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Famiglia sotto assedio, oltreoceano qualcosa sta cambiando e noi cosa possiamo fare?

Che facciamo? Ci rassegniamo? Diamo per inarrestabile una deriva che ha fatto della nostra Nazione una delle più vecchie e delle meno aperte alla vita? Archiviamo una stagione, non remota, che aveva prodotto  una buona legge sulla fecondazione artificiale (l’unica che riconosce i “diritti del concepito”), una efficace riforma delle norme sulla droga, la difesa in Europa dei simboli della nostra fede, e che aveva resistito alla sostituzione con i desideri dei diritti antropologicamente fondati? Chiudiamo bottega con un bel “selfie” a fianco del primo trans che viene a trovarci? O facciamo dell’altro?

Proviamo a sintonizzarci oltreoceano: anche lì la duplice vittoria di Obama aveva prodotto scoramento; la ventata liberal presidenziale sulle questioni di principio, dalla droga agli obiettivi lgbt, pareva inattaccabile. Poi l’apparente sorpresa delle elezioni di inizio novembre: certamente una sorpresa per gran parte dei media italiani, se per descrivere un tratto essenziale della neo-senatrice dell’Iowa Joni Ernst hanno ricordato che lei, quand’era giovane allevatrice, «castrava maiali». Quasi a dire: solo una così può essere contro i matrimoni gay. O se trascurano che il cambio era iniziato da almeno un paio d’anni, come testimonia l’elezione nel 2012 a senatore del Texas di Ted Cruz, anch’egli orgoglioso difensore di vita e famiglia. O se ignorano il governatore della Luisiana Bobby Jindal, convertito al cattolicesimo dall’induismo, quando da noi va di moda il contrario, pure lui paladino dei princìpi essenziali.

Ma se in tanti States vi è sensibilità sui princìpi più che da noi non dipende da fattori occasionali: una rete di fondazioni e di associazioni che non smette di “produrre” cultura e di fornire basi e argomenti a chi svolge attività politica; riviste e giornali che svolgono con costanza indirizzo e formazione sulle sorti della famiglia e del diritto alla vita, orientando il voto sui candidati che mostrano coerenza; non pochi vescovi cattolici e pastori di altre confessioni che, pur mantenendosi distanti dalle competizioni elettorali, insistono su questi tasti, in modo ragionato e organico. E i risultati non mancano, anche quando si vota.

Non è detto che sia solo negli Stati Uniti. Può accadere pure qui: a condizione che si lavori sul fronte della formazione, della informazione e dell’impegno politico esattamente come fanno le “castratrici di maiali”.

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