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Wittgenstein: la filosofia davanti al “problema della vita” – Cosa ci dice ai tempi della pandemia

Nel centenario della pubblicazione del Tractatus logico-philosophicus di Ludwig Wittgenstein diverse iniziative, in Italia e all’estero, celebrano il pensiero di uno dei più affascinanti e originali protagonisti della filosofia contemporanea. In particolare, RIFL – Rivista Italiana di Filosofia del Linguaggio, con il patrocinio della Società di Filosofia del Linguaggio e del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università della Calabria, promuove un convegno internazionale il 12 maggio (qui il link alla locandina dell’iniziativa) e l’Austrian Ludwig Wittgenstein Society dedica il 43esimo Wittgenstein Symposium (8-14 agosto) all’anniversario della pubblicazione dell’opera.

 

La risoluzione del problema della vita si scorge allo sparire di esso. (Non è forse per questo che degli uomini ai quali il senso della vita divenne, dopo lunghi dubbi, chiaro, non seppero poi dire in che cosa consistesse questo senso?) [8].

 

Ma quale può essere oggi la rilevanza del Tractatus? Quale il messaggio o l’invito che, a cent’anni di distanza, è ancora possibile cogliere e accogliere? Siamo persuasi che quest’opera abbia molto da dire a un’epoca drammatica come quella che stiamo attraversando, segnata da un’emergenza sanitaria globale che porta con sé un’incertezza diffusa rispetto al presente e al futuro. Il Tractatus, infatti, ci suggerisce che le grandi domande, quelle relative al «problema della vita», non vanno poste soltanto in tempo di pace, ma che anzi diventano tanto più urgenti quanto più il mondo intorno sembra sul punto di crollare. Il giovane Wittgenstein che, impegnato in trincea, appuntava sui suoi quaderni riflessioni sul problema dei limiti del linguaggio e sul sentimento mistico si trovava in una situazione di estrema difficoltà e preoccupazione, esposto a un costante pericolo che invece di inibire il pensiero ebbe su di lui l’effetto di condurlo all’essenziale.

L’invito è che ognuno di noi, dalle trincee in cui si trova, mantenendo le posizioni, non arretri di fronte all’angoscia e allo sconforto ma abbia il coraggio di pensare fino in fondo, non soltanto alle questioni apparentemente più pressanti, ma anche e soprattutto a quelle che più radicalmente interrogano l’intelligenza e la vita di ciascuno. «Vive eterno colui che vive nel presente» [9], scriveva ancora Wittgenstein nel Tractatus. Non domani, a tempesta finita, ma ora – in un “ora” sempre attuale – è il momento del pensiero.

 

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