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Ddl Zan. L’unico omofobo di questa storia si chiama Enrico Letta

Sapeva bene come sarebbe andata a finire, ma ha scelto lo scontro per incolpare il centrodestra. Un calcolo cinico sulle aspettative di una parte del suo elettorato. E non è omofobia questa?

Cosa sarebbe dovuto succedere di diverso al ddl Zan dopo che persino il Vaticano, con una nota, primo caso nella storia, aveva richiamato lo Stato italiano a non violare il Concordato? E infatti. E infatti il ddl è stato affossato come era prevedibile, al di là di tutte le manfrine e i giochetti anche degli ultimi giorni.

Politicamente, Enrico Letta ha fatto una scelta cinica. Capito l’andazzo, ha deciso di tenere duro fino all’ultimo così da incolpare centrodestra e renziani per l’affossamento del testo. Sarà questo il refrain che sarà ripetuto dalla sinistra da qui in poi, ma ogni osservatore smaliziato capisce bene lo spudorato calcolo del segretario dem.

Ha giocato con la pelle degli omosessuali, li ha blanditi sapendo come sarebbe andata a finire, ha scelto di tenere il coriaceo Alessandro Zan come relatore di un testo pasticciato, oscurantista e illiberale. In fondo, l’unico vero omofobo di tutta questa storia è lui: Enrico Letta.

La bandierina arcobaleno

Perché dire che uomo e donna sono diversi è omofobia, mentre giocare con la vita delle persone a puro scopo di consenso politico non lo è? Non è forse più insultante, più meschino e più micragnoso il secondo atteggiamento rispetto al primo?

La parte ideologizzata del mondo omosessuale e il Pd hanno scelto di sventolare la bandierina arcobaleno a tutti i costi, e questo è il risultato. Più razionale è stato il centrodestra cui va riconosciuto un certo coraggio nel non aver mai ceduto di un millimetro e di aver impostato la battaglia su basi razionali e non ideologiche.

La fifa di non provarci

Tutta la lunga vicenda del dibattito sul ddl Zan insegna due cose.

La prima: non è inutile esprimere pubblicamente e apertamente le proprie ragioni sui cosiddetti “temi divisivi” (termine orrendo, ma facciamo a capirci). Bisogna farlo con un certo stile e mostrando la ragionevolezza delle proprie posizioni, ovvio, ma rispetto a una certa retorica accomodante e arrendevole col mainstream, la discussione sul ddl Zan mostra che può perdere solo chi decide (o ha fifa) di non provarci.

La seconda: non è finita qui. Qualche anno fa ci fu il ddl Scalfarotto, ora lo Zan, vedrete che è solo questione di tempo perché sbuchi fuori un nuovo ddl. Prepariamoci, la sfida antropologica ha un perimetro più ampio dell’emiciclo del Senato italiano.

Fonte: Emanuele BOFFI | Tempi.it

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