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La dottrina sociale della Chiesa e il pontificato di Leone XIV

Una nuova opportunità per la dottrina sociale?

Se ne riparla, finalmente. L’elezione di Papa Leone XIV, con il suo richiamo al Pontefice della Rerum novarum, ha segnato un deciso ritorno di interesse intorno alla dottrina sociale della Chiesa, la “grande dimenticata” fra le opere di misericordia spirituale. C’era già stato, durante il pontificato di san Giovanni Paolo II, un “ritorno” alla dottrina sociale, grazie alle tre encicliche Laborem exercens (1981), Sollicitudo rei socialis (1987), Centesimus annus, pubblicata nel 1991 nel centenario della Rerum novarum. Ma poi l’attenzione calò ancora, anche se non si ritornò agli Anni 70, quando c’era stata una vera e propria ostilità diffusa nei confronti della dottrina sociale, perché considerata un ostacolo al compromesso con il marxismo e più in generale al “dialogo” con le ideologie della modernità.

Ma che cos’è la dottrina sociale? La domanda merita attenzione perché pochi sono in grado di dare una risposta.

Partiamo per esempio da una definizione scritta nell’enciclica Sollicitudo rei socialis:

“La dottrina sociale della Chiesa non è una «terza via» tra capitalismo liberista e collettivismo marxista, e neppure una possibile alternativa per altre soluzioni meno radicalmente contrapposte: essa costituisce una categoria a sé. Non è neppure un’ideologia, ma l’accurata formulazione dei risultati di un’attenta riflessione sulle complesse realtà dell’esistenza dell’uomo, nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale. Suo scopo principale è di interpretare tali realtà, esaminandone la conformità o difformità con le linee dell’insegnamento del Vangelo sull’uomo e sulla sua vocazione terrena e insieme trascendente; per orientare, quindi, il comportamento cristiano. Essa appartiene, perciò, non al campo dell’ideologia, ma della teologia e specialmente della teologia morale” (Sollicitudo rei socialis, 41).

Indubbiamente, per comprendere l’importanza della dottrina sociale bisogna avere a cuore il tema della verità, oggi così tanto trascurato. Esiste la verità e che cosa significa oggi questa desueta parola? Che cos’è la verità chiedeva stupito Ponzio Pilato a Gesù, non riuscendo a comprendere che l’aveva davanti.

La verità non è un programma ideato da uomini, perché così sarebbe una ideologia. La verità è Dio: l’uomo può avvicinarsi, non può possederla ma può lasciarsi possedere.

Creato a immagine di Dio, l’uomo porta in sé l’impronta del suo Creatore e anche il desiderio di conoscere e amare Dio, che è la Verità.

Essere sociale o animale politico, come lo definisce Aristotele, l’uomo conosce e valuta anche le relazioni con i suoi simili. La dottrina sociale aiuta gli uomini a conoscere la realtà, ad avvicinarsi alla verità sull’uomo e sulla società.

Essa si ricava dalla natura, dall’esperienza storica e dalla Rivelazione e viene elaborata alla fine del 1800 dal Magistero della Chiesa proprio nel tempo in cui, venute meno le istituzioni cristiane, emarginata la presenza pubblica della Chiesa, i cattolici sono costretti a confrontarsi con ideologie avverse, che pongono problemi nuovi alla società. Rerum novarum, infatti, le “cose nuove” dell’epoca moderna impongono alla Chiesa di elaborare una riflessione articolata appunto per offrire ai cattolici, ma anche a tutti gli uomini interessati, una soluzione ai nuovi e drammatici problemi.

Si comincia così a parlare di dottrina sociale della Chiesa, verso la fine del XIX secolo, durante il pontificato di Leone XIII. Essa condanna tutti gli errori delle diverse ideologie ma non si limita a questo. Leone XIII propone un corpus dottrinale per ricostruire una società ammalata e indica, nella Lettera apostolica Vigesimo quinto anno del 1902, anche un ordine logico con cui leggere le sue diverse encicliche che trattano i problemi più rilevanti della società dell’epoca. Così, si esprimeva il Papa della Rerum novarum appunto indicando i temi affrontati dal suo insegnamento: “Atti precipui del Nostro Pontificato, segnatamente le Encicliche sulla filosofia cristiana, sulla libertà umana, sul matrimonio cristiano, sulla setta dei Massoni, sui poteri pubblici, sulla costituzione cristiana degli Stati, sul socialismo, sulla questione operaia, sui principali doveri dei cittadini cristiani e sopra argomenti affini”. I suoi successori, Pio X, Benedetto XV, Pio XI, Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco continueranno l’opera, denunciando i problemi “nuovi” delle diverse epoche, i totalitarismi delle diverse ideologie, il laicismo, e i problemi internazionali conseguenti a un rapporto squilibrato fra il Nord e il Sud del mondo. Anche loro cercheranno di indicare una via di ricostruzione sociale.

Forse qui nascerà la critica di una dottrina sociale troppo astratta, sempre più incomprensibile per un tipo umano che negli Anni 60 del secolo scorso subirà l’attacco di una rivoluzione culturale che ha cercato, in gran parte riuscendo, di cambiare l’uomo nel suo intimo, dopo avere precedentemente attaccato le istituzioni, prima la Chiesa con la Riforma, poi lo Stato con la Rivoluzione francese e quindi l’assetto economico sociale con il socialcomunismo e l’attacco alla proprietà privata.

In realtà questa critica, per molti aspetti, non nasceva dalla buona intenzione di rendere la dottrina sociale più attrattiva per i contemporanei. Infatti, l’obiettivo era proprio la dottrina, o meglio era in corso il tentativo di rendere fluido, soggettivo e sentimentale il modo di essere cristiano, oppure di creare un cristianesimo dedito esclusivamente alle opere sociali, una sorta di ONG. Era parte della cosiddetta de-ellenizzazione, cioè il tentativo di staccare la fede dalla metafisica, cioè dall’apporto della filosofia greca, fenomeno che Benedetto XVI denuncerà nel celebre discorso di Ratisbona del 2006, quando difese la ragionevolezza dell’atto di fede.

Certamente, il rischio di ridurre la dottrina sociale a una serie astratta di principi, cioè di renderla una ideologia per quanto “vera”, è un rischio possibile. Per evitarlo bisogna tenerla legata al suo fine, che è la costruzione di una società cristiana, e al soprannaturale, cioè al fatto che una società conforme al disegno di Dio aiuta gli uomini a salvarsi e a santificarsi, che è esattamente il motivo per cui esiste la Chiesa, la salus animarum.

In fondo, la dottrina sociale della Chiesa ha bisogno di cristiani che la studino, la diffondano e sappiano renderla attrattiva grazie soprattutto alla loro santità.

Il pontificato di Leone XIV potrebbe essere una grande occasione di rilancio della dottrina sociale nell’ambito di una nuova evangelizzazione del mondo contemporaneo.

 

Fonte: Marco Invernizzi | AlleanzaCattolica.org

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