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Zelensky da Papa Francesco, per la prima volta dall’inizio della guerra in Ucraina

Il presidente dell’Ucraina va in visita da Papa Francesco. Il colloquio sulla guerra in corso, l’attenzione per la necessità di “gesti di umanità”

È arrivato con il completo militare che non smette mai da quando il suo Paese è stato aggredito, un modo per segnalare quale è la situazione in Ucraina, ed è uno strappo al protocollo. Ma, ovviamente, sono molto cambiati i tempi da quando, l’8 febbraio 2020, un allora neoeletto presidente dell’Ucraina Volodymir Zelensky andava in udienza da Papa Francesco, giacca e cravatta di ordinanza, moglie al seguito ed invito al Papa per visitare l’Ucraina.

Ma allora si trattava di una udienza privata, vero, ma nel Palazzo Apostolico e nella Biblioteca del Papa. Questa visita, invece, esce fuori da quel tipo di protocollo, si fa nell’Auletta Paolo VI, e Zelensky arriva direttamente di fronte la Domus Sanctae Marthae dove vive il Papa e dove si fanno in genere le udienze quando sono calendarizzate di pomeriggio. In genere, dato che ci sono stati anche casi di udienze pomeridiane che hanno invece avuto luogo proprio nel Palazzo Apostolico.

Zelensky ha incluso un appuntamento con il Papa alla prima finestra utile, che coincide con un viaggio in Italia attaccato ad una visita a Berlino, ma anche con un momento particolare: l’ambasciata della Federazione Russa presso la Santa Sede è in attesa di un nuovo ambasciatore, Avdeev è stato in visita di congedo da Papa Francesco l’altro ieri. È un momento propizio, che rende impossibile una sponda russa al Papa, che pure ha lodato Avdeev e che fu subito, il 25 febbraio, all’ambasciata della Federazione Russa cercando la sua mediazione per parlare con Putin e scongiurare la fine dell’aggressione.

Come al solito, i colloqui tra Zelensky e Papa Francesco restano riservati, e in genere si comunica solo dei risultati del bilaterale. Ma eccezionalmente arriva una comunicazione della Sala Stampa presso la Santa Sede che sottolinea come “l’incontro tra il Papa e il Presidente è durato circa 40 minuti. I temi del colloquio sono riferibili alla situazione umanitaria e politica dell’Ucraina provocata dalla guerra in corso”.

Inoltre, “il Papa ha assicurato la sua preghiera costante, testimoniata dai suoi tanti appelli pubblici e dall’invocazione continua al Signore per la pace, fin dal febbraio dello scorso anno.

Papa Francesco e Zelensky “hanno convenuto sulla necessità di continuare gli sforzi umanitari a sostegno della popolazione. Il Papa ha sottolineato in particolare la necessità urgente di ‘gesti di umanità’ nei confronti delle persone più fragili, vittime innocenti del conflitto”.

In un tweet, il presidente Zelensky ha detto di aver parlato al Papa delle decine di migliaia di bambini deportati in Russia e della necessità di fare sforzi per riportarli a casa, e di avergli “chiesto di condannare i crimini russi in Ucraina” perché “non ci può essere eguaglianza tra vittima e aggressore”. Inoltre, Zelensky ha presentato al Papa la sua “formula per la pace”, chiedendogli di unirsi alla sua implementazione.

Papa Francesco ha donato al presidente la fusione in bronzo di un fiore che nasce con la scritta “La pace è un fiore fragile”, il messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2023, i volumi sulla “Statio Orbis” e “Una enciclica sulla pace in Ucraina”.

Zelensky ha donato un’opera d’arte ricavata da una piastra antiproiettile, un quadro intitolato “Perdita”, sull’uccisione dei bambini durante il conflitto.

Il bilaterale ha avuto luogo sempre nei pressi dell’Aula Paolo VI, guidato dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, ed è durato una trentina di minuti. Assente il Cardinale Parolin, segretario di Stato, che era a Fatima per un precedente impegno.

“Durante i cordiali colloqui – si legge in un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede –  ci si è soffermati anzitutto sull’attuale guerra in Ucraina e sulle urgenze collegate ad essa, in particolare quelle di natura umanitaria, nonché sulla necessità di continuare gli sforzi per raggiungere la pace. L’occasione è stata propizia anche per trattare alcune questioni bilaterali, relative soprattutto alla vita della Chiesa cattolica nel Paese”.

Non si parla dunque di “missione di pace” ma piuttosto di “gesti di umanità”. Ad una missione aveva fatto accenno Papa Francesco di ritorno dall’Ungheria, che non era una negoziazione, come si erano affrettati a precisare sia da parte russa che da parte ucraina, in un gioco delle parti che riguardava soprattutto la scelta dei termini per definire la questione.

Quello che però si sa è che la Santa Sede è impegnata sullo scenario ucraino da ben prima dell’aggressione russa, tanto che il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, vi è stato due volte, e l’ultima nell’agosto 2021, un po’ a sorpresa, in una visita lampo per partecipare alle celebrazioni dei 30 anni dello Stato ucraino. Anche il Cardinale Leonardo Sandri, da prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali, era stato in un viaggio arrivando fino ai luoghi al confine che erano già oggetto di conflitto nel 2017. Al tempo, nunzio a Kyiv era l’arcivescovo Claudio Gugerotti, oggi prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali e stamattina in udienza da Papa Francesco, per un impegno che potrebbe essere di tabella, ma potrebbe anche essere legato all’arrivo di Zelensky, considerando l’esperienza e la conoscenza del mondo orientale dell’ex “ambasciatore del Papa”.

E poi, ci sono state le iniziative “Il Papa per l’Ucraina”, l’incontro interdicasteriale con i vescovi e il Sinodo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina nel 2019, il viaggio del Cardinale Parolin in Russia nel 2017 durante il quale si parlò anche di Ucraina, e l’attenzione sempre data dalla Santa Sede anche alla situazione ecumenica nel Paese, specie dopo che si è costituita un Chiesa autocefala ortodossa ucraina, che aveva spezzato il legame con Mosca e che aveva suscitato le ire del Patriarcato di Mosca.

Durante la guerra, la Santa Sede è stata molto presente. C’è stato a maggio l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha lavorato senza sosta l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico, che non ha mai lasciato Kyiv nemmeno quando tutte le altre sedi diplomatiche si erano spostate nella più sicura Lviv (una scelta condivisa solo dall’ambasciata polacca presso l’Ucraina).

Dall’altra parte, l’Ucraina ha sempre detto di essere favorevole ad una mediazione della Santa Sede, ma ha anche sottolineato che la pace debba essere giusta, e che questa giustizia deve passare per una chiara condanna dell’aggressione russa e la liberazione dei territori considerati occupati. Non sono state gradite, tra l’altro, alcune affermazioni o decisioni del Papa, come quando commentò l’attentato mortale contro la giornalista e intellettuale russa Darya Dugina, con termini che non furono graditi e che portarono ad una necessaria risposta ufficiale della Santa Sede per chiarire invece il punto di vista papale.

La visita di Zelensky ha dunque portato a Papa Francesco le ragioni ucraine e c’è stato un contatto, che proseguiva quello avuto con il Primo Ministro Denys Shmyhal lo scorso 27 aprile, che ha invitato il Papa in Ucraina. Forse è ancora presto per pensare ad una mediazione della Santa Sede nella guerra. Di certo, è una continuazione di dialogo.

Fonte: Andrea Gagliarducci | ACIstampa.com

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