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Mauro Prina: Il desiderio è il motore dell’innovazione e l’aspetto fondamentale nella vita è “vedere”
— 18 Febbraio 2025— pubblicato da Redazione. —
Mauro Prina, ossolano di 54 anni, è responsabile della progettazione meccanica della navicella di SpaceX, la società di Musk
È l’uomo che, assieme a Elon Musk, ci porterà su Marte. E potrebbe farlo prima di quanto immaginiamo. Con lui passa ore a discutere di acciaio, spazio, ma anche di coscienza. Sta costruendo la struttura di Starship, la navicella spaziale di Space X, con 33 motori nel primo stadio, 6 nel secondo. Un’astronave interamente riutilizzabile. Tutta la progettazione meccanica è nelle sue mani.
Lui è Mauro Prina, 54 anni, Director of Thermal Dynamics di SpaceX. Partito da Baceno, un paese in Val D’Ossola, oggi è cittadino americano. Sta lavorando per trasformare un razzo spaziale in un mezzo di trasporto come l’aereo. Che torna intero dallo spazio, così come è partito. «Sono solo una piccola parte di un grande gruppo»
Il conto alla rovescia per Marte è iniziato davvero. Sei i lanci sperimentali di Starship già realizzati. In questi giorni è arrivata l’autorizzazione per il settimo volo: sarà il 10 gennaio 2025.
«Si impara volo dopo volo. Fai il primo lancio e ti si rompe una cosa. La sistemi e scopri qualcosa d’altro. Correggi, impari, riparti, correggi…»
Segnatevi questa data: il 2026 sarà un anno chiave. Starship porterà per la prima volta su Marte delle cose. «Una flotta di astronavi, robot e droni». E aprirà la strada alla conquista di un nuovo Pianeta. Poi toccherà all’uomo. Sulla navicella ci sono posti per 100 passeggeri. «Non sappiamo quando, ma ci arriveremo. E se è vero che da anni ce la stiamo mettendo tutta, ora ancora di più».
Fino a oggi nessuno ha recuperato i razzi, un costo enorme per le aziende del settore spaziale. «Starship può far ritornare intero sia il primo stadio, dove ci sono i 33 motori, sia il secondo stadio, che porta il satellite in orbita. Il resto del mondo butta via tutto. Noi siamo gli unici che riusciamo già a riutilizzare il primo stadio. Quando anche il secondo atterrerà sulla torre, lo rimetteremo sopra al primo. Faremo “benzina” e potremo ripartire. Dieci, cento, mille volte».
Prina sta facendo la storia dell’umanità ma se gli chiedi qual è il sentimento dominante in questa vita di frontiera ti risponde: la gratitudine. «Sono grato di essere qui e di dare un contributo allo sviluppo»
Lo intervisto mentre si trova a Starbase, in Texas, un enorme palazzo di vetro dove si costruiscono i razzi, davanti alle due rampe di lancio, al mare sulla spiaggia di Boca Chica, vicino a Brownsville. Fa un lavoro tecnico da oltre 20 anni, eppure quello che tu vedi dall’altra parte dello schermo è un uomo in pace. «Ho molte responsabilità ma dormo tranquillo. Perché non sono solo. Ci sono tanti italiani anche nel mio team a SpaceX».
Si vede come un pellegrino in cammino. «Sono in cammino e ho capito che l’aspetto fondamentale nella vita è “vedere”. Spesso hai davanti le cose, pensi di averle capite ma non le stai guardando».
Da Baceno (un paese di 900 anime in cui ogni tanto torna presentandosi a sorpresa con un cabaret di pasticcini), frequenta l’Itis Informatico di Verbania. Si laurea in ingegneria meccanica al Politecnico di Milano. Poi parte per un master in Usa. Destinazione: Caltech a Pasadena. «Volevo fare il professore universitario ma poi ho lasciato che la vita facesse il suo corso. Impegnarsi moltissimo e poi lasciare scorrere è il mio segreto…». Lo chiama prima la Nasa, dove ha un ruolo di grande responsabilità («Ma andavano troppo lenti»). Così nel 2007 molla tutto ed entra in una piccola startup di nome SpaceX. Dopo un giorno passato a fare colloqui, la sera stessa riceve la proposta di un allora sconosciuto Elon Musk: “Vuoi portare l’uomo su Marte con me?”.
«Ho rischiato tutto sul desiderio di un altro e l’ho fatto mio. Il desiderio è il motore dell’innovazione, è l’aspetto più misterioso di una persona. Se togli il desiderio, rimani un semplice ingranaggio. Non seguirlo è come ammazzare una parte di sé. Ci vuole però coraggio, ti butti dove non sai e ti puoi fare del male. Ma il desiderio è la radice dell’avventura della conoscenza».
Per capire i problemi tecnici dei cilindri con cui è realizzata Starship è andato a studiare nelle acciaierie del Belgio e di Alabama. Ha annullato tutti i suoi impegni per vedere cosa non andava. «Immagina un grande rotolo di acciaio che viene srotolato (e la macchina la prendiamo in Lombardia). Lo saldi, fai degli anelli, uno sopra l’altro e costruisci la navetta. C’era qualcosa che non andava in questo processo. Volevo capire cosa. Sono andato nelle aziende. Vedevo un bottone che era sempre inutilizzato. Chiedevo di usarlo e mi dicevano “no, non si può, non serve”. Dopo due giorni di lavoro, abbiamo scoperto che quel bottone era il punto da cui partire… Automatizza la lettura di certi sensori, ed è un po’ come avere sette braccia anziché due per stendere l’acciaio. Eppure c’erano lì persone con anni di esperienza che non lo “vedevano”».
Prina prende decisioni in autonomia. Rischia. E lavora in trasparenza. «Essere trasparente significa dire: “Questo non lo so fare, oppure questo sì”. Rivolgersi verso gli altri e chiedere: “Tu cosa vedi?”». Risponde direttamente a Elon. Era con lui a Torino a Italian Tech Week, nel 2021. Era con lui in Italia qualche mese fa.
E a un certo punto l’intervista diventa una condivisione di principi filosofici. Ed è proprio immaginando di srotolare quel rotolo di acciaio che Prima fa una deduzione precisa. «In quell’acciaio c’è del ferro, lo stesso ferro è presente nel nostro sangue. Significa che siamo parte del cosmo, siamo parte di un tutto. Per pura grazia noi esseri umani sappiamo dare un nome alle cose, sappiamo percepire la profondità della realtà. Possiamo vedere la verità. Vedere non è solo osservare, è riconoscere il valore profondo di ciò che ci circonda, comprendere l’intreccio di connessioni che ci lega al resto dell’universo».
E come ci si allena a guardare? «Allenarsi a vedere è un percorso personale. Per me è la fede, l’incontro con la presenza misteriosa di Cristo mi aiuta a vedere.
Anche nel provare a risolvere problemi tecnici la domanda da farsi è sempre: “Tu cosa vedi?” Questo è un invito a confrontarci, non a scambiarci un parere. Un invito a capire insieme. I tuoi occhi possono vedere cose ciò che io non vedo».
Vedere fino in fondo. «Per capire un difetto tecnico sono andato a parlare con quelli che fanno la manutenzione dei rulli e me li sono fatti smontare. Tutti i giorni nelle comunicazioni dei team sulle chat, noi condividiamo le osservazioni. Non le interpretazioni. Ognuno dice: “io vedo questo e la ragione per cui vedo questo è che…”. Così si costruisce insieme. E forse si diventa anche un po’ meno presuntuosi».
Poi si alza, torna a farti vedere quella sorta di città spaziale sull’Oceano, dove si sviluppano e si testano i razzi. È mattina in America, il cielo è azzurro, vedi la torre di lancio, imponente e che domina tutta l’area. Vedi da vicino il luogo dove si costruisce il futuro dell’umanità, mentre Prina torna a parlare di coscienza. «La coscienza si dà quasi sempre per scontata, invece è la sorpresa più grande».
Dice coscienza e tu pensi immediatamente a Federico Faggin, l’italiano che ha inventato il microchip e alla sua svolta spirituale. E lui subito aggiunge: «Mi piacerebbe conoscerlo e assistere a un incontro tra Faggin ed Elon Musk. Cosa dici, glielo presentiamo?».
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