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L’inno alla vita di Andrea Tomassini: proprio quando è dura non si molla

Colpito da paralisi cerebrale quando era ancora nel grembo materno, oggi ha 17 anni e ha scritto “Mai mollare”: conosce la fragilità estrema e vuole incoraggiare chi è al buio dentro questa pandemia.

Andrea Tomassini è aggrappato alla vita con le unghie e coi denti, lo ha messo in musica con una canzone intitolata Mai mollare che è stata pubblicata nella Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità. Andrea, infatti, è stato colpito da ischemia cerebrale quando ancora era nel grembo materno. La sua sfera motoria e, in parte, quella del linguaggio sono compromesse, ma oggi ha 17 anni e ha voluto cantare la forza che lo ha sostenuto in questi anni non facili.

Mai mollare

Sanremo è quasi alle porte, con tante polemiche ad anticipare lo show. Sono ancora i Talent televisivi in cerca di voci in grado di colpire ed emozionare il pubblico (si dice così, no?). Ma, chiedo, c’è qualcuno che ha davvero un motivo per cantare? Intendo proprio quell’esuberanza che trabocca e ha bisogno della musica per essere lanciata sopra il rumore dei borbottii permanenti.

Apparentemente questo tempo storico non è fatto per le canzoni, ma per i lamenti. E invece per Andrea Tomassini è stato il momento opportuno per mandare un messaggio forte e chiaro al mondo schiacciato dall’impatto della pandemia:

Il brano ‘Mai mollare’ – spiega Andrea – racconta il mio modo di essere e il mio desiderio di trasmettere a tutti la forza di volontà e la determinazione per superare ogni ostacolo che la vita ci mette davanti. Vuole essere anche d’incoraggiamento per quelle persone che stanno passando un periodo buio a causa della pandemia da Covid-19 nella speranza possano guarire presto, portando loro il messaggio di non mollare mai. (da Il Messaggero)

A pochi giorni dall’uscita, il singolo Mai mollare ha già migliaia di visualizzazioni. La musica e il testo sono proprio di Andrea ed è stato interpretato da due cantanti, Gianluca Carnevali e Aurora TrovaPace Scorteccia. Le parole e la melodia si ascoltano con piacere, un messaggio semplice ed efficace: quando la vita ti mette alla prova, non cedere alla disperazione.

Questo è il passaggio che mi ha colpito di più:

Non esiste obiettivo che non abbia ostacoli per essere raggiunto, ma è proprio il desiderio di conquistarlo che non ci abbandona alla paura.

Cosa ha da offrire un ragazzino di 17 anni, la cui crescita è stata scandita da tantissime obiezioni? Questo dato trascurato, innanzitutto: l’ostacolo è parte integrante di ogni cammino.

Andrea unisce e non divide

L’abbiamo dimenticato, ogni passo costa il confronto con tante specie di avversari (presenze che arrivano in direzione opposta alla nostra). Il messaggio promozionale, molto subdolo, del nostro tempo è puoi fare tutto quello che vuoi … e sembra l’inizio di un magnifico sentiero in pianura col canto degli uccellini. Sembra ottimismo, è una bugia che comporta danni collaterali.

La paura e la disperazione attecchiscono nella testa e nel cuore proprio quando ci convinciamo che tutto ci è dovuto, che le cose dovrebbero andare lisce. La fisica insegna, invece, che il moto deve sempre fare i conti con l’attrito. C’è. E permette pure di non scivolare. Non esiste superficie che non opponga resistenza. E non esiste esperienza che possa essere vissuta senza sfregarsi contro forze oppositive.

Nel caso di Andrea, l’attrito è stato brutale perché la paralisilo ha colpito prima di nascere. Potrebbe sembrare una sentenza emessa prima di un giusto processo. Processo a cosa, poi? Esserci, è la sentenza che ha emesso Andrea. Fa i conti con una condizione dolorosa che ha chiesto ai suoi occhi e al cuore di non censurare nulla, di aggrapparsi a tutto.

A due anni e mezzo ha stupito la neurologa leggendo le note sulla tastiera giocattolo che gli avevamo regalato. Da allora ha sempre mostrato la sua intelligenza, oltre che la sua passione per la musica. Lo consideriamo in senso cristiano un angelo disceso dal cielo. È un portatore di pace, di serenità e di grande insegnamento. E’ un figlio speciale che unisce e non divide, anzi, ci induce spiritualmente a vivere con più altruismo. Per noi è stata una esperienza singolare assistere un figlio disabile e non nascondiamo le preoccupazioni che abbiamo avuto durante la sua crescita, sia per le incertezze sia per le terapie che per gli interventi chirurgici di cui ha avuto bisogno. (Ibid)

Così, il papà Mirco racconta la sintesi di una vita al fianco di un figlio fragilissimo, venuto al mondo con addosso i segni lasciati da un’ischemia cerebrale prenatale. Tanti interventi chirurgici superati e ancora da superare, Andrea comunica attraverso un computer e ha serie difficoltà motorie. Nonostante ciò vuole usare sia la voce che il corpo, il suo sogno è diventare cronista sportivo e fa parte del Super Team di Perugia (squadra di pallamano in carrozzina).

Andrea Tomassini, la forza dell’anello più debole

Sì, la cornice di questa storia è l’Umbria. Nato a Perugia, oggi Andrea Tomassini è studente al liceo delle Scienze Umane e suona il pianoforte dall’età di quattro anni. Sono impegni che gli richiedono grande sforzo, come lui stesso racconta:

Dopo un paio d’ore di studio devo fermarmi … comincia a farmi male la testa, stacco e mi metto a scrivere musica, solo quella mi rilassa.

La musica che Andrea scrive fa molto di più che rilassare. Ci sveglia, direi. Deve esserci più di un film di guerra in cui, a un certo punto nella disperazione generale, un soldato in trincea si mette a cantare e gli altri lo seguono. Qualcuno deve rompere il ghiaccio, della disperazione. 

E non c’è da stupirsi troppo che in questo caso a intonare il canto sia quello che molti definirebbero “l’anello debole”. Sì, l’anello vulnerabile ha molte buone ragioni per darci forza in questo tempo di prova prolungata e protratta nella nebbia fitta della pandemia. Chesterton disse:

nessuna catena è più forte del suo anello più debole (da Eretici).

Ne parlava a proposito della forza della Chiesa, che sta proprio nella scelta originale di Gesù di fondarla su uomini deboli e non perfetti. Tanti imperi sono crollati perché hanno puntato tutto su una manciata di uomini forti. Cosa conta in una catena? Non la robustezza di un singolo anello, ma il legame solidale tra tutti. Edificare sull’uomo forte (secondo certe griglie molto discutibili), sull’abbaglio della prima persona singolare ed eccellente, è una grande fragilità per il resto della comunità.

E tanti discorsi intellettuali sui criteri in base a cui una vita può dirsi felice e degna vengono spazzati via in un soffio, di fronte a un ragazzo che avrebbe molti motivi per piangere e invece si è messo a cantare per fare coraggio agli altri.

Fonte: Annalisa TEGGI | Aleteia.org

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