Liguria Sud

Piazzale Giovanni XXIII
19121 La Spezia
info@sopralanotizia.it

Powered by


EL Informatica & Multimedia