Il grido d’aiuto di un sacerdote per un bimbo ammalato di leucemia. Il padre è morto e la madre, 22 anni, non ha nemmeno i soldi del viaggio settimanale per i controlli medici

«Mio figlio Alan Fernando ha due anni e ha la leucemia». Si è presentata con questa frase Patricia, 22 anni, al dispensario Los Angelitos di Tacaná, dove don Angelo Esposito, fidei donum campano, cerca di curare i bimbi dalla malattia più diffusa in Guatemala: la fame. Un piccolo su due ne soffre. Tanti ne muoiono. Altri – se non vengono assistiti subito – sono condannati a una crescita “ritardata”, dal punto di vista fisico e mentale. A quella battaglia, però, don Angelo è preparato. Alla leucemia, no.

Eppure deve trovare il coraggio per aiutare Patricia, che non sa a chi altro rivolgersi. Il marito e padre di Alan, Marino, è morto all’improvviso a Cancun, in Messico, dove la coppia era emigrata in fuga dalla miseria. La giovane e il piccolo, all’epoca neonato, sono, dunque, tornati in patria, dalla famiglia. «Quando ha compiuto un anno, Alan ha avuto un malore fortissimo. Non capivamo che cosa avesse. L’abbiamo portato in un ospedale, a Città del Guatemala». Là i medici hanno diagnosticato una forma grave di leucemia. «Non credo passerà la notte», era stata la sentenza di un giovane dottore. «In quel momento mi è venuto in mente un pensiero tremendo: Alan non era stato ancora battezzato. Non poteva morire senza battesimo! Mi sono messa a correre per il reparto fin quando mi sono imbattuta in un’infermiera. L’ho supplicata di chiamare subito un medico». La donna si è rivolta al cappellano che è arrivato immediatamente. «Quella notte, ho pregato fino allo sfinimento e Alan si è salvato. Sono caduta in ginocchio e ho ringraziato il Signore tra lacrime». Ma la sua vita è appesa a un filo. La terapia è costosa. E Patricia è povera. Tanto da non avere nemmeno i soldi per portare ogni settimana il figlio nella capitale per i controlli.

«Mi hanno, inoltre, detto che ci vorrebbero altri interventi con macchinari e farmaci che in capitale non hanno. Aiutatemi padre, aiutate il mio bambino a non morire», è l’appello disperato della ragazza. Don Esposito e il centro di Los Angelelitos non hanno i mezzi per farlo ma il sacerdote non è disposto ad arrendersi. «Tra due giorni sarà Natale e Alan rappresenta la Cometa. In questo tempo in cui si attende la nascita di Gesù Bambino non è un caso che sia proprio un bambino ad orientare i nostri passi verso l’Amore – ha scritto don Angelo in una toccante lettera aperta (email: p.angeloesposito@gmail.com) –. Alan ci indica una strada alternativa a quella del consumismo e allo spreco. Questo bimbo con il suo dolore ci spinge a camminare sul sentiero della solidarietà».

«La sua mamma – continua – e lui sono come Maria e Gesù: cercano un posto dove stare, dove poter essere aiutati. Se tenderemo la mano a questo bimbo, nella mangiatoia, insieme a Gesù, nascerà anche lui. Diventiamo tutti amici ad Alan! Regaliamogli la vita… Seguiamo la “Cometa Alan”, illuminiamo nel giorno di Natale la povera capanna con una luce abbagliante, facciamo che Gesù Bambino sia felice per un altro bambino».

Fonte: Lucia CAPUZZI | Avvenire.it