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Hong Kong. In migliaia commemorano Tienanmen nonostante il divieto

Mentre il Parlamento di Hong Kong approva la legge “cinese” sull’inno nazionale, la popolazione ricorda la strage del 1989: «La tirannia del Partito comunista è il virus»

Ieri è passata al Consiglio legislativo di Hong Kong la controversa legge sull’inno nazionale, «che sembra scritta a Pechino». Da oggi chiunque insulti la Marcia dei volontari, la stessa della Repubblica popolare cinese, potrà subire pene fino a tre anni di carcere e multe fino a 50.000 dollari di Hong Kong (circa 6.000 euro). In base alla legge, «ogni individuo e organizzazione» deve rispettare e nobilitare l’inno, suonarlo e cantarlo «solo in situazioni appropriate». È anche previsto che la Marcia venga insegnata e intonata nella scuola primaria e secondaria.

«SEMBRA UNA LEGGE SCRITTA DA PECHINO»

La legge, a lungo rimandata grazie all’ostruzionismo dei deputati democratici, viene approvata in uno dei momenti più drammatici per l’isola dal 1997: la popolazione della regione amministrativa speciale infatti ha ormai capito che la Cina non lascerà a Hong Kong piena autonomia fino al 2047, nonostante la firma di un trattato internazionale con il Regno Unito. Da un anno milioni di persone scendono in piazza per le proteste anti-estradizione, ricevendo in cambio minacce, violenze da parte della polizia e migliaia di arresti. I 15 leader democratici più importanti della città sono stati arrestati e rischiano il carcere per aver partecipato a una marcia pacifica con altre due milioni di persone; Pechino ha appena approvato una legge sulla sicurezza nazionale per Hong Kong che cancellerà di fatto libertà di espressione e di stampa, rendendo ogni critica al Partito comunista un crimine e per la prima volta in 31 anni ieri gli attivisti democratici non hanno ottenuto il permesso per organizzare la veglia di commemorazione per le vittime della strage di Piazza Tienanmen.

In una situazione così complessa e tesa, i deputati a favore dell’establishment hanno fatto pressione per approvare una legge che riflette soltanto gli interessi di Pechino e che sarà molto difficile far rispettare. Secondo un giudice della città intervistato da Reuters, infatti, «questa è la prima legge di Hong Kong che assomiglia a una scritta da Pechino. Sarà un incubo emettere sentenze sulla base di essa».

«LA TIRANNIA È IL VIRUS»

Intanto, migliaia di persone hanno violato ieri il divieto di assembramento (usato come scusa dalla polizia per impedire l’annuale veglia del 4 giugno) e si sono recate al Victoria Park per commemorare le vittime di Piazza Tienanmen. Altre centinaia si sono riunite in ogni parte della città cantando slogan come: «Liberare Hong Kong, la rivoluzione del nostro tempo» e «indipendenza per Hong Kong». Tutti questi slogan saranno vietati quando verrà promulgata la legge sulla sicurezza nazionale.

La polizia, appostata a Victoria Park, ha utilizzato i megafoni per ricordare alle persone di non violare il divieto di assembramento e per minacciarli che potrebbero essere incriminati per aver partecipato a una riunione illegale. Lee Cheuk-yan, il presidente dell’Alleanza che ogni anno organizza la veglia e che ha partecipato a novembre all’incontro su Hong Kong organizzato da Tempi, ha guidato la manifestazione affermando: «La tirannia è un virus e le persone libere di tutto il mondo devono combatterla. Alziamo la nostra candela! Combattiamo fino alla fine per le nostre vite, per la libertà!». Migliaia di cittadini hanno anche scandito lo slogan «opponiamoci alla legge sulla sicurezza nazionale», che dall’anno prossimo potrebbe rendere il raduno del 4 giugno illegale.

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