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Enrico Medi, lo scienziato di Dio

«Voi misteriose Galassie: voi mandate luce ma luce non intendete! Voi mandate bagliori di bellezza, ma bellezza non possedete. Voi avete immensità di grandezza, ma grandezza non calcolate! Ed io vi vedo, vi calcolo, vi intendo, vi studio, vi scopro, vi penetro e vi raccolgo. Io prendo voi, o stelle, nelle mie mani e, tremando nell’umiltà dell’essere mio, vi alzo al di sopra di voi stesse e, in preghiera, vi porgo a quel Creatore che, solo per mio mezzo, voi stelle, potete adorare: l’uomo è più grande delle stelle! Ecco la nostra immensa dignità, ecco l’immensa grandezza dell’uomo, della vita umana».

In queste parole pronunciate da Enrico Medi (26 aprile 1911 – 26 maggio 1974) traspaiono lo stupore grande dell’intelligenza e del cuore dinanzi al mistero della creazione e la lode al suo Creatore. Esse sono tratte da un discorso dell’insigne fisico che, insieme ad altri scritti significativi sul rapporto tra scienza e fede, la politica e la famiglia, arricchiscono Enrico Medi. Lo scienziato di Dio (2021, pp. 288) di padre Antonino Gliozzo, la prima biografia del Servo di Dio ripubblicata dalla Casa Editrice Leardini e dal Centro Missionario Francescano per i 110 anni dalla sua nascita.

Cresciuto a Belvedere Ostrense (AN), Medi si trasferisce con la famiglia a Roma. Si laurea brillantemente in fisica nel 1932 a soli ventun anni con una tesi sul neutrone sotto la supervisione di Enrico Fermi. Così descrive la sua passione per la fisica: «È la materia più vicina alla realtà delle cose. L’ho presa perché sentivo la vocazione a scoprire l’armonia della verità tra la Filosofia, la Fisica e la Fede». Docente di fisica sperimentale all’Università di Palermo, adduce il pregiudizio diffuso di un conflitto insanabile tra scienza e fede a «conoscenze parziali, a cattiva disposizione di cuori distolti da una malcelata passionalità, alla paura che hanno occhi malati di ricevere troppa luce». Deputato dell’Assemblea Costituente, nel 1948 siede in Parlamento e resta alla Camera fino al 1953. Dal 1949 è direttore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e nel 1958 vicepresidente dell’Euratom quale pioniere delle ricerche sull’energia atomica. Conduce in Rai Le avventure della scienza, uno dei primi programmi televisivi di divulgazione scientifica.

Il 20 luglio 1969 partecipa in qualità di esperto alla lunga diretta dello sbarco sulla Luna e subito si accorge della difficoltà incontrata dagli astronauti nell’aprire il portello del LEM (modulo per l’atterraggio) dell’Apollo 11 a causa della pressione. Il giorno dopo i colleghi in Facoltà lo ringraziano per aver onorato la fisica con semplicità, chiarezza e competenza dinanzi a milioni di telespettatori ed egli riconosce con animo grato: «Allora mi sono veramente convinto che scoprire il cuore degli uomini è molto più bello che accarezzare il volto della luna». A Medi si devono anche i primi esperimenti con il radar e l’ipotesi dell’esistenza di fasce ionizzanti nell’alta atmosfera, note attualmente come fasce di Van Allen.

«Marito amorevole, saggio padre di sei figlie, figlio spirituale di Padre Pio», amico di Pio XII, Medi è un «infaticabile apostolo della fede» con profonda devozione eucaristica (aspetto già raccontato dalla Bussola in un altro articolo). Si ferma frequentemente «nella sua cappella, cercando un momento di intimità e di preghiera davanti a Gesù Eucarestia, bisbigliando alcune parole di una conversazione mai interrotta durante la giornata, che in quel momento diventava abbandono filiale nelle braccia di Dio e di sua Madre Maria; e così, nel silenzio nella notte, attendeva il resto della famiglia che si andava radunando nella chiesetta come ogni sera per concludere la giornata con la preghiera di compieta».

Alla moglie Enrica scrive in una lettera: «Dobbiamo ringraziare il Signore di questa vita carica di doni che ci dà giorno per giorno: tu sei rimasta la sempre splendida ragazza di allora, molto più bella e perfetta. Preghiamo per avere ancora tanti tanti anni insieme, con le nostre figlie e le creature che amiamo, la vita è una preparazione dolce e gioiosa. Ogni momento ha il suo valore quasi infinito, bisogna gustarlo anche quando sembra che porti con sé qualche amarezza».

La sua devozione per la Mamma celeste è tale che vuole per tutte le figlie il nome di Maria come primo nome. «Maria è il cuore della Chiesa perché, se il Sangue è la grazia, attraverso il cuore di Maria passa tutta la grazia per venir da Dio e a Dio risalire in preghiera, in sofferenza, in lacrime», scrive ancora in un discorso.

Rispetto all’impegno politico, Medi afferma che «la politica per un cristiano è un servizio reso agli altri; è una rinunzia ai propri interessi e alla propria vanità; è un’altissima missione davanti a Dio». Quando interviene alla Costituente per patrocinare lo stanziamento di fondi per la ricerca scientifica, ricorda che «non è l’uomo fatto per servire la scienza, ma la scienza è al servizio dell’uomo per adempiere i disegni di Dio».

Commissario all’Euratom, del suo discorso programmatico scrive poche righe alla moglie che testimoniano l’umiltà dello scienziato per vocazione che vive ogni compito in risposta a una chiamata: «Questa sera al ricevimento ero l’uomo del giorno. Amore mio, che possa essere, nella mia miseria, di gloria e onore a Gesù e a Maria Immacolata».

La scienza, per Enrico Medi, è conoscenza razionale piena della realtà che diviene sapienza nella misura in cui è illuminata dalla fede, «non è soltanto un povero sforzo per innalzare delle bandiere. La prima bandiera è la Croce di Cristo e la più grande gloria dell’uomo nelle sue scoperte è di portare nelle sue mani tremanti il canto della natura, affinché la natura, attraverso l’uomo, ritorni a Dio». Come registrato nel discorso pronunciato poco tempo prima di nascere nel Regno dei Cieli, «così è la nostra vita, la vita nel cammino della verità. Lavoriamo, cerchiamo, fatichiamo, leggiamo, versiamo lacrime, dubbi, ansie, veniamo alla ricerca del Sole che chiamiamo Verità».

Fonte: Fabio PIEMONTE | LaNuovaBQ.it

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