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Il grande tesoro delle indulgenze: oggi e sempre, ecco perché

Le sue profonde radici teologiche ed ecclesiologiche esaltano la libera responsabilità e la comunione in Cristo

Sono particolarmente lieto del tema che quest’anno mi è dato di affrontare con questa Lectio che apre il  XXVI Corso sul Foro Interno della Penitenzieria Apostolica. Le indulgenze, infatti, rappresentano una preziosa sintesi tra teologia e spiritualità, tra prassi penitenziale e sollecitudine pastorale, tra dottrina sulla Misericordia e devozione popolare. Per il legame strutturale che esse hanno, poi, con delle precise opere da compiere, le indulgenze domandano, come del resto il Sacramento della Riconciliazione, un particolare coinvolgimento della libertà personale, sempre indispensabile nella formulazione e riformulazione dell’atto di fede.

Ho immaginato questo mio intervento in tre differenti passaggi: primo, le indulgenze, tesoro della Misericordia di Dio per la Chiesa; secondo, le indulgenze, sguardo soprannaturale della Chiesa e sulla Chiesa; ed infine, terzo, alcuni aspetti pastorali delle indulgenze.

 

1. Le indulgenze, tesoro della Misericordia di Dio per la Chiesa.

         è chiaro a tutti come la dottrina e la pratica delle indulgenze siano strettamente, anzi indissolubilmente legate al Sacramento della Riconciliazione ed ai suoi effetti.

Come ricordato dal Beato Paolo VI nella Costituzione apostolica “Indulgentiarum doctrina”: «L’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della Redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il Tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi» (ID, 21).

L’indulgenza ci parla dunque del tesoro della Divina Misericordia e della sua eccedenza anche rispetto a tutto il possibile male compiuto dall’uomo. Risuona, a tale riguardo, l’incantevole inno dell’Exultet, che canteremo al termine di questa Quaresima: «Felice colpa che meritò un così grande Redentore».

La consapevolezza della eccedenza del Dono salvifico della Misericordia rispetto sia ai meriti dell’uomo, sia, soprattutto, ad ogni possibile condizione di peccato e di distanza da Dio, altro non è, a ben guardare, che la concretizzazione, attraverso l’Incarnazione del Verbo, della fede nell’assoluta Trascendenza di Dio.

Spiego ulteriormente. La chiamata a credere nella Divina Misericordia, rivelatasi pienamente in Gesù Cristo, nella Sua Morte e Risurrezione, ed il riconoscimento dell’assoluta eccedenza di tale Misericordia sono, per noi cristiani, parte imprescindibile del riconoscimento della Trascendenza di Dio, della Sua assoluta alterità rispetto ad ogni esperienza che di Lui si possa fare. Crediamo in Dio, in Dio Padre, nella Sua assoluta Trascendenza, proprio nella misura in cui crediamo nella reale possibilità a noi offerta della Sua Misericordia e nella eccedenza di tale Misericordia rispetto alle nostre persone.

è sempre opportuno, a tale proposito, ricordare come il Mistero, rivelandosi non cessi di essere Mistero e si riveli a noi proprio nella Sua natura di Mistero: non è un caso se le parole fondamentali per indicare Dio siano strutturalmente termini “negativi”: in-finito, immenso, onnipotente, onnisciente, etc… questo ci dice che ogni esperienza possibile del Mistero, anche come misericordia, porta con sè la chiamata al riconoscimento umile e reale di una eccedenza, che, lungi dallo schiacciare o dal limitare la libertà degli uomini, ne costituisce il vero orizzonte di vita e l’autentico scopo motivazionale.

Potremmo dire che, se Dio è Bontà suprema, non è, tuttavia, la bontà come noi la conosciamo e di cui noi facciamo esperienza; se Dio è Giustizia, non è la giustizia come noi la conosciamo; Dio è Amore, ma non l’amore di cui noi facciamo esperienza. Lo stesso vale per il grande mistero della misericordia: Dio è misericordia, ma non è la misericordia, pur importantissima, di cui noi uomini facciamo esperienza. Egli si manifesta in essa, ci dona un pallido sentore del Suo Essere in ogni autentica esperienza di misericordia che noi possiamo vivere, ma è più grande, è sempre “di più” di ogni umana concreta esperienza.

In questo orizzonte ampio, nel quale riconosciamo l’assoluta trascendenza del Mistero e la libera volontà di manifestarsi agli uomini, per la loro salvezza, come misericordia, soprattutto nell’Evento storico-salvifico della morte e risurrezione di Gesù, deve essere collocata la dottrina sulle indulgenze. Il tesoro della misericordia è inesauribile, i suoi confini non sono tracciabili dalla povera intelligenza umana. Come, per tutti i Sacramenti, il Signore Gesù, avendoli direttamente o indirettamente istituiti, ha affidato alla Chiesa il compito di stabilirne la forma – e nei secoli la forma dei Sacramenti è cambiata, rimanendo intatta la loro sostanza – così, l’amministrazione del tesoro della misericordia è totalmente affidata all’Autorità della Chiesa, che piamente lo custodisce, saggiamente lo amministra e largamente lo dona.

Chiave di volta, per comprendere il tesoro delle Indulgenze, è la distinzione teologica tra colpa e pena. Ben sappiamo come la colpa venga rimessa dalla Riconciliazione sacramentale, mentre la pena temporale per i peccati commessi rimanga e domandi l’ulteriore dono dell’Indulgenza per essere rimessa.

Come leggere ed interpretare nell’attuale epoca della post-modernità, questa distinzione tra colpa e pena, che, ad uno sguardo superficiale, potrebbe apparire dal sapore medievale?

Il tesoro delle Indulgenze rimane incomprensibile alle menti che si autolimitano al solo orizzonte immanente dell’esistenza e che escludono aprioristicamente sia l’immortalità dell’anima, sia ogni forma di rapporto con il mistero successivo all’evento della morte. In una parola, le Indulgenze sono incomprensibili per l’uomo secolarizzato e perfino per quei cristiani che, in nome della demitizzazione del Cristianesimo, lo hanno ridotto ad una dottrina etica, utile solo agli Stati moderni per conservare il loro potere.

L’indulgenza è invece un inno alla libertà, un riconoscimento fino in fondo della dignità dell’uomo che, proprio perché razionale, libero e capace di volere, deve essere sempre considerato ordinariamente responsabile dei propri atti. La distinzione tra pena temporale e colpa deve essere preservata per poter, attraverso di essa, preservare, da un lato, l’autentica libertà dell’uomo e, dall’altro, la storicità, e dunque il valore temporale, degli atti che esso compie.

Sappiamo che il giudizio universale non sarà un colpo di spugna sulla storia ed il persistere della pena temporale, anche dopo l’assoluzione sacramentale della colpa, rende ciascun uomo consapevole delle conseguenze dei propri atti, gli indica il dovere responsabile della riparazione e, cosa ancora più importante, lo chiama alla partecipazione all’Opera Redentiva di Cristo, per sé e per i fratelli.

Preservando il tesoro delle Indulgenze, è preservata allora la trascendenza di Dio, attraverso il riconoscimento umile dell’eccedenza della Sua misericordia; è preservata la dignità dell’uomo, che sempre deve essere ritenuto capace di scelte libere e, dunque, responsabile dei propri atti; è preservata la verità della storia, nella quale gli atti vengono compiuti e che, per sua natura, nella sua oggettività fattuale, si sottrae ad ogni manipolazione; e, infine, è preservata la chiamata della creatura a divenire, sempre più perfettamente e consapevolmente partecipe dell’Opera del suo Creatore: opera Redentiva e di “nuova creazione”.

 

2. Le indulgenze, sguado soprannaturale della Chiesa e sulla Chiesa

La remissione delle pene temporali può essere accolta dal fedele solo per intervento della Chiesa. In tal senso, è opportuno mettere in luce due aspetti della realtà della Chiesa, imprescindibilmente legati al tesoro delle Indulgenze: il suo essere ministra della Redenzione e, insieme, il suo essere Communio sanctorum.

La Chiesa è ministra della Redenzione innanzitutto nel senso etimologico del termine: essa è serva del Redentore che è Cristo, è Corpo legato al Suo Capo, è totalmente protesa a permettere a Cristo di continuare a parlare e ad agire, nello spazio e nel tempo, a favore degli uomini, fino alla consumazione della storia.

La Chiesa è, pertanto, realtà totalmente teandrica e, nel contempo, totalmente relativa; relativa dell’unico “relativismo” possibile per un cristiano: l’essere in relazione con Cristo. In tal senso, la Chiesa è al servizio, non solo, della salvezza degli uomini attraverso la fedele amministrazione della Riconciliazione sacramentale, ma anche della loro piena cooperazione al mistero della salvezza e del loro progressivo inserimento nel servizio alla salvezza dei fratelli, che è rappresentato dalle Indulgenze.

Obbedendo fedelmente al comando di Cristo: «A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi; a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Gv 20,23), la Chiesa, da venti secoli, ripete all’umanità le parole di Cristo ai farisei e ai dottori della legge, nel miracolo del paralitico: «Perché crediate che il Figlio dell’uomo ha il potere, sulla terra, di perdonare i peccati» (Mt 9,6).

Il grande annuncio, infatti, non è solo quello della misericordia, i cui primordi è possibile rintracciare anche in ampie testimonianze dell’Antico Testamento, quanto piuttosto la sua diretta accessibilità storica, il suo essere “discesa sulla terra”, nel mistero dell’Incarnazione del Verbo.

La Chiesa ha il potere di rimettere i peccati solo perché Dio si è fatto Uomo e perché il Figlio dell’uomo ha il potere, sulla terra, di rimettere i peccati. In tal senso, l’agire sacramentale della Chiesa è totalmente relativo a Cristo e, sempre in tal senso, l’amministrazione del tesoro delle Indulgenze è fedele servizio alla eccedente misericordia del mistero.

Nella Chiesa, Sacramento universale di Salvezza, è celebrato il Santo Battesimo, Sacramento primordiale di Salvezza. Tra tutti coloro che sono immersi in Cristo, cioè nel mistero della Sua morte e risurrezione, e la cui vita è rinnovata dal Battesimo, si genera misteriosamente, sacramentalmente e realmente, una comunione che nulla può spezzare, se non il libero ed ostinato rifiuto di essa.

Fra tutti i battezzati, anzi tra tutti i redenti da Cristo – perché nel Mistero del sabato santo la Salvezza si estende anche ai giusti vissuti prima di Cristo – si crea dunque una Comunione, la Communio sanctorum, che non è semplicemente, o vagamente spirituale ed astratta, ma che diviene, utilizzando una categoria biblica, vera e propria alleanza per la salvezza.

In tal senso – e qui di nuovo siamo chiamati a superare ogni forma di riduzione immanentista del Cristianesimo e della Chiesa -, noi parliamo del Tesoro delle Indulgenze, guardando alla Chiesa di sempre, che va dal costato squarciato di Cristo ai giorni nostri, passando per il Cenacolo di Gerusalemme, dove il Collegio Apostolico è radunato attorno a Maria, per il sangue di tutti i martiri e per tutti santi, e perfino per quelli sconosciuti, che vivacemente seppur nascostamente, popolano venti secoli di storia.

In questa Comunione di santi esiste un’alleanza, che preserva e rende sempre attuale il tesoro delle Indulgenze.

Esso è, potremmo dire, sempre custodito e sempre incrementato dagli infiniti meriti di Cristo e dai meriti della Beata Vergine Maria e di tutti i santi, che già vivono nella Beatitudine eterna. La Chiesa militante, ministra delle Indulgenze, attinge continuamente e autoritativamente dai meriti di Cristo, da quelli della Beata Vergine Maria e da quelli di tutti i santi, il tesoro della misericordia che offre ai suoi figli.

Tale alleanza “ecclesiale” è poi concretamente vissuta da tutti i battezzati in cammino verso la salvezza eterna, sia che essi siano ancora nell’esistenza terrena, sia che essi vivano quello stato di purificazione dalle pene dovute per i peccati, chiamato Purgatorio.

è questa la ragione per cui, proprio facendo leva sul mistero delle libertà nel tempo, ciascun battezzato può lucrare l’indulgenza per se stesso, o può applicarla alle anime purganti, in forza non di una insostenibile sostituzione della libertà personale, ma piuttosto della comune vocazione alla salvezza e del differente e complementare stato in cui i battezzati si trovano. Chi è ancora nella vita terrena ha il dono della libertà e può sempre e maggiormente convertirsi; chi è in Purgatorio ha la certezza della salvezza eterna, ma non ha più il dono della libertà, per cui non può più meritare. . Tale complementarità della condizione spirituale dell’homo viator e dell’homo purgans, teologicamente fondata – lo ripeto – sulla Communio sanctorum, evidenzia con ancora maggior forza l’imprescindibile ruolo della Chiesa nell’amministrazione del Tesoro delle Indulgenze: solo con la Chiesa, nella Chiesa e attraverso la Chiesa è possibile attingere agli infiniti meriti di Cristo, della Beata Vergine Maria e dei Santi, per ottenere la remissione delle pene dovute per i peccati, per se stessi e per i fratelli in cammino di purificazione verso la piena visione beatifica.

 

La mediazione della Chiesa, tuttavia, non è mai in contrasto, nè in tensione con la libertà personale.

Tanto è vero che coloro che sono ancora in questa vita terrena possono ottenere l’indulgenza solo per se stessi, o per un fedele defunto, ma mai per un altro uomo, che sia ancora dotato della sua libertà, e quindi chiamato a scegliere personalmente, a convertirsi personalmente, ad accogliere personalmente il dono della misericordia.

Nella Comunione dei santi esiste così un vincolo perenne di carità ed un abbondante scambio di tutti i beni, dove «la santità dell’uno giova agli altri, ben al di là del danno che il peccato dell’uno ha potuto causare agli altri. In tal modo, il ricordo alla Comunione dei Santi permette al peccatore contrito di essere in più breve tempo e più efficacemente purificato dalle pene del peccato» (CCC, n. 1475).

La Chiesa, attraverso le Indulgenze, mantiene vivo il suo sguardo soprannaturale sul mondo, ricordando a se stessa e agli uomini che quella che essi hanno di fronte non è tutta la realtà, ma che il mondo non è altro che un segno, l’uomo stesso non è altro che un segno di un Mistero molto più grande, che tutto abbraccia, dal quale tutto ha origine e verso il quale tutto cammina. Tale Mistero ha assunto un nome di cui gli uomini possono fare esperienza: tale nome è “misericordia”.

La Chiesa, nel contempo, domanda agli uomini, alla storia, di essere riconosciuta per ciò che essa è: presenza divina nel mondo; prolungamento nel tempo e nello spazio dei gesti e delle parole di Cristo Signore, unico Salvatore dell’umanità. è una pretesa inaudita, sconvolgente e, perciò stesso, spesso rifiutata. Ma, a ben guardare, non è altro che la pretesa di Cristo, la pretesa di un uomo nato a Betlemme, vissuto a Nazareth, morto e risorto a Gerusalemme, di essere il Signore del cosmo e della storia. Laddove la Chiesa è condannata dal mondo e dalla cultura dominante, lo è per la stessa ragione per la quale, duemila anni fa, scribi e farisei condannarono nostro Signore: «Perché Tu che sei uomo, ti fai Dio»! (Gv 10,33).

Amministrando, come serva fedele, l’infinito tesoro delle Indulgenze, che sono un bene spirituale inesauribile, fondato sull’infinito valore delle espiazioni e dei meriti di Cristo presso il Padre, la Chiesa rinnova a se stessa e di fronte al mondo la consapevolezza e la pretesa della sua identità umana e divina, naturale e soprannaturale, sostanzialmente teandrica; essa riconosce che, dentro lo spazio e il tempo, perfino dentro le pieghe della storia, le è stato affidato un compito, al quale essa non può sottrarsi, né vuole sottrarsi: annunciare al mondo intero che Gesù è il Signore e che il Figlio dell’uomo ha il potere, sulla terra, di rimettere i peccati. Solo un tale annuncio, che diventa concreta esperienza di Redenzione e di vita nuova, può rinnovare la faccia della terra, può germinalmente favorire quelle esperienze minoritarie, ma reali di comunione e di santità, che, nel tempo, fecondano la società e la cambiano.

Il Tesoro delle Indulgenze è perciò più efficace di qualunque riforma umana, di qualunque tentativo umano, solo umano, troppo umano di cambiare le cose. Soltanto coloro che si lasciano cambiare dalla divina misericordia e, con umiltà, attingono abbondantemente attraverso la Chiesa al Tesoro soprannaturale delle Indulgenze, possono vedere il proprio destino realmente cambiato e, con esso, quello dell’umanità, a partire da quella porzione di umanità che ci è più vicina.

 

3. Alcuni aspetti pastorali delle Indulgenze

Educare il Popolo ad accogliere il Tesoro delle Indulgenze porta con sé la consapevolezza del legame imprescindibile e dinamico tra pastorale e dottrina. Una buona pastorale non può che fondarsi sulla dottrina autentica e non è mai possibile ricusare, o modificare la dottrina per ragioni che solo apparentemente siano pastorali, ma che, in realtà, finiscono per disperdere il gregge.

Se guardiamo ai requisiti necessari per celebrare ed accogliere il dono dell’Indulgenza, non possiamo non riconoscere che essa porta con sé un profondissimo valore pedagogico e pastorale.

Per attingere a tale tesoro sappiamo, infatti, come siano necessari il Sacramento della Riconciliazione, la Celebrazione dell’Eucaristia e la preghiera secondo le intenzioni del Papa.

Il Sacramento della Riconciliazione, presupposto teologico-sacramentale imprescindibile per il dono dell’Indulgenza, vissuto con cuore affettivamente distaccato da qualsiasi peccato, conduce l’uomo alle soglie del Mistero, lo spinge, lo sospinge ad avvicinarsi a Dio e, nel contempo, a lasciare che Dio si avvicini a lui. Nel Sacramento della Riconciliazione, l’uomo ferito dal peccato e dalla colpa, lascia che Cristo, Buon Samaritano, si chini su di lui, versando olio e vino sulle sue ferite, consegnandolo alla fedele locanda della Chiesa e sapendo che l’intero prezzo di tale Redenzione è saldato dalla Croce di Cristo Signore.

Un’autentica catechesi sul tesoro delle Indulgenze, non può che illuminare la grazia straordinaria della Riconciliazione, gratuitamente offerta da Cristo, mai meritata, né meritabile dagli uomini eppure, quando autenticamente accolta dalla loro libertà, capace, per dono di grazia, di far fiorire, nella creatura, un merito.

La celebrazione dell’Eucaristia, con la Comunione sacramentale, sottolinea la dimensione ecclesiale dell’Indulgenza, che domanda di essere accolta in quella Comunione soprannaturale, che è dono dello Spirito Santo e che, proprio per questo, trascende infinitamente ogni mera comunione psichica, alleanza umana, o semplice schieramento ideologico. La Comunione con la Chiesa è Comunione con tutta la Chiesa, non con una parte di essa, magari contro l’altra!

Senza dimenticare che non è mai applicabile alla Chiesa e, in essa, né alla dottrina né alla pastorale, il criterio delle semplici “maggioranze”. E ciò per due ragioni, una storica e l’altra teologica. Quella storica: Gesù Cristo non era in maggioranza! Quella teologica: la maggioranza della Chiesa sono i Santi!

La celebrazione eucaristica e la santa Comunione necessarie per ottenere il tesoro dell’Indulgenza sono, allora, la chiamata ad una Comunione sincronica e diacronica con l’intero Corpo ecclesiale. Colui che domanda alla Chiesa di attingere all’infinito tesoro della divina Misericordia, perché le sue pene vengano cancellate, lo fa in comunione con la Chiesa diffusa in tutto il mondo e con i fedeli in Cristo che, nel mondo, uniscono la propria preghiera a quella del Signore per ottenere la salvezza di ciascuno; nel contempo, tale richiesta è in comunione con la Chiesa di tutti i tempi ed ha, nella mediazione della Beata Vergine Maria, Madre di Misericordia, un imprescindibile e necessario riferimento di mediazione.

Infine, la preghiera secondo le intenzioni del Papa ricorda, pastoralmente, come la Comunione non sia genericamente spirituale, ma domandi di essere concreta Comunione con “la nostra Santa Madre Chiesa Gerarchica”, come sovente ci dice Papa Francesco. La preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre ricorda a ciascuno che il primo compito di Pietro è proprio quello di pregare per la Chiesa e, dunque, coloro che domandano alla Chiesa il dono dell’Indulgenza sono chiamati ad unire la loro preghiera a quella di Pietro, rendendola così universale. La dimensione orante del ministero petrino, che, nelle attuali circostanze storiche, appare in modo particolarmente evidente, è condizione perché Pietro assolva al compito che Cristo gli ha assegnato: «E tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22,32).

Pregare per le intenzioni del Santo Padre significa riconoscere, indirettamente, il potere delle chiavi, potere al quale il tesoro delle Indulgenze è direttamente sottomesso, per la stessa volontà salvifica di Cristo.


Conclusione

Appare evidente, da tutto il percorso svolto, che per la sua dimensione teologica, ecclesiale e pastorale, il tesoro delle Indulgenze non può, in alcun modo, essere perduto. Anzi – più precisamente dovremmo dire -, non può essere trascurato, poiché non essendo guadagnato dagli uomini, ma gratuitamente donato ad essi da Cristo e dai Suoi infiniti meriti presso il Padre, esso non potrà mai essere perduto, essendo, come Cristo, infinito, inesauribile, sempre nuovo, sempre copiosamente offerto.

Trascurare, mettere in ombra, il tesoro delle Indulgenze significherebbe obliterale la dimensione soprannaturale della Chiesa e della stessa Riconciliazione, la quale, lungi dall’essere un autoassoluzione psicologica del mero senso di colpa, è reale incontro con il Volto misericordioso di Dio, il quale, seppur sfigurato, continua ad amare l’uomo di tutto l’Amore divino e di tutto l’Amore umano, di cui il Suo Sacratissimo Cuore è capace.

è proprio il Cuore di Cristo lo scrigno che racchiude l’infinito tesoro delle Indulgenze. Da esso, trafitto dalla lancia, come il fedele centurione, ogni uomo è lavato, riconoscendo, ancora e sempre, che «veramente quest’uomo era Figlio di Dio» (Mc 15,39).

La Beata Vergine Maria, Madre di Misericordia, Madre di Colui che è “la” Misericordia, è anche fedele custode di questo tesoro di famiglia della Chiesa. Lei, Immagine perfetta della Sposa di Cristo, apra le menti e i cuori di pastori e fedeli, per comprendere, accogliere, vivere e proporre l’esperienza soprannaturale delle Indulgenze e, attraverso di essa, quella dell’eccedenza di Dio, della realtà teandrica della Chiesa e del valore salvifico di ogni autentica proposta pastorale e sacramentale. Grazie.

fonte: Penitenzieria.va

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