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«Perché Hamas ha paura del Natale? Perché teme la speranza dei cristiani?»

Un frate francescano della Custodia di Terra Santa risponde alla fatwa contro il Natale emessa a Gaza. «Vi siete mostrati avvolti nell’odio e nella sua oscurità»

Nei giorni scorsi è stato emanato un provvedimento con cui l’amministrazione generale del ministero degli Affari religiosi nella Striscia di Gaza, governata dal partito islamico palestinese di Hamas, ha dato disposizione ai musulmani di limitare la loro “interazione” con le celebrazioni cristiane del Natale, in altre parole, proibire ai palestinesi di celebrare la festa natalizia in Palestina! Un’assurdità se si pensa che milioni di persone, da ogni parte del mondo, vorrebbero celebrare il Natale nella città di Betlemme, il luogo di nascita di Gesù, la capitale della gioia. Un comunicato che ha colto tutti con profondo sconcerto, segnando indelebilmente una pagina nera nella storia di Hamas, del ministero del Fondo palestinese e dell’amministrazione generale del ministero degli Affari religiosi, che ha mobilitato tutte le risorse di comunicazione, attraverso anche tutti i canali social, per annunciare la fatwa (ordinanza islamica), di richiamo ai musulmani di astenersi a qualsiasi forma di interazione durante le festività del Natale.

Il documento inviato al governo di Hamas, è stato reso pubblico. Ma perché tutto questo? L’obiettivo non è quello di sollecitare la fine dell’assedio di Gaza, non è quello di promuovere una riconciliazione tra Fatah e Hamas per raggiungere l’unità nazionale palestinese e nemmeno quello di mobilitare le persone per aiutarsi e sostenersi gli uni con gli altri in questi tempi difficili di pandemia, ma tutti gli sforzi di Hamas mirano ad intensificare la divisione politica, l’isolamento e la frammentazione, a seminare ulteriore odio e divisione tra la popolazione palestinese. Chiediamo a Hamas: perché? Di cosa avete paura? Cosa vi spaventa nel vedere la gente palestinese partecipare a questi eventi sacri, o nelle manifestazioni per il Natale e decorare ed illuminare l’albero di Natale? Quale aspetto religioso del Natale vi turba?

Il Natale è il tempo della gioia e dell’amore; è la festa per i bambini per essere felici; è la festività anche per coloro che sono stati privati dei loro diritti, degli oppressi, di coloro che sono affamati, malati e senza tetto. Perché proibire ai bambini palestinesi che vivono nella miseria e nella paura di essere felici almeno per qualche giorno durante l’anno? Non credete che sarebbe stato meglio invitare i bambini di Gaza e le loro famiglie a decorare ed illuminare più alberi, per poter seminare nei loro cuori la speranza di un futuro che porterà giustizia, libertà, indipendenza e prosperità? Che male vi fa l’albero di Natale? Cosa simboleggia? Non è un simbolo religioso ma rappresenta l’albero della vita in paradiso ed è dunque il simbolo della vita e della semplicità del vivere. Ma il valore ancora più grande dell’albero di Natale è quello di riempire i cuori dei bambini e delle loro famiglie di gioia.

Credete sia troppo per la nostra gente vivere qualche giorno di gioia tra tutte le privazioni e la miseria resi ancora più infelici dall’avvento di questa pandemia che ci ha portato ancora più povertà e miseria? Il Natale, è la nascita del messaggero dell’amore e della pace; la nascita di Gesù, figlio di Maria, che voi onorate come uno dei profeti di Dio. Non viene menzionato nel sacro Corano venticinque volte? Maria non viene menzionata trentaquattro volte? Non c’è un intera surah dedicata a Maria? Non è il Natale la festa di Betlemme e della Palestina per eccellenza? Non è l’orgoglio, il cuore e la gloria dei giorni sacri della Palestina? Non è la ragione per la quale milioni di pellegrini si recano a Betlemme e diventa dunque una risorsa fondamentale di reddito per la Palestina ed i palestinesi? Perché offendete voi stessi e la Palestina con tali follie?

È assurdo isolarsi dal resto del mondo, in un periodo così difficile, per voi e per la gente di Gaza che avete bisogno più che mai della compassione e del supporto del mondo. Purtroppo, anziché di mostrare al mondo intero il lato tollerante, generoso, bello e positivo del movimento islamico a Gaza, siete caduti nella vostra stessa trappola mostrandovi chiusi, oscuri, con un cuore nero e una mente rigida, avvolti nell’odio del passato, nella sua oscurità e nella sua arretratezza. Cosa hanno fatto i palestinesi cristiani a Gaza e alla sua gente, ad Hamas e alla sua resistenza? Non ha la Chiesa della Natività nel 2002, aperto le sue porte per fornire riparo e protezione a tutte le persone che si sono rifugiate dando cibo, acqua e un luogo sicuro in cui passare le lunghe nottate, indipendentemente dalla loro religione, durante l’assedio dei trentanove giorni? Questa chiesa è la casa del Natale. In questa chiesa nella grotta, duemila anni fa è nato Gesù.

Trenta frati francescani provenienti da diciassette paesi diversi, hanno messo a rischio la propria vita per proteggere la vita di tutti coloro che si erano rifugiati nella chiesa. Non hanno le scuole cristiane, i monasteri di Gaza aperto le proprie porte a centinaia di famiglie senza tetto durante l’offensiva nel 2014? Non hanno le istituzioni cristiane come la Caritas, Catholic Relief Services, e la Missione pontificia fornito aiuti a milioni di persone negli anni per dare rifugio a coloro senza una casa, per curare i malati, per dare da mangiare agli affamati e per istruire i bambini? Perché allora Hamas teme il Natale? Ha forse paura, che la gioia riempia i cuori dei bambini? O teme che il sentimento di felicità sarà più grande di quello della disperazione? In quale modo i cristiani spaventano Hamas? Ha paura della grazia instancabile che hanno i cristiani, o della loro speranza che fa vedere la luce alla fine del tunnel oscuro dell’occupazione? Perché aggiungere a tutto ciò l’umiliazione, l’oppressione e l’irrigidimento da parte delle autorità, che dovrebbero invece essere il sostegno, l’amico, il compagno, in questo lungo calvario?

No, signori dell’amministrazione generale del ministero degli Affari religiosi e della consulenza del ministero del Fondo palestinese a Gaza, state trattando il Natale come se fosse una celebrazione per l’idolatria o per gli infedeli. No signori, questo è il Natale, la nascita di Gesù, figlio di Maria; la Parola di Dio e il suo Spirito, nato dallo Spirito di Dio in Maria. No signori, questo è il Natale della Palestina, una festa nazionale per cristiani e musulmani, che insieme hanno costruito la Palestina, la sua storia e la sua cultura, e che stanno ancora pagando il prezzo per la lotta per l’indipendenza e la libertà. Poiché il Natale è una festa nazionale, una festività di gioia e speranza per un futuro migliore, il presidente palestinese ha sempre partecipato volentieri alla celebrazioni per il Natale sin dalla fondazione dell’Autorità palestinese, a cominciare dal presidente Yasser Arafat. Il Presidente Mahmoud Abbas continua a partecipare alla celebrazioni ogni anno con i cattolici, gli ortodossi e gli armeni. Perché? Perché si rende conto che questa festività è la festa di Betlemme e della Palestina. È un’occasione preziosa perché l’attenzione e il cuore di tutte le persone di pace nel mondo sono rivolte a Betlemme, alla sua culla, alla sua gente, alla sua determinazione, al suo sacrificio durante il corso della storia.

Alla fine della mia rimostranza a voi miei fratelli, vi invito a rivedere e correggere la vostra posizione, e a ritrattare questo comunicato che non ha alcun senso. Non siate sostenitori di preoccupazione ed angoscia, e non accrescete il peso e le preoccupazioni sulle spalle delle persone; ne hanno già abbastanza. Siate piuttosto sostenitori di tolleranza, di cooperazione e fratellanza. La religione non ha confini, la religione vuol dire amore, non avversità, ed è questa l’essenza del messaggio del Natale. Non mi aspetto che invitiate le persone a partecipare attivamente alla festività della gioia, o che alleviate la sofferenza della nostra gente angosciata e preoccupata, ma almeno lasciate stare coloro che cercano l’opportunità di seminare un sorriso nel cuore di un orfano, un affamato, un malato o un bambino senza tetto. Lasciateli in pace! Poiché non gli rimane nulla oltre che all’assedio, alla povertà e alla pandemia.

Fonte: Fra Ibrahim Faltas | LaNuovaBQ

 

Fra Ibrahim Faltas, autore di questo articolo, gestisce per la Custodia di Terra Santa le relazioni con l’Autorità palestinese e Israele.

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