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CATERINA DA SIENA – La Santa della politica

Senza sorta di dubbio, il manto domenicano di santa Caterina da Siena (Siena 1347 – Roma 1380) — oggi festa liturgica, dottore della Chiesa, compatrona d’Italia e d’Europa — possiede e detiene in toto per opere, virtù e intelligenza, le caratteristiche della “politica” santa. «Chi non sa governare se stesso, non può governare gli altri; siccome la carità perfetta di Dio genera la perfetta carità del prossimo, così con quella perfezione che l’uomo regge sé, regge i sudditi suoi», scrive la santa in una delle circa quattrocento Lettere indirizzate a gente comune, ad autorità religiose e civili.

La sua attività epistolare fu incommensurabile. Imparò a leggere e a scrivere intorno ai vent’anni, il più delle volte dettava ai suoi discepoli le sue lettere: il Dialogo della Divina Provvidenza, del 1378, il suo testamento spirituale, fu scritto da tre suoi discepoli: Neri Pagliaresi, Stefano Maconi e Barduccio Canigiani. Da decenni la politica “politicante”, come gramigna, tende a soffocare la libertà donata da Dio, legiferando con la pretesa di leggi umane, troppo umane, come se Dio non ci fosse. «Fanno, anzi, finta di non vedere. E sai perché? Perché in loro è viva la radice dell’amor proprio, dal quale viene loro il perverso amore servile. Essi infatti non hanno il coraggio di rimproverare per timore di perder il loro stato e i beni temporali; perciò si comportano come gli accecati che non sanno in qual modo si conservi lo Stato […] Credendo così di poter conservare lo Stato con l’ingiustizia, non riprendono i difetti dei sudditi» (Dialogo, 119). E fu grazie alla sua infaticabile e immensa missione di donna di pace, capace di esortare e indicare la strada della riconciliazione e in specie l’ordine della persona e delle società e che la portò a recarsi in diverse città italiane e con il medesimo spirito di amore per Gesù Cristo, per la santa Chiesa e il Vicario di Cristo, che persuase e riportò nel 1376 Papa Gregorio xi dalla Francia (Avignone) alla sede ufficiale del papato a Roma.

Una delle note distintive della politica di santa Caterina era la capacità di interferire in contesti litigiosi e di sofferenza, con autorevolezza e garbo nelle questioni religiose e civili, per creare unità senza disgregare come purtroppo sembra essere lo sport preferito ai nostri giorni. Ecco pertanto l’attuale necessità dei politici a ritornare a farsi “caterinati”, cioè figli spirituali della mistica senese, come lo furono già allora, il suo stesso confessore fra Raimondo da Capua, e poi sacerdoti, religiosi, teologi, governanti, vescovi e cardinali. «La sua esistenza faccia comprendere a voi, cari giovani, il significato della vita vissuta per Dio; la sua fede incrollabile aiuti voi, cari ammalati, a confidare nel Signore nei momenti di sconforto; e la sua forza con i potenti indichi a voi, cari sposi novelli, i valori che veramente contano nella vita familiare» (Papa Francesco, messa a Santa Marta, 29 aprile 2019). «Popolana per nascita, senza maestro umano», scrive il suo primo biografo, il beato Raimondo da Capua (1330-1399). Ebbe il dono della «sapienza infusa, cioè la lucida, profonda ed inebriante assimilazione delle verità divine e dei misteri della fede, contenuti nei Libri Sacri dell’Antico e del Nuovo Testamento […] dovuta ad un carisma di sapienza dello Spirito Santo, un carisma mistico» (omelia di san Paolo vi , proclamazione di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa, 3 ottobre 1970).

Visse i primi anni dell’infanzia nel periodo funestato dalla diffusione in Europa della peste nera, nel 1348. Nella sola Siena, il cronista narra di una riduzione degli abitanti da ottantamila a quindicimila. All’età di 16 anni, indotta da una visione di san Domenico, entrò nel terzo ordine domenicano, costituito da donne laiche dette “sorelle della penitenza” o “mantellate”. I primi vent’anni — ventiquattresima figlia di Jacopo di Benincasa e di Lapa di Puccio dei Piangenti — li trascorse nella preghiera, alla penitenza e alle opere di carità, in particolare a servizio degli ammalati. L’ossimoro mistica e politica, in santa Caterina, canonizzata nel 1461 da Papa Pio ii , smentisce il pregiudizio che il mistico viva fuori dal mondo. «La sua concezione e pratica della “politica” si colloca tra le principali in assoluto, quali considero essere — senza alcun timore di eccedere o sproporzionare — quelle di Platone, Agostino, Tommaso e Rosmini» (Pier Paolo Ottonello, Caterina da Siena. Sangue nostro, Siena, Edizioni Cantagalli, 2014, pagina 39). Non fondò partiti, non si prestò a ruoli pubblici e non si schierò se non dalla parte di Dio e della Chiesa. «Ponete gli officiali, e quelli che hanno a reggere le città, non a sètte né per animo, né per lusinghe, né per rivendere, ma solo con virtù e modo di ragione: e scegliete uomini maturi e buoni, e non fanciulli; e che temano Dio, amatori del bene comune, e non del bene particolare suo […]. Ma le ingiustizie e il vivere in sétte, e il ponere a reggere e governare uomini che non sanno reggere loro medesimi né le famiglie loro, ingiusti e iracondi, passionati d’ira e amatori di loro medesimi; questi sono i modi che fanno perdere lo stato spirituale della Grazia, e lo stato temporale» (Epistole, 268). Quella di santa Caterina sembra la descrizione non di 640 anni fa, ma l’analisi di vizi attuali e odierni di inizio terzo millennio.

Fonte: Roberto Cutaia | OsservatoreRomano.va

 

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