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UNA DOMANDA SUL DECRETO/ Come si può parlare di rilancio e dimenticarsi le famiglie?

Per le famiglie è un decreto Rilancio pessimo: risorse insufficienti, interventi spezzettati e accesso ai benefici ancor più burocratizzato e complesso.

Grave la delusione per chi si aspettava nel decreto Rilancio un sostegno non marginale e finalmente solido per le famiglie. Anche il Forum delle associazioni familiari, nelle parole del presidente Gigi De Palo, denuncia che “fino a oggi siamo stati molto collaborativi e comprensivi con l’esecutivo, ma dobbiamo registrare che nessuna delle nostre proposte, tutte peraltro ampiamente sostenibili, concrete e di buon senso, è stata accolta […] il Governo non ha ascoltato il grido di dolore dei nuclei familiari, specie quelli con figli. Ma restare sordi a questi bisogni vuol dire non rendersi conto della gravità della situazione […] Dobbiamo prendere atto che il nostro non è un Paese a misura di famiglia”.

Parole chiare, e un giudizio ormai definitivo: nell’agenda del Governo la famiglia appare retoricamente come una risorsa insostituibile; ma quando si tratta di inserirla tra i fattori produttivi decisivi per la ripresa, su cui quindi investire decisamente, ecco che la famiglia ritorna nell’ombra, a raccogliere briciole e interventi spezzettati e insufficienti. Cosicché i ministri di turno possano dire “abbiamo fatto A, abbiamo fatto B”, ma né “A” né “B” sono la risposta: a volte sono la cosa giusta, ma con poche risorse; altre volte non sono nemmeno la risposta giusta, ma sono interventi assistenzialistici, senza respiro, spesso limitanti la libertà stessa delle famiglie.

Ad esempio, pare che il sostegno ai lavoratori che chiedono lo smart working e il lavoro da casa per esigenze di conciliazione familiare verrà reso ancora più complesso e condizionato, anziché incentivato in modo deciso e generoso. Rendendo così ulteriormente burocratizzato e complesso l’accesso a benefici che le famiglie dovrebbero poter ricevere facilmente – e soprattutto subito.

E anche sulla tempestività degli interventi economici e sanitari di sostegno il Governo ha fatto troppo spesso in queste settimane una magra impressionante – purtroppo anche per aziende, liberi professionisti, redditi bassi eccetera -, rendendo inutilmente complesse le procedure e intollerabilmente lunghi i tempi di erogazione. In altri tempi questi ritardi sarebbero stati motivo sufficiente per dimissioni di ministri o cambi radicali di passo. Oggi purtroppo non pare realistico prevedere un cambiamento di questo tipo, però troppe famiglie sono allo stremo: come  non accorgersene?

Il decreto Rilancio mette in moto molte risorse, e per qualche settore forse ci si potrà fare affidamento, per poter entrare nella Fase 2 con più decisione, progettualità e speranza. Ma per le famiglie la situazione è diametralmente opposta: si è potuta tollerare una Fase 1 discontinua e sconnessa, perché si era davvero in emergenza piena, ma ora, dopo oltre due  mesi di lockdown familiare, per le famiglie si deve proprio parlare di “Fase Meno 2”: anziché migliorare gli interventi e la loro logica, si è tornati indietro, alla marginalità delle politiche familiari, è tornato evidente che la politica di famiglia sa parlare, a volte anche molto bene, ma quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, le priorità sono altre, e alle famiglie rimangono le briciole.

È vero, come dice De Palo, che le famiglie non possono scioperare – prima di tutto perché lo farebbero contro se stesse e poi perché la famiglia non sospenderebbe mai la cura del proprio familiare anziano, o il compito di portare a casa il reddito per sé e per i propri figli, né tantomeno la cura e l’educazione dei propri figli. Ma forse le famiglie possono cominciare a prendere nota di chi vota e decide a favore della famiglia e invece di chi vota e decide contro, in Parlamento, nel Governo, nelle assemblee regionali e nei Comuni. Prima o poi si tornerà a votare…

Fonte: Francesco Belletti | IlSussidiario.net

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