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The sound of freedom e quel pugno nello stomaco che tutti dovrebbero ricevere

Il cuore si fa pesante dalla prima scena, sarà che lo spettatore sa bene che la pellicola che scorrerà sotto i suoi occhi vuole scoperchiare uno degli abissi più bui della miseria umana, sarà l’eccellente fotografia, o la colonna sonora. Siamo a Tegucigalpa, in Honduras, nella sua cameretta una bambina di circa 11 anni seduta sul letto fa danzare le sue infradito su una scatola che usa come se fosse un bongo mentre la sua voce mette in musica i suoi sogni della ragazza che sta per sbocciare. E’ Rocìo, figlia maggiore di un padre solo, sorella del piccolo Miguel. Poco dopo alla porta di casa si presenta Giselle, una ex reginetta di bellezza, slanciata sul suo tacco dodici e seducente come un incantatore di serpenti. Propone al padre una possibilità d’oro per sua figlia, prospetta un futuro molto diverso della povertà in cui vivono e la figlioletta con gli occhi sgranati lo implora di dire sì.

E’ l’inizio di un incubo che dura due ore e quindici, di un thriller e tiene gli spettatori incollati allo schermo con il fiato sospeso, e l’adrenalina addosso per i continui colpi di scena. La storia di questa famiglia incrocerà presto quella di Tim Ballard, un agente speciale per le indagini sulla sicurezza che vive a Calexico, in California, specializzato nell’arresto di fruitori e divulgatori di materiale pedopornografico. Una missione, la sua, che lo trascina nei baratri più oscuri delle vergogne umane dal quale lui vorrebbe strappare i bambini, che spesso hanno l’età dei suoi figli, che invece crescono al sicuro, amati e protetti.

La sete di giustizia di Ballard lo porterà in Colombia ben al di fuori del suo ambito di intervento e quando riuscirà a riportare a casa il fratellino di Rocìo, Miguel, si scoprirà pronto a tutto pur di riportare a casa anche la bambina. Grazie a Vampiro, un ex contabile del cartello di Cali che ora lavora per salvare i bambini dal traffico sessuale, organizza un’operazione su un’isola che potenzialmente gli consentirebbe di salvare oltre cinquanta bambini. Ma non si ferma, si spinge fino alla regione controllata dai ribelli delle Farc, in Amazzonia, rischiando la vita per smantellare un traffico che non ha eguali. D’altra parte, come dice uno dei protagonisti: «una dose di cocaina può essere venduta una volta sola, un bambino può essere venduto decine e decine di volte per moltissimi anni».

Bollato come “cospirazionista” The sound of Freedom – Il canto della libertà porta in scena effettivamente un complotto, quello ai danni di migliaia di bambini che ogni giorno finiscono in mano a predatori sessuali. Uscito il 4 luglio del 2023 negli Stati Uniti e prodotto da Angel Studios con un budget di 14 milioni di dollari ne ha incassati ben 250 diventando uno dei film indipendenti di maggior successo degli ultimi anni.

Diretto da Alejandro Monteverde insieme a Eduardo Verastegui – intervistato in esclusiva sul numero di febbraio – arriva nei cinema italiani il 19 e 20 febbraio grazie a Dominus Production, realtà fondata da Federica Picchi Roncali. Interpretato da uno straordinario Jim Caviezel (il Gesù della Passione di Mel Gibson), il film – che non contiene nessuna scena di violenza esplicita – è molto più che una pellicola, è un movimento globale contro la pedofilia.

Sebbene i luoghi mostrati dell’Honduras o della Colombia possano dare a chi guarda l’idea che si parli di realtà lontane, degradate, povere, distanti anni luce dall’Italia lustrini, ricchezza e paillettes che si è ormai messa sul divano a guardare Sanremo, nelle scene iniziali si intravede un filo rosso, che arriva dritto fino a noi. I bambini finiti nella mani di Giselle vengono infatti istruiti a truccarsi, ad assumere pose ammiccanti, ad atteggiarsi a modelli in erba, con quella sessualizzazione precoce che va tanto di moda anche da noi, persino a scuola. E se tutto è concesso, tutto va bene, se quello che conta è solo “il consenso”, allora che problema c’è se un ragazzino ha solo 15, 13, 11 anni, alla fine non è anche l’età una mera convenzione da abbattere nel nome del love is love?

Fonte: Raffaella Frullone | Iltimone.org

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