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Usa. Tre motivi per cui Biden ha poco da festeggiare (anche se vince)

Il voto ha mostrato che: i democratici non capiscono più gli americani; senza Senato Biden non potrà portare avanti la sua agenda; le minoranze non si sentono «vittime»

L’Onda blu che doveva travolgere gli Stati Uniti e sommergere il consenso ottenuto da Donald Trump nel 2016 non c’è stata. Mentre lo spoglio dei voti negli ultimi Stati procede a rilento, Joe Biden è ben instradato verso la vittoria finale, anche se i repubblicani hanno già intrapreso la strada dei ricorsi. Anche se l’ex vicepresidente di Barack Obama riuscisse a conquistare la Casa Bianca, però, il Partito democratico ha poco da festeggiare. Ci sono almeno tre motivi.

I DEM NON CAPISCONO PIÙ L’AMERICA

Innanzitutto, come ammesso anche dal Washington Post, che vede Trump come il fumo negli occhi, «l’imponente vantaggio di Biden che doveva portare a casa una vittoria schiacciante, aiutando il Senato a diventare democratico, è svanito prima di martedì sera. Il ripudio di Trump che così tanti sondaggi ci hanno indotto a pensare fosse vicino non c’è stato». Insomma, «le cose non sono andate come ci aspettavamo: i media e i sondaggisti hanno sbagliato tutto di nuovo».

Come scritto in un’analisi su The Week dal conservatore Damon Linker, se da un lato gli americani non hanno dato retta ai democratici e non condividono la loro visione del paese, dall’altro i dem hanno dimostrato di non capire più gli americani. «I democratici non volevano semplicemente vincere e governare, no, volevano condurre una rivoluzione morale per trasformare il paese. Allargare la Corte suprema. Aggiungere Stati che tendono a sinistra. Abolire la polizia. Riscrivere la storia della nazione con la supremazia dei bianchi e il razzismo “al suo vero centro”. Non sorprende che così tanti repubblicani siano andati a votare» e che Trump abbia raccolto quasi 4 milioni di voti in più rispetto al 2016.

SENZA SENATO GOVERNARE È DURA

Il secondo motivo riguarda la mancata conquista del Senato da parte dei democratici. Anche se la matematica ancora non ne affida al 100 per cento il controllo ai repubblicani, come a Trump serve un miracolo per conquistare la Casa Bianca, così a Biden ne serve un altro per prendere il controllo del Campidoglio. La presidenza di Biden ne risulterà di conseguenza azzoppata: senza l’appoggio del Senato non potrà infatti portare avanti le riforme a cui il partito tiene di più. Dalla sanità agli investimenti green, dall’allargamento della Corte suprema alle tasse, i repubblicani potranno bloccare qualunque iniziativa del presidente democratico.

Come scrive in un’analisi per il Financial Times Edward Luce: «Che cosa potrebbe dunque fare Biden come presidente? Faticherà a trovare un centro americano che non sembra esistere più. Sarà costretto a scendere a patti con [il leader repubblicano del Senato] McConnell e così si alienerà il sostegno della sinistra democratica. Senza la sua cooperazione, potrà fare ben poco. Avrà spazio di manovra solo in politica estera. Ma il fantasma di Trump continuerà a infestare la sua America».

TRUMP GUADAGNA VOTI TRA LE MINORANZE

Infine, il risultato delle elezioni ha fatto crollare il mito del voto identitario sbandierato dai democratici. Spiega Federico Rampini su Repubblica: «Non si è verificata quella svolta valoriale e culturale che doveva venire dalle proteste anti-razzismo, dopo la morte di George Floyd. È avvenuto il contrario: le posizioni estremiste del movimento Black Lives Matter hanno regalato a Trump successi inaspettati tra gli afroamericani e gli ispanici, dove la piccola borghesia ha temuto le violenze e i saccheggi di una piazza dominata dalle frange radicali».

Trump, nonostante il muro al confine con il Messico e la sua politica su immigrati e clandestini, ha conquistato 160 mila voti in più rispetto al 2016 soltanto tra i latinos di Miami. Ha ottenuto la fiducia dell’elettorato cubano e di quello messicano. Al primo posto negli interessi di queste categorie di elettori c’era l’economia e non la discriminazione o la lotta al razzismo. Trump l’ha capito, i democratici, impegnati a dipingere ogni minoranza etnica come «vittima» e non come americana a tutti gli effetti, no. Come scrive sul Wall Street Journal Mike Gonzales: «La politica identitaria è la grande sconfitta di queste elezioni. L’idea che il paese debba essere diviso in categorie svantaggiate sulla base di razza, nazionalità di origine e sesso – ormai un must del Partito democratico – ha perso dappertutto. Gli elettori hanno dimostrato di sentirsi americani, non vittime, e questo è qualcosa per cui bisogna festeggiare. A prescindere da chi conquisterà la Casa Bianca».

MA QUALE SCONFESSIONE DI TRUMP

Biden riuscirà forse a diventare presidente degli Stati Uniti, ma il Partito democratico non ha sconfitto Trump. Se, come scrive Giuliano Ferrara sul Foglio, «l’unica cosa che contava» per ogni antitrumpiano democratico che si rispetti, «era una sconfessione americana chiara di questi quattro anni indecenti, non c’è stata, tutt’altro». Qualcuno dovrà pur mettere l’ideologia da parte e cominciare a chiedersi perché.

Fonte: | Tempi.it

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