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Famiglia Fattore di sviluppo. La Lombardia dà l’esempio

Dalla Lombardia arriva un segnale importante a favore della famiglia. Il Consiglio regionale ha approvato ieri il cosiddetto “Fattore famiglia, uno strumento che cambia il modo di selezionare chi ha diritto alle agevolazioni in alcuni servizi sociali, dalla scuola alla casa, dal lavoro ai trasporti. È la prima regione in Italia a intraprendere questa strada e c’è da augurarsi che possa fare da apripista, anche se le resistenze culturali e politiche a norme che riconoscono il valore sociale della famiglia sono molte e tenaci.

Tecnicamente il “Fattore famiglia” non è una cosa complicata: si tratta di una formula, un “algoritmo” come si dice oggi, che modifica i criteri con cui si valuta la situazione reddituale quando è necessaria l’attestazione Isee per beneficiare di determinati servizi o di speciali agevolazioni. Le famiglie italiane sanno bene cosa vuol dire trovarsi anche solo per pochi euro oltre le soglie di reddito fissate per ottenere ad esempio un “buono scuola” o uno sconto sui trasporti, anche se si hanno tanti figli, familiari da assistere, e non si è affatto ricchi. Ecco, il Fattore lombardo interviene proprio qui: aumenta il punteggio in base al numero di componenti della famiglia, se sono presenti disabili, se è stato acceso un mutuo prima casa, se si è residenti in Lombardia e se lo si è da più tempo.

La vera difficoltà di uno strumento come questo è solo politica. Nella regione della rosa camuna se ne parla da almeno sei anni, ma il risultato è stato portato a casa soltanto ora, frutto di un disegno di legge presentato da Lombardia Popolare (gli ex Ncd, relatore Alessandro Colucci) e di una lunga mediazione, anche con errori e correzioni di errori, che ha convinto tutta la maggioranza guidata dal leghista Roberto Maroni, una volta accertato che la formula non finirà per premiare solo i cittadini di origine straniera (tendenzialmente più prolifici). La vera svolta, insomma, la rivoluzione che consente alla famiglia di trovare cittadinanza nelle politiche sociali, è in gran parte culturale. E rappresenta più l’inizio di un cammino che il suo approdo. Un successo frutto anche del lavoro del Forum delle Famiglie che ora guarda avanti e a ciò che può essere aggiunto.

Il Fattore lombardo è soprattutto un test, un banco di prova. Si parte applicandolo a determinati ambiti, ma presto potrà essere esteso a tutto il welfare. E niente vieta ai Comuni di farsi consegnare la “formula” che corregge l’Isee per applicarla ai propri servizi. In Italia c’è già chi lo fa, un centinaio di realtà locali riunite nella rete dei Comuni amici della famiglia, vera e propria frontiera sul territorio che tenta di contrastare la disgregazione sociale e la crisi demografica guardando alla famiglia come risorsa sulla quale investire e nella quale credere.

Non è un passaggio di poco conto, è una prospettiva che col tempo può cambiare il volto di un Paese e la sua carica di futuro. Il record negativo di nascite che si ripropone ogni anno in Italia racconta la storia di nuclei sempre più in difficoltà e di giovani che faticano a diventare genitori a causa di un contesto economico non facile e soprattutto di una cultura che per troppo tempo ha relegato la famiglia ai margini. Oggi ne stiamo pagando interamente il conto, in termini economici e valoriali. È per questo che, pur con tutti i limiti dello strumento, si deve guardare con favore a provvedimenti come quello approvato in Lombardia, augurandosi che non resti un caso isolato. Ed è ancora più importante dare credito al cantiere che si è aperto sulla famiglia a livello nazionale, con le misure su asili e natalità previste nell’ultima manovra, con il tentativo del Pd di rimettere ordine nei sostegni ai figli concentrandoli in un assegno universale, o con la pressione delle associazioni familiari per una riforma fiscale che incominci a premiare chi si fa carico di provvedere alle generazioni future. Non ci si devono fare illusioni, il menù continua a essere molto magro, perché il salto culturale è la sfida più difficile da affrontare. Ma è un passo avanti forse decisivo che segnali positivi e chiari arrivino da diversi schieramenti politici.

La famiglia, i figli, non possono e non devono essere considerati “questione” di una sola parte politica. Perché non lo sono. Perché sono “la” risorsa e “il” problema del nostro Paese e una priorità per tutti coloro che – a destra, a sinistra e altrove – si candidano a governarlo. Perché sono “Fattore di sviluppo”. E immaginare un’Italia che ridà centralità alla famiglia a ogni livello significa lavorare per costruire una casa comune più aperta e amichevole verso i soggetti deboli e più facile da abitare per tutti.

Fonte: Avvenire.it

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