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Pakistan. Liberata la 13enne cristiana rapita, convertita e sposata con la forza

Ora la giovane, Arzoo Raja, è in una struttura protetta in attesa di un giudizio definitivo sulla sua restituzione alla famiglia

Liberata dai suoi sequestratori e portata in una struttura protetta in attesa di un giudizio definitivo sulla sua restituzione alla famiglia. Uno sviluppo importante quello di ieri per Arzoo Raja, la 13enne cristiana sequestrata il 13 ottobre a Karachi, in Pakistan, per essere nel giro di poche ore costretta alla conversione all’islam e al matrimonio con un uomo di 44 anni, Ali Azhar, che ora è stato rinviato a giudizio.

Una evoluzione positiva, quest’ultima, in una catena di dolorose vicende simili quanto a svolgimento e incentivate dalla condizione di subordinazione delle minoranze.

La svolta è stata resa possibile dal governo della provincia del Sindh che, come ha confermato il suo portavoce, è intervenuto sull’Alta Corte provinciale. Di conseguenza, il giudice ha «ordinato alla polizia di localizzare Arzoo entro cinque giorni e di trasferirla in una casa di accoglienza».

Un atto in contrasto con la decisione della stessa Corte che, il 28 ottobre, aveva ammesso la legittimità della convivenza di Arzoo con il marito, senza apparentemente tenere in alcuna considerazione i documenti presentati dalla famiglia e dai suoi legali che ne certificavano la giovane età, di molto inferiore a quella stabilita per legge per un matrimonio, ammettendo pure la conversione e la legalità dell’unione perché non era stata provata la coercizione.

Nella sua delibera di ottobre, pur chiedendo un supplemento di indagini, l’Alta Corte aveva altresì proibito alla polizia di procedere all’arresto di chiunque fosse coinvolto nel sequestro e aveva liberato su cauzione tre dei complici di Ali Azhar, ma imposto di proteggere la famiglia di Arzoo.

Decisioni contraddittorie da cui è risultata una situazione che ha mantenuto la famiglia nell’angoscia e la giovane in una situazione di rischio elevato, nelle mani del suo sequestratore, dei suoi congiunti e di altri adulti. Il 30 ottobre, i genitori di Arzoo avevano quindi inoltrato in modo autonomo richiesta al magistrato locale affinché alla figlia venisse allontanata dal sequestratore per salvaguardarne l’incolumità e le fosse concesso di presentarsi in tribunale nelle prossime udienze sul suo caso.

I genitori sono convinti, e con loro chi ne sostiene le legittime richieste, tra cui Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), che un matrimonio infantile consumato equivalga a violenza sessuale, reato indicato nell’articolo 375 del Codice Penale e dall’articolo 5 della Legge sulla protezione delle donne. Anche per questo, nonostante la soddisfazione per gli sviluppi della vicenda, l’avvocato Muhammad Jibran Nasir, legale della famiglia, ha ribadito che «il posto più sicuro per un bambino è con i suoi genitori» e ha auspicato che «la Corte la restituisca loro subito dopo la prossima udienza».

Fonte: Stefano VECCHIA | Avvenire.it

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