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DAL PAKISTAN/ “È la provvidenza di Dio a guidare la storia, anche in Ucraina”

La guerra in Ucraina vista dal Pakistan: dalla paura di un conflitto nucleare alla sofferenza, dalla preghiera alla certezza che la resurrezione è la vittoria sul male.

Ci sono state personalità profetiche che capirono immediatamente, dopo gli attentati alle Torri gemelle dell’11 settembre 2001, che il mondo sarebbe cambiato per sempre, in peggio. Con la caduta del Muro di Berlino eravamo tutti convinti che fosse iniziata una nuova era di pace e di coesione per tutta l’umanità, ma la realtà ha smentito questa previsione.

Come vedete dal Pakistan la guerra in Ucraina?

La maggioranza della popolazione pachistana ha una mentalità liberale e guarda all’Occidente, anche se non si può dire che siano filo-occidentali. Tutti condannano questa guerra, anche perché fra Pakistan e Ucraina sono stati stretti forti legami. C’è una collaborazione con scuole militari in comune e anche scambi commerciali. Il popolo pachistano ha simpatia per quello ucraino. È anche vero che negli ultimi anni si è sviluppato un forte sentimento anti-americano, dettato però dall’ignoranza: teniamo conto che il 50% della popolazione è analfabeta. Ma tutti i politici hanno condannato l’invasione russa.

Oltre all’aspetto umanitario, questa guerra tocca tutto il mondo perché c’è la paura che si arrivi all’uso delle armi nucleari. È possibile?

Purtroppo sì. Personalmente io che vivo in Italia e faccio il medico di base ho dato la mia disponibilità a curare molti profughi dall’Ucraina. Questo è un aspetto importante, offrire aiuto a chi soffre. Ma come dice lei c’è molta paura, anche angoscia, che la guerra possa subire una escalation fino all’uso delle armi nucleari. Per questo, oltre che pregare per il popolo ucraino, preghiamo anche per i russi, perché si rendano conto della pazzia che i loro governanti hanno scatenato e del rischio che tutto il mondo corre. Preghiamo, con la certezza che alla fine ci penserà la Provvidenza a risolvere ogni cosa.

Per anni abbiamo vissuto con una guerra scatenata dall’islamismo fondamentalista. Adesso c’è una guerra tra due nazioni cristiane, che sta provocando una forte divisione fra i cristiani stessi. Come giudica questo aspetto?

Sono rimasto molto sorpreso dalle parole del Patriarca di Mosca. Anni fa, quando facevo parte del governo pachistano, andai a Mosca e rimasi colpito dalla grande fede di tantissimi giovani e dal loro attivismo, non avrei mai pensato che ci fosse una fede così diffusa nei giovani. Le parole del Patriarca di Mosca posso giustificarle solo pensando che vive in un Paese non democratico e a volte in quelle condizioni si è obbligati a dire certe cose per la propria stessa sopravvivenza.

L’assassinio di suo fratello però ci insegna ancora oggi che un cristiano arriva fino al martirio pur di non negare la verità della fede…

Certo, non volevo dirlo, ma certamente Shahbaz non ha mai negato nulla della sua fede, pur consapevole che avrebbe rischiato la vita, ma il coraggio della propria fede non è dato a tutti.

Gesù sulla croce ha perdonato chi lo stava uccidendo ed è quello che il Papa ci sta dicendo ormai da settimane: chiede la pace, ma tanta gente è sfiduciata davanti a quanto sta accadendo. Come possiamo, noi semplici cristiani, dare forza al messaggio del Papa?

Il messaggio del Papa è un messaggio forte; il rischio, soprattutto da parte dei russi, è che venga percepito come un segnale di debolezza. Bisogna far sì che non accada. D’altro canto, noi cristiani non possiamo far altro che testimoniare quello che ci dice il Papa: questa è la nostra fede.

Quando scoppia una guerra, infatti, è difficile far arrivare il messaggio di pace a tutte e due le parti.

Come ho detto, sono stato in Russia, è un Paese povero dove la classe media soffre, i russi guadagnano poco, vivono male. Adesso, con tutte le sanzioni, oltre alla distruzione dell’Ucraina c’è il rischio anche della distruzione economica della Russia.

Proprio in questi giorni c’è stato un cambio ai vertici del Pakistan. Qualcuno ha parlato di colpo di Stato perché il primo ministro deposto si sarebbe allontanato troppo dalla tradizionale alleanza con gli Stati Uniti, cercando un avvicinamento con la Cina. Come stanno le cose?

Queste accuse di golpe sono state lanciate da quella parte di popolazione pachistana che negli ultimi tempi ha coltivato un profondo sentimento anti-americano per via di quella che viene intesa come una aggressione al mondo islamico. In un Paese molto ideologico come il Pakistan queste teorie prendono subito fuoco.

Il nuovo primo ministro appartiene alla Lega musulmanua; è un politico moderato?

Sì, noi stessi appartenenti al Partito popolare siamo nella coalizione di governo con lui. L’esercito, che in Pakistan ha molto potere, lo sostiene.

Fonte: int. Paul Jacob BhattiIlSussidiario.net

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