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Maria Romana, il padre e quella sana etica politica perduta

La sua uscita di scena sottolinea anche, in un certo senso, la distanza abissale tra il mondo politico attuale e quello di cui lei coltivava la memoria

La scomparsa di Maria Romana De Gasperi, quasi centenaria figlia dello storico leader democristiano, mette tristezza non soltanto per la perdita di una figura d’alto spessore, testimone preziosa di un’era lontana, ottima saggista e relatrice carismatica in dibattiti e conferenze d’argomento vario. La sua uscita di scena sottolinea anche, in un certo senso, la distanza abissale tra il mondo politico attuale e quello di cui lei coltivava la memoria. Educata alla politica mai separata dai valori, valori da difendere innanzitutto nel privato con la coerenza che nasce dalla sincera adesione agli stessi, Maria Romana sottolineava spesso il vuoto di personalità che al pari del padre e di altri statisti della sua epoca fossero animati dal medesimo senso dello stato unito al fervore della coscienza e della fede autentica.

Se si pensa alle polemiche partitiche di questi giorni, capaci di agitare con disinvoltura argomenti molto seri e delicati come quello degli aiuti militari all’Ucraina o della liceità o meno dell’aumento delle spese militari a scopo difensivo, con tempismi e camaleontismi che sanno sempre e soltanto di logiche elettorali, impossibile non pensare alla frase di Alcide De Gasperi che Maria Romana amava ripetere spesso: «Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione».

Statisti (anche in pectore) si fa fatica a scorgerne tra i leader dei partiti che si confrontano in questo scorcio epocale di rara drammaticità sul piano internazionale, ma anche sul piano interno se si considerano le difficoltà economico-sociali che attanagliano gran parte delle famiglie. E viene spontanea la nostalgia per quell’etica perduta. Chi scrive ha avuto il piacere di trascorrere un’indimenticabile serata accanto a Maria Romana De Gasperi e di raccoglierne le confidenze. Era il 2016 a Vibo Valentia, in casa del senatore Antonino Murmura, scomparso l’8 dicembre 2014, uno dei politici calabresi più stimati da diverse generazioni, e la vedova Maria Folino Murmura aveva organizzato un evento alla sua memoria presentando la Fondazione che ne porta il nome. Il marito, tra l’altro, era stato l’unico a prendere netta posizione in difesa del quotidiano L’Ora della Calabria, la cui uscita fu sabotata per impedire che fosse pubblicata la notizia di un avviso di garanzia a carico del figlio di un senatore cosentino che aspirava al sottosegretariato nel governo Renzi. Murmura aveva con una coraggiosa lettera aperta denunciato una serie di confidenze raccolte da imprenditori oppressi da un sistema vorace di prepotenze, trasversalismi e clientelismi politici, mentre tutti gli altri tacevano, nel classico silenzio imposto dalla logica degli accorduni (intese ai confini della legalità in nome d’interessi comuni in potere e denaro). Maria Romana, sensibile alla sorte toccata ai giornalisti di quella testata calabrese, rimasti senza giornale (fu chiuso dopo la pubblica denuncia del sopruso rimasto tuttora  impunito), plaudiva al coraggio di Murmura e di chi testimonia la verità in aree e situazioni difficili e sottolineava l’importanza del rigore morale in chi ricopre cariche di prestigio.

A questo proposito raccontò a chi scrive che da ragazza, non aveva resistito alla tentazione di ascoltare la conversazione tra un alto prelato e il padre che, per una dimenticanza, aveva lasciato socchiuso l’uscio del suo studio. Il religioso era andato da Alcide De Gasperi a raccomandare un suo pupillo, e lei era curiosissima di sapere come se la sarebbe cavata il papà. «Non lo lasciò neppure iniziare il discorso, alle prime batture, lo interruppe, alzandosi: “Eminenza, conoscendo la sua alta fede, so che non vorrà mai mettermi in imbarazzo e la ringrazio”. L’ospite non poté che tacere e cambiare discorso per poi andarsene da lì a breve. Vede? Mio padre era fatto così!». Quanto ci sarebbe bisogno anche oggi di statisti che non urlano valori in cui non credono, ma li abbracciano e li difendono con coerenza e amore autentico anche e soprattutto nel chiuso delle stanze.

Fonte: Luciano Regolo | FamigliaCristiana.it

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