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Interiorizzare il lockdown

A un governo che non vuole prendersi la responsabilità di decidere, non resta che colpevolizzare e moralizzare i cittadini

Gli italiani non dovrebbero uscire di casa per dar vita ad «assembramenti intollerabili», ma sentire ogni giorno dentro di loro «il lutto nazionale». Sono le parole oggi al Corriere del ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia, che da una parte difende l’operato del governo per contenere l’epidemia («noi continuiamo ad essere molto rigorosi»), dall’altro denuncia il comportamento della popolazione, che farebbe meglio a «entrare in un ospedale per rendersi conto della situazione» piuttosto che farsi un deplorevole giro in centro: «Ognuno deve fare la sua parte. Non è che possiamo combattere la pandemia con i controlli a ogni angolo e le multe».

REGIONI COLORATE E CASHBACK

Ieri Lombardia, Piemonte, Basilicata e Calabria sono tornate “gialle”, hanno riaperto bar e ristoranti, e complice la giornata soleggiata i residenti di queste regioni hanno fatto quello che, a sentire gli esponenti del governo, è un delitto intollerabile: sono usciti di casa, anche solo per prendersi un caffè. Poco importa che a Milano, Torino, Roma, Bologna e Firenze la gente portasse le mascherine. Sui giornali lo shopping viene definito «selvaggio» e il tono generale di colpevolizzazione è ben rappresentato da questo titolo sobrio della Stampa: “A Treviso shopping e spritz ma gli obitori sono stracolmi”.

Sono stati stabiliti ben 21 parametri per decidere quali misure le regioni debbano adottare per prevenire il contagio. I territori hanno rispettato queste misure, eppure l’esecutivo sembra insoddisfatto e punta il dito contro i cittadini se esse non funzionano. Il governo inoltre ha appena lanciato in pompa magna il cashback di Natale, per spingere i cittadini a non fare acquisti online ma fisicamente in negozio, salvo poi inorridire perché la gente ha iniziato a utilizzarlo.

INTERIORIZZARE IL LOCKDOWN

Questa schizofrenia porta a galla il problema principe del governo: l’incapacità di prendere decisioni e assumersene la responsabilità. Come scrive oggi Paolo Mieli nel suo editoriale sul Corriere, «in Italia si sottovaluta la fragilità intrinseca e l’inevitabile erraticità di un governo che non ha ricevuto in nessuna forma un qualche consenso degli elettori ed è anzi figlio di una manovra parlamentare avente come esclusivo (ancorché legittimo) scopo quello di mettere fuori gioco l’avversario ed impedirgli una rivincita nelle urne. Un governo del genere per sua natura non ha una missione condivisa e (…) la sanità nazionale è la prima vittima».

Lo stesso Boccia spiega al Corriere che al posto del gioco colorato di aperture e chiusure sarebbe meglio un «lockdown generale», come quello che applicherà Angela Merkel durante le feste natalizie in Germania. Il pensiero del ministro è più che legittimo, peccato che parli come un virologo da stadio qualunque, come se non facesse parte del governo cui spettano le decisioni in materia. L’obiettivo suo, e degli altri esponenti dell’esecutivo, è proprio questo: spingere gli italiani ad autoimporsi il lockdown, a interiorizzarlo («dovremmo sentire ogni giorno dentro di noi il lutto nazionale»), per non doversi prendere la responsabilità politica di emanarlo. Solo così il governo potrà restare in sella anche se le sue misure si rivelano inefficaci.

Da qui la necessità di stigmatizzare comportamenti «ingiustificabili, irrazionali e irresponsabili» e mettere le mani avanti: se arriverà la “terza ondata”, la colpa sarà di chi ha voluto uscire di casa durante il periodo natalizio per concedersi il “lusso” dello shopping. E poco importa se questi comportamenti sono stati non solo permessi, ma incentivati dal governo. Tanto peggio, tanto meglio: la guerra che ne deriva tra «rigoristi» e «negazionisti» – l’estremizzazione è d’obbligo al tempo del Covid – è una manna per la sopravvivenza dell’esecutivo.

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