Il giornalista e scrittore norvegese Andreas E. Masvie racconta come e perché abbia scelto di entrare nella Chiesa di Roma. Un passo che ha condiviso con la moglie e reso pubblico pochi giorni fa
In Norvegia è conosciuto come Andreas Espegren Masvie, giovane giornalista, commentatore di politica e cultura, coautore nel 2019 di un libro che ha fatto discutere sul tema dell’eutanasia alla luce delle pressioni per introdurla nel Paese scandinavo. Oggi a 32 anni si è spostato a Oxford, in Inghilterra, insieme alla moglie e alle due figlie piccole, per lavorare a un dottorato in teologia. E ha aggiunto ad Andreas un secondo nome: Maria. Segno della sua conversione dal luteranesimo al cattolicesimo, che ha annunciato pubblicamente inaugurando pochi giorni fa la sua newsletter in inglese, sulla piattaforma Substack, dal titolo “The Second Coming”.
Andreas Maria, anche i due vescovi attualmente in carica in Norvegia, a Oslo e Trondheim, sono giovani ed entrambi convertiti. Uno di loro, Erik Varden, è diventato uno scrittore spirituale di fama internazionale. Due anni fa Ewtn, il più grande network televisivo cattolico del mondo, ha iniziato trasmissioni in lingua norvegese. C’è una sorta rinascita cattolica in atto?
La mia impressione è che qualcosa stia accadendo, che stiamo assistendo a un cambiamento inaspettato, che i cuori si stiano aprendo alla Chiesa cattolica e che le menti siano attratte dalle sue verità eterne. Tuttavia, non è ancora chiaro quale sarà la portata di questo cambiamento e se effettivamente si tratterà di una “rinascita”. Inoltre, devo dire che attualmente sto osservando il cattolicesimo in Norvegia dall’estero, da Oxford. Ma ciò che vedo, e in particolare nei nostri due vescovi, mi riempie di grande entusiasmo. Sicuramente c’è molto lavoro da fare, ma sembra che siamo stati benedetti con guide spirituali tra le migliori e sono desideroso di contribuire in ogni modo possibile quando tornerò.
Quali passi l’hanno portata alla conversione?
È stato un processo durato circa un decennio, con molti passi grandi e piccoli, alcuni intellettuali, altri emotivi e altri ancora sociali. Alcuni sembravano allontanarmi dalla Chiesa, altri mi riportavano vicino. Un passo cruciale ha riguardato i modi in cui possiamo conoscere Dio, e quindi noi stessi, e le condizioni per tale conoscenza, che hanno fatto crollare il divario tra le Sacre Scritture e la Sacra Tradizione. È un argomento che intendo approfondire nella prima serie di saggi sul mio Substack, “The Second Coming”.
Ha condiviso questo percorso con sua moglie?
Ho percorso una lunga strada da solo prima che mia moglie capisse che non potevo tornare indietro. È stato un momento critico per noi. A quel punto desideravo entrare nella Chiesa, ma ho deciso di aspettare. Volevo vedere se lei era disposta a seguirmi o meno. Ovviamente non potevo aspettare per sempre. Ma ci siamo sposati come protestanti e sentivo che il mio vincolo matrimoniale mi obbligava ad aspettarla, a darle lo spazio per compiere il suo percorso e magari raggiungermi, dandoci la possibilità di entrare nella Chiesa insieme. E così abbiamo fatto.
Ci sono state reazioni negative nella sua famiglia di origine quando hanno saputo della sua conversione?
La mia famiglia mi ha trasmesso l’amore per Dio e per la rivelazione di Dio nelle Sacre Scritture. Ho cercato questo Dio insieme ai miei amici. Probabilmente non sarei diventato cattolico altrimenti. Tuttavia, certamente il cattolicesimo è strano ed estraneo agli occhi dei protestanti. Io stesso ho creduto per molto tempo che i cattolici fossero al massimo dei quasi-cristiani. E molti protestanti lo pensano ancora.
L’anno scorso è stato un anniversario speciale, i 100 anni dalla conversione della grande scrittrice norvegese Sigrid Undset, vincitrice del Nobel per la letteratura nel 1928. Ci sono persone che sono state attratte dalla Chiesa cattolica grazie alla sua opera? La sua eredità è ancora viva nella cultura norvegese?
Credo che l’influenza cattolica di Sigrid Undset si manifesti in due modi. Alcuni possono arrivare a vedere la spiritualità cattolica da una prospettiva diversa attraverso la sua opera. Lei ha creato, in modo intelligente e sottile, un immaginario cattolico. Per altri, come me, la personalità della Undset è importante quanto le sue opere. Era una figura pubblica di spicco, molto acuta, con un grande calore umano e notoriamente difficile da etichettare. Che spinge a chiedersi: perché questa persona straordinaria è diventata cattolica? Quali possono essere state le sue ragioni? E una volta che uno inizia a porsi seriamente queste domande, come protestante, inizia già a superare il proprio protestantesimo.
C’è ancora un sentimento anticattolico in Norvegia?
Si tratta di una questione delicata. È un dato di fatto che la Norvegia ha avuto una “clausola ebraica” nella sua Costituzione, che proibiva agli ebrei di entrare nel Paese, fino al 1851, e una corrispondente “clausola gesuitica” che ha vietato gli ordini monastici fino al 1987 e ha impedito l’ingresso dei gesuiti fino al 1956. Questa clausola è stata abolita solo dopo che la Norvegia ha ratificato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950. Dove risiede oggi questo sentimento anticattolico, se esiste ancora? Principalmente, credo, in alcune parti della cultura protestante. La mia sensazione è che questo sentimento esista ancora, ma che sia debole e in via di estinzione. Ciò non significa, tuttavia, che non sia più possibile riscontrarlo.
Esiste una consapevolezza tra i norvegesi, almeno tra una parte di essi, che la Norvegia è stata cattolica per 500 anni, come il resto della Scandinavia, e che il cattolicesimo è una dimensione religiosa che ha a che fare con le radici stesse della sua storia nazionale?
Questo è noto come fatto storico. Ma oggi tale fatto sta acquisendo una nuova rilevanza spirituale. La nostra epoca è infatti caratterizzata dalla frammentazione e dalla fluidità, che suscitano in noi, almeno in me, un desiderio di unità, di appartenenza e di casa. Il cattolicesimo offre questo. E penso che alcuni norvegesi stiano rendendosi conto che, sebbene il cattolicesimo a uno sguardo superficiale sembri strano ed estraneo, in un senso molto più profondo sia non solo il grembo materno dei cristiani norvegesi, ma la loro madre vivente.
Lei ha scritto un libro insieme a sua moglie sul desiderio di morte nella società e sull’eutanasia: quanto hanno a che fare queste pulsioni di morte con la perdita del senso di Dio?
Il desiderio moderno di morte si esprime nell’eutanasia, così come nella pressione politica per liberalizzarla, che la sta rendendo una possibilità. Questo desiderio riflette un’epoca che ha perso il divino come orizzonte ultimo della vita e della morte, rendendo impossibile trovare un senso al dolore verso la fine della vita. Per i cristiani il dolore ha un significato profondo. Il punto non è che il dolore sia buono, ma che, nella condizione del peccato, Gesù Cristo ci incontra nel dolore, nella sofferenza. In esso siamo invitati ad esercitare la fiducia nel Padre, ad avvicinarci alla passione di Suo Figlio e quindi a Dio. Ma se perdiamo il contatto con Dio, il dolore verso la fine della vita si trasforma in una tortura della natura nei confronti dei deboli.
Quale aspetto del cattolicesimo potrebbe rompere più facilmente l’indifferenza verso Dio in Norvegia?
Il cattolicesimo ci scuote, o almeno ha scosso me. I cattolici si inchinano davanti al pane e al vino credendo che siano Dio. Dal punto di vista della modernità, questo tipo di riverenza è assolutamente folle e, a mio avviso, straordinariamente attraente. Quando uno vi si trova di fronte, non può rimanere indifferente. O ne è respinto o ne è attratto, anche se lentamente.
Fonte: Andrea Galli | Avvenire.it