La sentenza che riconduce botte e insulti al “contesto della dissoluzione della comunità domestica” getta alle ortiche anni di battaglie, di studi, di confronti per l’emancipazione della donna.
Sogno o son desto? La sentenza di assoluzione del giudice di Torino getta alle ortiche anni di battaglie, di studi, di confronti per l’emancipazione della donna, per la lotta al bullismo, per il contrasto ai femminicidi e alla violenza di ogni tipo. Convivere è cosa difficilissima. L’unica motivazione valida per rinunciare alla propria “beata solitudine” è un amore grande al cui cospetto tutto diventa insipido, irrilevante. L’amore, però, è un fuoco che per continuare a illuminare e riscaldare i cuori nel tempo che passa, ha bisogno di essere alimentato. Dialogo nella verità, rispetto, valori condivisi, rinunce, delicatezze, affettuosità sono solo alcuni degli alimenti di cui si nutre ogni amore. Purtroppo – e dico purtroppo – tanti amori muoiono. O, meglio, si lasciano morire, quando ancora potrebbero essere richiamati in vita.
I micidiali virus che li affossano sono da ricercare nella prepotenza, nella mancanza di dialogo e di umiltà, nella sopraffazione, nel – sempre più frequente – tradimento coniugale. Niente fa più male a un essere umano quanto il sentirsi tradito dalla persona amata. Quando un amore muore produce sempre disagio, malessere, sofferenza. Ma quando un amore muore occorre solo prenderne atto e rimanere calmi, cercando di limitare il più possibile i danni.
A quanto pare, l’amore tra i coniugi di cui parliamo era giunto al capolinea. Difficilmente le colpe stanno da una parte sola. Fatto sta che la signora Lucia ritiene di scrivere la parola fine all’unione con il coniuge. Chi continua ad amare, davanti alla nuova situazione, barcolla. Occorre che amici e parenti gli stiano accanto, si facciano prossimo, lo aiutino a superare quel momento di smarrimento. Mai, per nessuna ragione al mondo, però, chi ritiene di essere stato offeso, può fare ricorso alla violenza. Ho detto “mai e per nessuna ragione”. Anche perché non saranno di certo le minacce, le sberle, i pugni, le mani strette al collo, le coltellate a ridare vita a un amore ormai defunto.
Viviamo tempi difficili riguardo l’educazione dei giovani. Le guerre stupide e assassine di cui ogni giorno sentiamo parlare sono una picconata in testa a ogni progetto educativo. Se gli adulti prima lanciano le bombe su migliaia di persone innocenti, e poi come bambini capricciosi, senza vergogna, senza pudore, negano di averlo fatto, perché mai non dovrebbero essere imitati dai bambini? Se il papà di due fratellini ammazza la loro mamma fregandosene altamente di che cosa avverrà di loro, con quale diritto si va poi a rimproverarli quando a scuola rispondono male alla maestra? Già, perché? Tutto ciò che riguarda i bambini chiama in causa gli adulti, a cominciare dai genitori, dagli insegnanti, dai preti, se si riconoscono cattolici; dalla politica e dalla magistratura. Invece ci tocca leggere o sentire storie che fanno rabbrividire. E – attenzione – non da un buontempone al bar che, tra una birra e l’altra, apre la bocca senza rendersi conto di ciò che dice.
La sentenza di assoluzione in questione è stata scritta da un giudice della Repubblica italiana. Dunque, il marito ha massacrato la moglie? Le ha sfigurato il volto tanto che per ricomporlo ci son volute 21 placche di uranio? Questo signore viene assolto. Per i giudici, infatti, gli insulti, le parolacce sono da ricondurre nel “contesto della dissoluzione della comunità domestica”. Questo marito “si sentiva vittima di un torto”, e, dunque “va compreso”. Capite? Va compreso! Gli italiani, inorriditi dal numero dei femminicidi, avevano ringraziato Dio perché Lucia – almeno lei – era riuscita a salvarsi. Non era morta. Mi viene un dubbio: forse il suo rimanere in vita – benché seriamente ferita – costituisce una colpa? Non lo so. No, non va bene. Questa sentenza, pur senza volerlo, potrebbe costituire un pericolosissimo inno alla violenza. I bulli di ogni età potrebbero sentirsi legittimati a continuare nei loro atteggianti immaturi, micidiali, spaventosi. Ribadiamo, a chiare lettere, che a nessuno – ma proprio nessuno – è dato di alzare le mani contro il proprio partner. Per nessuna ragione. E i giudici lo ricordassero.
Fonte: Maurizio Patriciello | Avvenire.it