Sopra La Notizia

Chiudere la scuola frena il Covid? Il governo non lo sa: «Mancano i dati»

Quasi 7 milioni di studenti sono a casa, con o senza Dad, ma come dichiara Miozzo «il ministero non ha dati sui contagi». Quelli sugli effetti sulla psiche dei giovani, invece, ci sono eccome

Una delle misure che accomuna il governo Draghi al Conte bis è la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado per prevenire la diffusione del Covid 19. Come abbiamo scritto più volte, «evidentemente, al di là di tante belle parole e lagne, per l’Italia l’educazione non è una priorità». Non lo era per il governo giallorosso, non lo è per quello Draghi. In un’intervista a Repubblica, però, l’ex coordinatore del Cts Agostino Miozzo, che annuncia una nuova collaborazione con il ministero dell’Istruzione, aggiunge un dettaglio inquietante: «Il ministero non ha dati, non sa quanti docenti sta vaccinando, non conosce i contagi interni agli istituti scolastici». Si chiude tutto, dunque, ma senza avere la minima idea se questa strategia serva a qualcosa oppure no.

«Impatto poco chiaro»

Durante l’ultimo anno di pandemia, nessuno a Roma ha cercato di capire se una soluzione così dolorosa per giovani, professori e famiglie fosse sensata. Non sono infatti stati commissionati studi e l’unico realizzato dall’Istituto superiore di sanità, pubblicato il 30 dicembre, è arrivato a questa conclusione: «La chiusura delle scuole è stata adottata in tutto il mondo per frenare la diffusione di Covid 19», si legge. «Tuttavia, l’impatto della chiusura e della riapertura delle scuole sulle dinamiche epidemiche rimane ancora poco chiaro». Verrebbe da ridere, se non ci fosse da piangere: 6,9 milioni di studenti, bambini degli asili nidi compresi, sono a casa costretti a fare la didattica a distanza (un insufficiente surrogato della scuola vera, come lo definisce il filosofo Cacciari) e nessuno sa perché.

A partire da gennaio qualche regione (ma senza fretta) ha cercato di supplire a questa mancanza. Il Veneto ha “scovato” 1.702 studenti positivi in due mesi e 257 tra insegnanti e operatori. Se si considera che la metà di questi avrebbe contratto il virus fuori da scuola e che i contagi sono stati rinvenuti grazie a un iper monitoraggio (dal momento che in media il 70% è asintomatico) e che nella regione si contano più di mille contagi al giorno in media, non sembra una situazione spaventosa.

L’Emilia Romagna ha riscontrato più contagi, 6.080 positivi nel mese di febbraio, in Toscana mille o duemila, ma non è chiaro se i contagi siano avvenuti all’interno degli istituti o fuori. Secondo il direttore dell’ufficio scolastico provinciale di Firenze, Roberto Cutrolo, l’ambiente scolastico è molto controllato e la probabilità che il contagio avvenga in classe è inferiore rispetto all’esterno.

I dati certi sui danni delle chiusure

E allora perché chiudere le scuole? Il ministro della Famiglia e pari opportunità, Elena Bonetti, dichiara in un’intervista alla Stampa: «Dobbiamo fare di tutto perché le lezioni riprendano in sicurezza in presenza prima possibile. Mi aspetto che fra due settimane le scuole possano tornare in presenza». In base a quali dati lo afferma? Non si sa. E chissà se ha letto le dichiarazioni rese lunedì dal sottosegretario all’Istruzione, Rossano Sasso, che parla già di riapertura in sicurezza «a settembre». In compenso, il ministro Bonetti ricorda che le famiglie per aiutare i figli possono richiedere il congedo parentale rimettendoci solo il 50 per cento dello stipendio: «Le risorse», spiega, «sono sempre un bene limitato».

In realtà, un dato certo esiste eccome. Ed è quello delle conseguenze della chiusura delle scuole sulla salute mentale degli studenti, come rivelano alcuni studi citati sul numero di Tempi di marzo. In Svizzera la clinica di psichiatria e psicoterapia infantile dell’adolescenza dell’Università di Zurigo ha visto le emergenze aumentare del 40 per cento in 12 mesi e ha finito i posti in reparto. La clinica di psichiatria infantile e dell’adolescenza dell’Università di Berna ha registrato un aumento di accessi al pronto soccorso del 50 per cento e non accetta nuovi pazienti. Secondo uno studio del professor Dominique de Quervain, membro della task force anti-Covid svizzera, il 29 per cento dei 14-24enni e il 21 per cento dei 25-34enni ha avuto gravi sintomi depressivi.

Negli Stati Uniti gli accessi ai pronto soccorsi psichiatrici degli ospedali pediatrici americani sono aumentati del 24 per cento fra i bambini di 5-11 anni e del 31 per cento fra gli adolescenti di 12-17 anni. I Cdc, Centri per il controllo delle malattie, organismi che gestiscono le crisi sanitarie negli Stati Uniti, hanno concluso in uno studio pubblicato alla fine dell’anno scorso che un giovane americano su quattro aveva avuto pensieri suicidi durante la pandemia. Il vaccino di AstraZeneca, verrebbe da dire, è stato sospeso per molto meno.

E la parità di genere?

C’è un ultimo punto sulla chiusura delle scuole, notato giustamente da Paolo Giordano sul Corriere della Sera. Se al premier Draghi e al suo governo sta davvero a cuore la parità di genere, dovrebbero riaprire subito elementari, materne e asili nido. «Non c’era scelta? C’era. C’è sempre. I parametri su cui incidere per limitare il contagio sono molteplici, e a ogni passaggio si decide quali utilizzare. Ma mesi di discussioni per lo più aprioristiche, ideologiche e distrattamente di comodo sull’opportunità o meno di tenere aperte le scuole ci hanno lasciato inchiodati all’incirca al punto di partenza, con una norma che non tutela nemmeno la presenza per i bambini più piccoli, una norma che ricade in modo diretto e gravoso soprattutto sulle loro madri».

Fonte: | Tempi.it

Newsletter

Ogni giorno riceverai i nuovi articoli del nostro sito comodamente sulla tua posta elettronica.

Contatti

Sopra la Notizia

Tele Liguria Sud

Piazzale Giovanni XXIII
19121 La Spezia
info@sopralanotizia.it

Powered by


EL Informatica & Multimedia