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IL LIBRO CHE CI LEGGE. La Bibbia come mappa del tesoro

È uscito ieri un libro che stavo scrivendo da più di due anni, e infatti inizia con me chiusa nello sgabuzzino delle scarpe, positiva al tampone ed esiliata da una figlia che ha fretta di tornare a scuola, reclusa in uno spazio di mezzo metro quadrato in compagnia di uno sgabello fatto da un cinese sadico e daltonico. In realtà ci sarebbero voluti più di due anni, e ho consegnato solo perché erano ampiamente scaduti i termini. Il fatto è che si tratta di un libro che parla della Bibbia, quindi sarebbe un libro interminabile; in più io sono un’ignorante (ogni copia che verrà venduta, un vero biblista morirà) e quindi ho cercato di mettercela tutta, ma due anni non sono abbastanza. Diciamo allora che più che un libro che spiega la Bibbia (come se la Parola di Dio si potesse spiegare) è qualcosa che spero ci faccia venire voglia di prenderla in mano, e di prendere sul serio quello che c’è scritto. Perché, come diceva Padre Emidio, che è morto mentre lo stavo scrivendo (tutte le intuizioni illuminanti sono sue, la scazzafrulloneria è mia), la Parola di Dio se la prendi sul serio “te cambia la capoccia”.

Per esempio, la storia dell’Esodo potrebbe avere qualcosa a che fare anche con il tuo, il nostro soffrire, magari ha qualcosa da dire sulla nostra vita quotidiana, fatta di fatica, di incomprensioni, parla della moglie che rompe sempre, dei genitori o dei figli che non ci capiscono, del lavoro che è (o sembra) arido e senza prospettiva, parla di quando abbiamo pochi soldi o ci sentiamo poco amati, quando non proviamo neppure più a cambiare, oppure ci proviamo ma nonostante tutta la buona volontà non riusciamo, e mai niente di noi e della nostra situazione ha un mutamento: circostanze ripetitive e invariabili, esattamente come quelle degli Ebrei che anno dopo anno impastavano il fango per il faraone per una paga da fame. Magari anche su di noi Dio ha un progetto.

E così questo libro parla del mio amico Enrico che ha un matrimonio difficile (pare che Groucho Marx si sia ispirato a sua moglie per la sua dichiarazione d’amore: “se mi sposi non guarderò mai più un altro cavallo”), mentre lui sicuramente un esemplare di uomo un po’ speciale, un mammifero modello 103 direbbe Fred Buscaglione, ma in versione maschile. Cioè al posto delle tette ha un sacco di qualità speciali: insegna all’università ma guida il trattore nella tua tenuta, sa potare gli ulivi e spegnere gli incendi, suonare un coso (violino? viola? violoncello?) con unarchetto e cantare in gregoriano, va in bici e in montagna senza mai perdersi, mentre io alla prima svolta mi siedo e aspetto i soccorsi, chiedendomi perché mai mi trovi in un posto dove non c’è il bar. (Il mio amico è quasi insopportabile, ma ha anche dei pregi: non capisce una mazza di calcio e mi fa sentire il ct della nazionale quando azzecco da che parte deve segnare l’Italia, è totalmente inconsapevole delle sue qualità superiori e pensa che io sia al suo livello, e mi parla in latino sopravvalutandomi clamorosamente: da quando sono mamma tutti i files contenenti le lingue classiche sono stati sostituiti da ricette gourmet tipo pasta in bianco, e l’altro giorno quando ha usato il supino passivo pensavo stesse parlando in sardo. Nonostante le sue qualità notevoli, e l’oggettiva fatica di un matrimonio con una moglie sempre arrabbiata, il mio amico ha deciso che forse era lui che doveva cambiare, e leggendo l’Esodo ha deciso di partire per il viaggio della conversione.

“Il libro che ci legge” (edito da Sonzogno) parla di lui e di un’altra amica che decide di farlo, questo viaggio dell’Esodo, e incontra Dio nell’orto della nonna. Parla di un uomo tentato dall’idea di tradire la moglie, e della sua decisione di tagliare la testa al nemico, come Giuditta, parla di Rut e di amore per le suocere, parla di un uomo che come Salomone a un certo punto ha chiesto la saggezza, e dopo anni di fidanzate improbabili e due figli fatti con la radical chic impara ad amare, parla di Elena che subisce un sacco di cattiverie al lavoro, ma come Susanna sceglie bene da chi farsi difendere, parla di Letizia che sa perdonare come Giuseppe, parla di Agnese che riesce a tenersi il marito diventando una regina come Ester, parla dei miei amici sposati da tanti anni, ma che devono ancora imparare da Tobia e Sara come si diventa una coppia, parla di trovare un fidanzato come Rebecca.

Ma soprattutto, spero, parla di come lasciare il comando del nostro cuore a un’altra fonte di informazione su noi stessi: smettere di ascoltare pensieri superficiali, emozioni, il mondo inconscio, e decidere di attaccarci all’unica cosa solida che ci è stata data. La Parola di Dio sulla nostra vita. La parola fede nella lingua ebraica ha a che fare con la parola roccia. Attaccarci come una cozza a questo scoglio è la sola cosa che ci permette di non rotolare a vuoto per tutta la vita. È ciò che insieme alla preghiera costante trasforma seriamente il cuore.

Fonte: ConstanzaMirianoBlog.com

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