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Quella catechesi col sorriso del prete di tutti

DIOCESI LA SPEZIA – SARZANA – BRUGNATO – Nel 2004 un libro fotografico – “In tenda con don Carlo” – ricordò i cinquant’anni del campeggio estivo guidato da don Carlo Ricciardi. Curato dal giornalista Fausto Rossi, e ricco di testimonianze raccolte tra Sarzana e Lerici, quel libro non è solo il frutto di una lunga storia di attività estive ma l’immagine viva di un prete e di una vita sacerdotale trascorsa in mezzo al “suo” popolo, con un sorriso e un rimboccarsi le maniche che lo ha sempre fatto “il prete di tutti”.
In effetti, per ricordare don Carlo, spentosi serenamente lunedì scorso alla Casa del clero, con sulle spalle novantadue anni di età e oltre sessantuno di sacerdozio, non basterebbe un’intera pagina. Nato a Bolano nel 1929, studiò in seminario a Sarzana, nell’ultima straordinaria “leva” sotto la guida del rettore don Siro Silvestri, divenuto vescovo di Foligno proprio dopo le ordinazioni del 1955.
A Sarzana don Carlo rimase quasi quattro decenni, ultimo arrivato della cospicua “colonia” di bolanesi raccolti attorno ad un altro sacerdote “mitico”, monsignor Ferruccio Casabianca. Curato nella cattedrale di Santa Maria, nel 1962 andò parroco al Carmine, parrocchia in crescita tumultuosa nella periferia di allora. La piccola chiesa secentesca non bastava più, e fu lui, proseguendo l’impegno del predecessore don Dino Faccini, a realizzare la nuova, benedicendola su delega del vescovo Giuseppe Stella e celebrandovi la prima Messa, tra la commozione dei fedeli, nella notte di Natale 1970.
Ma già da curato aveva avviato la “stagione” dei campeggi: prima sul vicino Appennino, poi dal 1964 sulle Alpi, ogni anno in una località diversa, sempre visionata con cura in precedenza. In tanti, di tutte le età, si prenotavano con mesi di anticipo: quel giovane prete, rimasto giovane sino alla fine, li portava a divertirsi, ma anche a pregare il “Signore delle cime”, ed era bello stare con lui lassù e poi tornare a casa “ricaricati” in tutti i sensi, dal fisico allo spirito, dall’amicizia alla fede. Don Carlo divenne prete diversi anni prima del Concilio, ma il coinvolgimento dei laici nella vita della Chiesa per lui fu da subito essenziale, nel segno dell’amicizia appunto, della condivisione, ma anche di un’autorità che era insieme bontà e guida sicura. In parrocchia come nelle strade, nelle scuole dove insegnava così come all’asilo Spina. Lo si vide poi a Lerici, dove, già con il titolo di “monsignore” (“Monsignore ma non troppo”, scherzava lui citando un film allora celebre), fu poi parroco dal 1993 al 2010. Unendo al campeggio, mai abbandonato, il grande meritorio impegno della festa di Avvenire.
Poi fu ancora a Sarzana, canonico e collaboratore del fratello don Nicola. Con cura e con affetto lo hanno poi accudito negli ultimi anni le suore della Casa del clero, che il vescovo Luigi Ernesto Palletti ha inteso ringraziare in occasione del rito funebre nella “sua” chiesa del Carmine. Ora riposa a Bolano, accanto ai familiari.

Fonte: Egidio Banti | Avvenire / La Spezia

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