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Il trans Hubbard gareggerà alle Olimpiadi di Tokyo. «Che senso ha lo sport?»

Laurel Hubbard, nato Gavin, gareggerà contro le donne ai Giochi che si aprono il 23 luglio nel sollevamento pesi per la Nuova Zelanda. Le avversarie protestano: «La forza di un uomo non è paragonabile alla nostra»

Il vaso di Pandora è stato aperto e nessuno sa davvero che cosa ne uscirà. Di sicuro la competizione sportiva non sarà più la stessa. Laurel Hubbard, nato Gavin Hubbard, parteciperà alle Olimpiadi di Tokyo nella categoria femminile (+87 kg) di sollevamento pesi diventando il primo atleta trans a competere ai Giochi.

Vantaggi atletici per le donne trans

Prima della transizione di genere Hubbard non aveva mai gareggiato a livello internazionale. Nel 2017 ha vinto l’argento ai campionati del mondo e nel 2018 ha conquistato l’oro ai Giochi del Commonwealth. Alle Olimpiadi che si apriranno il 23 luglio Hubbard ha ottime chance di conquistare una medaglia, nonostante l’età avanzata (43 anni), avendo ottenuto il quarto risultato nelle prove di qualificazione della sua categoria.

Secondo le regole stabilite nel 2015 dal Comitato olimpico internazionali, gli atleti uomini che diventano donne possono competere nella categoria femminile a patto che i livelli di testosterone siano inferiori a 10 nanomoli per litro per almeno 12 mesi della prima competizione. Tuttavia, riporta il Guardian, «studi recenti suggeriscono che le donne trans mantengono un vantaggio atletico» anche dopo la transizione.

Il riferimento è a uno studio pubblicato sul British Journal of Spors Medicine, che ha analizzato le performance atletiche di uomini e donne trans all’interno dell’esercito in termini di corsa, piegamenti sulle braccia e addominali. Secondo lo studio, due anni dopo l’inizio della transizione il vantaggio delle donne trans è ancora considerevole. Dopo questo lasso di tempo, tende a scemare, ma i ricercatori hanno preso in considerazione soltanto un periodo di due anni e mezzo.

«Gli uomini non gareggino con noi»

Nel 2017 la sollevatrice di pesi samoana Iuniarra Sipaia, che aveva perso l’oro contro Hubbard, si era infuriata: «Quando mi hanno detto che avrei gareggiato contro un uomo pensavo che stessero scherzando», dichiarò. «Penso che sia ingiusto perché dopo tutto Laurel è ancora un uomo, anche se ha fatto l’operazione. Certo è cambiato dal punto di vista fisico ma le sue emozioni, la sua forza e tutto il resto rimangono maschili. Non è giusto perché tutti sappiamo che la forza di una donna non può essere paragonata a quella di un uomo, a prescindere da quanto ci si alleni».

Tracey Lambrechs, neozelandese che partecipò alle Olimpiadi di Rio, ha modificato i suoi allenamenti per evitare di finire nella stessa categoria di Hubbard e di conseguenza rischiare di dover competere con l’atleta per un posto nella nazionale. «Non ho problemi con il fatto che abbia cambiato sesso. Penso anche che i trans possano competere, non dovrebbero però rubare il posto alle altre atlete donne».

«Che senso ha lo sport?»

Il commento più interessante è forse quello fatto nel 2017 da Deborah Acason, sollevatrice di pesi australiana, oro ai Giochi del Commonwealth del 2006, che dichiarò al New Zealand: «Se fosse nella mia categoria, non sarei felice. Mi sembra che non siamo sullo stesso livello. E allora che senso ha lo sport?».

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