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Belluno – “Ti licenzio se non ti vaccini?” Ma il giudice non ha detto così

Leggendo l’ordinanza del Tribunale di Belluno a firma della d.ssa Travìa, recante la data del 19 marzo (che pubblichiamo a seguire), e confrontandola con la sintesi che ne hanno fatto larga parte dei media, appare veramente inesatto l’assioma “niente vaccino niente stipendio”, con cui essa è stata riassunta. Ci si trova di fronte a un provvedimento d’urgenza adottato ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ., che giustifica la sua scarna articolazione, pur a fronte dell’importanza della questione esaminata. La verifica è operata pertanto, allo stato, soltanto sul fumus boni juris, con rinvio al successivo necessario approfondimento nel merito, e sul periculum in mora: un ritardo nella risposta giudiziaria avrebbe arrecato un pregiudizio serio.

Il giudice ha dichiarato insussistente il periculum in mora perché non risulta dimostrata l’intenzione del datore di lavoro di sospendere dal lavoro stesso e dalla retribuzione, né di licenziare; la traduzione mediatica è invece nel senso che dopo le ferie forzose e la visita di idoneità alla mansione i lavoratori, dipendenti della RSA, sarebbero stati sospesi senza retribuzione. La differenza è sostanziale: il provvedimento riguarda solo la legittimità delle ferie, in quanto tali retribuite, decise dal datore di lavoro, che ne ha la possibilità, tanto più se la sua decisione è motivata dalla necessità di salvaguardare l’integrità fisica dei prestatori, di cui il datore stesso ha la responsabilità ex 2087 cod.civ.

Poiché il caso riguarda infermieri e operatori di una RSA, è evidente il rischio derivante dal rifiuto del lavoratore di vaccinarsi, e la correlata responsabilità del datore di lavoro. Il problema vero si presenterà quando il vaccino sarà disponibile per tutte le persone in età lavorativa: su ciò il dibattito in ambito giuslavoristico è in corso da tempo. Il tema, non semplice, sarà la ricerca di un bilanciamento tra più beni da tutelare, e fra essi almeno tre: 1. la tutela della salute, bene non solo privato ma interesse della collettività, come precisa l’art. 32 Cost.; 2. la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 cod.civ. e T.U. 81/08 sicurezza, che individua precise responsabilità pure in capo al lavoratore); 3. il diritto alla riservatezza, tanto più su dati sensibili relativi alla salute, su cui è di recente intervenuto il Garante Privacy, e su cui cf. https://www.centrostudilivatino.it/vaccinazioni-e-tutela-della-privacy-dei-lavoratori/.

Il tutto troverebbe soluzione se intervenisse una legge che ponesse l’obbligo per i lavoratori di vaccinarsi, fondando tale prescrizione sull’art. 32 Cost., con le eccezioni e gli adeguamenti opportuni; la questione sarebbe però complessa e controversa, oltre che politicamente impopolare. Merito della ordinanza di Belluno è di aver sollevato il tema, facendo emergere gli snodi rilevanti che sono in gioco, che a breve non potranno non essere affrontati.

Con la consapevolezza se se non lo farà il legislatore ci penseranno i giudici; dai quali, per lo meno nella prima fase, e alla stregua delle pronunce intervenute nell’ultimo anno sull’emergenza Covid, non sono da immaginare interventi omogenei, con ulteriore incremento dell’incertezza.

Fonte: CentroStudiLivatino.it

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