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Papa alla comunità Shalom «Ridere di noi stessi ci salva dal narcisismo»

 

Ieri l’udienza alla comunità cattolica comunità cattolica Shalom – Accolti in Aula Paolo VI più di 3mila pellegrini provenienti da tutto il mondo.«La droga taglia ogni radice»

«Giovani, rompete lo specchio! E se uno si guarda allo specchio, gli do un consiglio: ridiamo di noi stessi, questo ci dà allegria e ci libera dalla tentazione del narcisismo». È uno dei passaggi chiave e più significativi del discorso pronunciato a braccio, in spagnolo, da papa Francesco alla Comunità cattolica

Shalom, i cui membri sono stati ricevuti ieri mattina – circa 3mila pellegrini accorsi da tutto il mondo – in udienza nell’Aula Paolo VI. Un invito quello di Bergoglio soprattutto a testimoniare la misericordia uscendo da se stessi, dall’autoreferenzialità indirizzata proprio a questa istituzione nata nel 1982 in Brasile su ispirazione di giovani universitari. Bergoglio ha voluto soprattutto ribadire questa verità: mettersi in guardia dalla tentazione del narcisismo, vera e propria «malattia dello specchio».

La Comunità cattolica Shalom, sorta in Brasile 35 anni fa con una pizzeria e annessa libreria per l’accoglienza e l’evangelizzazione dei giovani, ha ottenuto nel 2007 il riconoscimento del Pontificio Consiglio per i laici come associazione internazionale di fedeli. Oggi questa istituzione conta circa 3.800 membri ed è presente in 19 Paesi. All’ambitopiù ampio dell’opera fanno riferimento circa 45mila persone. Del resto, questa intuizione – hanno confidato proprio a Francesco il fondatore Moysés Louro de Azevedo Filho e la cofondatrice Maria Emmir Oquendo Nogueira, entrambi brasiliani – è nata nel luglio 1980, quando essi fecero questa offerta di se stessi «per la prima volta nelle mani di Giovanni Paolo II a Fortaleza, sollecitati dal cardinale Aloísio Lorscheider, al momento dell’offertorio dellaMessa». «Una delle cose che caratterizza la gioventù e l’eterna gioventù di Dio», ha ribadito Bergoglio in risposta alla domanda di una ragazza francese che si è battezzata nel corso del recente Giubileo della Misericordia, «sia per i giovani che per coloro che sono giovani per la seconda volta, è l’allegria, la gioia. All’allegria si oppone la tristezza, una tristezza dalla quale voi siete usciti. Un giovane che rimane su se stesso, che vive solo per sé, termina – uso un verbo argentino – empachado (costipato) di autoreferenzialità ».

Quindi, Francesco si è soffermato sul problema della tossicodipendenza oggi. Rivolgendosi ad un giovane brasiliano che ha raccontato dei suoi trascorsi di uso di stupefacenti dapprima con una battuta calcistica che ha suscitato le risate dei presenti: «Chi è il migliore, Pelè o Maradona?». Poi ha proseguito: «Per molto tempo sei passato nel tunnel della droga: è uno degli strumenti che ha la cultura nella quale viviamo per rovinarci, ci rende invisibili a noi stessi, come se fossimo di aria. La droga ci porta a negare tutto quello che abbiamo, la droga taglia le radici del cuore, le radici carnali, le radici storiche, le radici problematiche, e ti lascia vivere in un mondo senza radici ».

Nel suo articolato intervento tanti sono stati anche gli accenni alla cultura «dell’indifferenza e della disperazione»: temi suggeriti proprio da un giovane cileno in “dialogo” con il Pontefice argentino. E citando la parabola del Figliol prodigo– tratta dal Vangelo di Luca – Francesco ha ammonito: «Nella peggiore delle situazioni, il Padre ci sta attendendo, con misericordia e tenerezza: non disperare mai». «D’accordo?», si è interrogato papa Bergoglio che di fronte alla risposta un po’ sommessa della folla di ragazzi, ha chiosato con una battuta: «Dio mio, come state! Sembra che invece di darvi animo vi sto dando un calmante nervoso per dormire!». Papa Francesco, infine, si è rivolto ai membri adulti della comunità Shalom, domandandosi «quale servizio chiede oggi il mondo a questo carisma»: «Il dialogo: una delle sfide che oggi in questo mondo è il dialogo tra i giovani e gli anziani. I giovani hanno bisogno di ascoltare gli anziani, che hanno la saggezza, e gli anziani hanno bisogno di ascoltare i giovani, per sognare e incoraggiarli ad andare avanti. Gli anziani non vanno tenuti nascosti. Questo dialogo è una promessa per il futuro».

Fonte: Avvenire

 

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